Nazione De Pluri Giuseppe

Grado Tenente

Mostrina  7° Alpini, 268ª compagnia battaglione Val Piave

Ritratto

Nato il 28 febbraio 1882 a Pieve di Cadore (BL)

Morto il 7 giugno 1915 a Landro per ferite

Decorazioni

Decorazione Medaglia d'Argento

Con mirabile ardimento, alla testa del suo plotone, si slanciò contro il nemico molto superiore in forze. Ferito, continuò a combattere, finché cadde nuovamente e mortalmente colpito.
Monte Piana, 7 giugno 1915

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Prima della guerra

Giuseppe Nicolò De Pluri nasce a Pieve di Cadore il 28 febbraio del 1882. Suo padre Ferdinando, appartenente a un nobile casato cadorino[1], opera quale regio impiegato ricoprendo la carica di cancelliere. Sua madre, Luigia Vallenzasca, appartenente all'aristocratica famiglia proprietaria del palazzo che sorge a Pieve nei pressi della casa del Tiziano[2], dove vengono al mondo i suoi tre figli[3].
Chiamato ad operare presso i regi uffici di Venezia, Ferdinando si trasferisce con tutta la famiglia nella città lagunare. Lì Giuseppe ha modo di laurearsi in giurisprudenza per intraprendere subito dopo la professione di avvocato. Raggiunta così l'indipendenza economica, sposa Maria Mazzaro, una giovane veneziana della quale è da tempo innamorato.
Nell'imminenza della guerra, nei primi mesi del 1915, risponde con entusiasmo alla chiamata alle armi e dopo un breve corso ufficiali, ritorna al suo Cadore cooperando alla campagna di mobilitazione. Contribuisce, in particolare, alla costituzione del nuovo battaglione contraddistinto dalla nappina color sangue, il «Val Piave», di cui egli stesso e suo fratello Giovanni[4], col grado di tenente, entrano subito a far parte. Entrambi vengono destinati alla 268ª compagnia agli ordini del capitano Guido Bogetti.

La Grande Guerra

Colto, lavoratore, gioviale e pieno di iniziativa, Giuseppe De Pluri sa farsi ben volere, oltre che dai suoi alpini, anche dai superiori, ottenendo ben presto la promozione al grado di tenente. Alla fine di maggio è impiegato a Forcella Lavaredo ed il 4 giugno viene inviato sul Monte Piana dove la sua compagnia ha il compito di sostituire la 96ª del Pieve di Cadore che, agli ordini del capitano Carlo Rossi, aveva ben assolto al compito di tenere sotto controllo l'attività avversaria. Tre giorni più tardi gli austriaci, salendo da Schluderbach (Carbonin) e da Höhlenstein (Landro)[5], attaccano di sorpresa il tavolato meridionale riuscendo ad aver ragione dei posti avanzati. Così Antonio Berti, ufficiale medico del «Val Piave», descrive nel suo libro "Guerra in Ampezzo e Cadore" le fasi cruciali dei combattimenti: "[.] Gli attaccanti salgono uno dietro l'altro favoriti, oltre che dal buio, da una pioggia fine e dalle brume che precedono l'alba. Si avvicinano con le scarpe fasciate di tela, nel più assoluto silenzio; giunti sull'orlo del tavolato, ancora coperto di neve, si distendono e innestano le baionette. Le loro sagome si profilano d'improvviso agli italiani, vicinissime, e quasi nello stesso istante crepita la loro mitragliatrice. All'allarme subitaneo; il grosso del presidio italiano accorre quanto più presto può, mentre gli avamposti fronteggiano sul posto e trattengono gli assalitori. I tenenti fratelli De Pluri e il tenente De Toni accorrono con i loro plotoni verso la Piramide Carducci, maggiormente minacciata. Il tenente Giuseppe De Pluri, che procede a sinistra, segnala al fratello forze nemiche che avanzano da destra. Immediatamente il tenente Giovanni De Pluri e il tenente De Toni spostano verso destra i rispettivi plotoni. Durante lo spostamento De Toni viene ferito all'addome (morirà due giorni dopo ad Auronzo, chiedendo, fino all'ultimo istante, notizie del monte Piana). Giuseppe De Pluri, resistendo al dolore di una gamba ferita, punta alla testa del suo plotone sulla Piramide Carducci e si avventa alla baionetta sul nemico. Colpito da una pallottola di mitragliatrice si abbatte, ferito a morte, alla base della Piramide. Cadono con lui nella mischia 22 dei suoi alpini. I superstiti del plotone De Pluri, impossibilitati a ritirarsi verso il ciglio sud-est dal tiro della batteria dell'Alpe di Specie, premuti dagli austriaci verso il ciglione meridionale del monte, dove il pianoro si rompe in profondi dirupi, sfuggono pericolosamente in valle quei dirupi. Di laggiù aggirano il monte e rapidamente risalgono a ricongiungersi con i compagni che continuano a combattere sul pianoro. Cadono 18 austriaci; il numero dei caduti italiani è molto superiore: circa 100 alpini tra morti, feriti e dispersi. Un alpino, fatto prigioniero, riesce a sfuggire; vaga per quattro giorni tra i dirupi e i boschi; poi rientra, e rientrando racconta che nel giorno dell'attacco il comandante austriaco, visto cadere il tenente De Pluri, approssimandosi a lui, gli ha stretto la mano e riconsegnata la pistola. [.]"
Giuseppe è stato gravemente ferito al petto; chiede aiuto. Un alpino accorre al suo richiamo ma anch'egli cade colpito da una fucilata[6]. Il comandante austriaco si avvicina, rende onore all'ufficiale che giace al suolo e ordina di trasportarlo verso le retrovie. La sera stessa, a Landro, il tenente Giuseppe De Pluri muore[7]. E' il 7 di giugno, l'indomani della Festa dello Statuto[8]. Gli alpini hanno resistito alla violenza del fuoco sull'orlo dei precipizi del Monte Piana. Subito dopo accorre anche Don Piero Zangrando che successivamente avrà modo di scrivere: "Ho assistito dal principio alla fine a questo combattimento e posso dire di essere meravigliato dei nostri soldati [...] I primi morti furono da me seppelliti in cima alla strada del Piana. Io stesso, mentre dopo il combattimento impartivo l'estrema unzione ad un austriaco nei pressi della Piramide Carducci, corsi pericolo di essere fatto prigioniero. Ebbi il cappello forato da pallottola di fucile [...]".
Alla memoria del tenente Giuseppe De Pluri viene proposta la medaglia d'argento al valor militare ma gli viene accordato solo un encomio solenne (con gli alpini non si largheggiava troppo, specie nei primi tempi di guerra!). Solo in seguito l'encomio sarà tramutato nella medaglia d'argento. Poco distante dalla Piramide Carducci, sul Monte Piana, sarà eretto un piccolo obelisco con una lastra di bronzo sulla quale, ancor oggi, si legge: "Questa pietra - che fu già segno del vecchio confine - ben reca incisi - il nome e la gloria - dell'Avvocato Ten.te Giuseppe De Pluri - ufficiale del 7° alpini - che qui accanto - il 7 giugno 1915 - respingendo il primo assalto nemico - cadde colpito a morte - primo - fra i più prodi e fra i primi".
Al tenente De Pluri verrà intitolato un rifugio alpino[9] e l'Amministrazione di Pieve di Cadore dedicherà al suo nome la gradinata che sale poco distante dal Municipio.

NOTE

[1] Lo stemma di famiglia è riportato anche sulla cornice della foto che ritrae il tenente Giuseppe De Pluri esposta nel piccolo museo allestito presso il rifugio Angelo Bosi al Monte Piana. "Partito di argento e di azzurro con 2 merli scalinati di argento - aquila bicipite coronata su ambo le teste di nero tenente uno scettro e una spada dello stesso tra gli artigli su argento caricata in cuore da uno scudetto ovale di argento con fascia sostenente una crocetta tutto di rosso - 2 sbarre di oro su azzurro".
[2] Palazzo Vallenzasca De Pluri, oggi palazzo Sampieri Vallenzasca Policardi.
[3] Giovanni, Luigi e Giuseppe. Il secondogenito Luigi (nato a Pieve di Cadore il 22 luglio 1880) sarà direttore sanitario presso l'ospedale G.B. Giustinian. Morto a Venezia il 25 dicembre 1956, è sepolto nel cimitero di S. Michele in Isola.
[4] Giovanni De Pluri (nato a Pieve di Cadore il 22 aprile del 1878). Ottenuto il grado di capitano, sarà destinato al servizio informazioni dell'Armata del Cadore. Meriterà una medaglia di bronzo al V.M. perché: "Durante la recente offensiva dava prova di alte virtù militari e di esemplare coraggio, eseguendo volontario, instancabile, noncurante del pericolo, numerose ricognizioni sulle posizioni più avanzate, intensamente battute dal fuoco e riportando sempre preziose notizie sul nemico." Monte Grappa, 24 ottobre, 2 novembre 1918. Divenuto in seguito tenente colonnello degli alpini, morirà a Venezia il 1° dicembre del 1941 dov'é sepolto nel cimitero di S. Michele in Isola.
[5] Per ragioni strategiche, alla vigilia della guerra, il centro abitato di Landro, nei pressi di Dobbiaco, era stato evacuato e raso al suolo dall'esercito austro-ungarico. Vi rimasero solo insediamenti militari.
[6] Rodolfo Boni di Ospitale di Cadore; classe 1894. Medaglia di bronzo: "Al grido del suo ufficiale ferito, che lo chiamava presso di sé, accorse malgrado il vivo fuoco nemico, ma cadeva colpito prima di raggiungerlo". Monte Piana 7 giugno 1915.
[7] A Landro l'infermeria era situata in località "Nasswand" (Sorgenti), al riparo dei colpi d'artiglieria. I morti, senza distinzione di nazionalità, venivano sepolti nelle immediate vicinanze del posto di soccorso dove oggi è ubicato il cimitero militare "Monte Piano 2 - Sorgenti", sulla strada di Alemagna tra Carbonin e Dobbiaco. Anche le spoglie di Giuseppe De Pluri, molto probabilmente, sono state inumate il questo cimitero per essere traslate negli anni tra il 1926 e il 1938 (forse come soldato ignoto) in uno degli ossari costruiti in quegli anni, verosimilmente in quello di Pocol.
[8] La festa dello Statuto Albertino si celebrava ogni anno la prima domenica di Giugno.
[9] Il rifugio De Pluri, oggi privato, si trova lungo il sentiero CAI 252 presso un'ampia sella sotto la cima del Monte Tranego - 1849 m