L'episodio del Paterno

di Antonio Berti

Sono in sei, volontari di guerra, quattro più che cinquantenni, guide rinomate della Val di Sesto (Sepp Innerkofler, Hans Forcher, Andreas Piller, Benitius Rogger). Hanno ricevuto l'ordine di arrampicarsi sul Paterno e di occuparne la cima. Sono armati di moschetto e di granate a mano.
Escono da una baracca presso la Dreizinnenhütte devastata dall'incendio. Esce con essi il pattuglione guidato dal Christl, fratello del Sepp. Le Tre Cime si levano spettrali nella notte, inargentate pallidamente dalla luna, stagliate nel cielo terso. Si tuffano nel buio e nel silenzio. Nella notte fonda un ragazzo, il figlio del Sepp, staccate le braccia dal collo del padre, resta là, fermo, fissando a lungo quel buio dove la cara figura è scomparsa; poi si scuote, si volta, corre, come d'accordo col padre, verso la Forcella di San Candido ... ad attendervi spasmodicamente l'alba: per vedere.
I sei e il pattuglione passano presso la Salsiccia (il Frankfurter Wurstel) e imboccano il canalone ghiaioso che scende dalla Forcella del Camoscio. Procedono furtivi, lenti, per non smuovere sassi che possano destare l'allarme. Nell'alto delle ghiaie il Christl col suo Battaglione si ferma, resta in attesa degli eventi. I sei calzano gli scarponi da croda e attaccano la parete del Paterno. Salgono sicuri nel buio; conoscono perfettamente la via. È quella "Via nord-nord ovest" che lo stesso Sepp nel 1896 ha percorsa per primo e ripetuta innumerevoli volte.
Salgono da un'ora: sono quasi in cresta. Sopra Cima Undici si diradano sempre più le stelle, spunta e si dilata un pallido chiarore: l'alba. Giungono sulla cresta. L'alta vetta del Cristallo s'indora. Un rombo e un sibilo alto: è il Monte Rudo che spara. Altri due rombi e due sibili più bassi: è ancora il cannone austriaco che rettifica il tiro. Un quarto rombo e un fragore di roccia colpita e frantumata. Il tiro è aggiustato, subentra di nuovo il silenzio.
Ora i sei salgono uno dietro l'altro, per il filo della cresta. Da Forcella Pian di Cengia gli alpini scorgono le sei sagome nettamente profilantisi nel rosso del cielo. È l'allarme. Mentre i sei escono in parete ovest, si svegliano i pezzi e le mitragliatrici di Lavaredo. Pronte rispondono tutte le mitragliatrici austriache. Sopra il frastuono rombano i cannoni del Monte Rudo, un mortaio del Sasso di Sesto, un pezzo da 80 che sembra appostato nei pressi della Forcella di Toblin, un obice da 105 che dalla Torre dei Scarperi spara insistentemente contro la Forcella Pian di Cengia. E quelli sempre si arrampicano, a scatti, a sbalzi, si appiattano dentro ogni cavo, dietro ogni costola ... Una scheggia rimbalza sulla fronte del Sepp; gli si riga la faccia di sangue, gli si offuscano gli occhiali, e continua a salire. Una pietra colpisce Forcher in fronte, sanguina, e continua a salire. Hanno quasi raggiunta la cima. Come ad un segnale d'un tratto, al frastuono, alla raffica ininterrotta di pallottole e schegge, succede un assoluto silenzio. In tutta la valle, su tutte le forcelle, sulle cime, di qua e di là delle trincee, si stende uno stato spasmodico di attesa. Si è scorto là in alto un uomo: è lassù, lento, che ascende.
Eccolo, è giunto a dieci passi dalla cima. Si fa il segno della croce e con ampio arco di mano lancia la prima bomba oltre il muretto della vedetta della cima. Lancia la seconda e poi la terza. D'improvviso appare, dritta, sul muretto della vedetta della cima, la figura di un soldato alpino, — Piero De Luca del battaglion Val Piave — campeggiante nel tersissimo cielo, alte le mani armate di un masso, rigata la fronte di rosso da una scheggia della prima bomba. «Ah! No te vol andar via?». Prende giusto la mira, scaglia con le due mani il masso. Il Sepp alza le braccia al cielo, cade riverso, piomba, s'incastra nel camino Oppel, morto.