Nazione Foglia Giuseppe

Grado Tenente

Mostrina  60° Brigata Calabria

Ritratto

Nato il 22 dicembre 1896 a Stroppiana (VC)

Morto il 15 giugno 1918 presso l'Osteria al Lepre (Monte Grappa)

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Giuseppe, il figlio del cavalier Giovanni Foglia, nasce nel paese di Stroppiana il 22 dicembre del 1896. A metà strada fra Vercelli e Casale Monferrato, il piccolo centro abitato è circondato da risaie e campi coltivati ed anche da quelle parti, come del resto in molte altre zone della Pianura Padana, a quei tempi non regna di certo la prosperità. La maggior parte delle case è inadatta ad ospitare degnamente le famiglie spesso numerose, il lavoro nei campi, specie nelle risaie, è causa di malaria e tubercolosi, l’alimentazione carente procura lo scorbuto e sono pochi quelli che riescono a superare i sessant’anni d’età. È un privilegio nascere in una famiglia agiata e per sua fortuna Giuseppe, dopo le scuole inferiori, può recarsi a Vercelli per frequentare gli studi di agrimensura che segue fino al quarto anno quando, allo scoppio della guerra contro l’Austria, viene chiamato alle armi. A Modena segue il corso allievi ufficiali ed il 7 marzo del 1916, all’età di vent’anni, riceve la nomina ad aspirante venendo destinato al 60° Reggimento di Fanteria.
Quando raggiunge il suo reparto sul Col di Lana, sono ormai in avanzato stato di realizzazione i lavori di scavo di una mina da far esplodere sotto la cima del monte con l’intento di scacciare, una volta per tutte, gli austriaci dalle loro posizioni dominanti. Nella notte del 17 aprile, venti minuti prima della mezzanotte, il maggiore Mezzetti, un quarantenne appartenente anch’egli alla brigata Calabria, impartisce l’ordine. Gli esploditori scattano contemporaneamente; segue un attimo di silenzio, poi una detonazione profonda, un boato sotterraneo, la scossa di un terremoto scatenato da oltre 5 tonnellate di gelatina. Una grande quantità di terra e sassi viene scagliata in aria, ricadere a pioggia, rotola lungo i valloni. Allo sfacelo della montagna ed ai successivi assalti, compiuti dai fanti del I e del III battaglione del 59° reggimento, assiste anche l’aspirante Giovanni Foglia che col suo plotone, nella giornata del 21 aprile è chiamato a dare il suo contributo lanciandosi all’attacco sul Monte Sief. L’impeto del combattimento lo porta coi suoi uomini fin sotto al “Dente”, un becco di roccia disfatta da un lato ed erboso dall’altro, dove gli austriaci sono ben trincerati e difesi dall’artiglieria e dal tiro incrociato di mitragliatrici. Le perdite degli attaccanti sono gravissime e proseguire è assolutamente impossibile. Giovanni, riportata a valle la pelle pur lievemente ferita, viene lodato per il suo comportamento dal comandante Salvatore Marras. In una cartolina postale scrive: “Caro papà, oggi mi ha battezzato il fuoco nemico, ma grazie a Dio, alla Madonna e alla mamma che mi ha assistito da lassù, la sorte mi è stata amica. Prega sempre per me e per i miei cari compagni [...] Buona Pasqua”.
Pochi giorni più tardi gli giunge la nomina a sottotenente e l’incarico per il comando di un plotone col quale, nel mese di luglio, è impegnato nell’avanzata in Valle San Pellegrino. La brigata Calabria è passata da poco alle dipendenze della 17ª divisione trasferendosi dal Col di Lana in Val Travignolo, ed il giorno 26 Giovanni partecipa all’irruzione nelle posizioni nemiche di Cima Stradon. I fanti hanno la meglio e catturano numerosi prigionieri ed una mitragliatrice ma, immediatamente contrattaccati e fatti segno delle artiglierie del Dossaccio, sono costretti a ripiegare ed a resistere ai ripetuti contrattacchi che si ripetono durante tutta la notte. Ripresa l’azione il 4 agosto, superando difficoltà di ogni genere, i reparti della brigata giungono fin sotto i reticolati del Colbricon, ma da lì non possono progredire. Dopo una sosta di alcuni giorni l’assalto è ripreso inutilmente nei giorni 23, 24 e 25 agosto, ma fatti segno a violentissimo tiro di repressione i fanti della Calabria sono costretti nuovamente a ripiegare.
Fino a dicembre il plotone del sottotenente Foglia viene impiegato in prima linea tra Cima Valles, il Castellazzo e Passo Rolle a rafforzare posizioni ed effettuare ricognizioni e pattugliamenti. Oltre che dal nemico sempre vigile, sulle opposte posizioni, senza distinzione di nazionalità, gli uomini si devono difendere per tutto l’inverno dalle abbondantissime nevicate, dalle valanghe, dal gelo affrontato con vestiario inadatto, dalla penuria di rifornimenti e dalle malattie.
Il 25 febbraio del 1917 Giovanni viene nominato tenente, mantenendo l’incarico di guidare il suo plotone in numerose azioni di pattugliamento ed osservazione fino al 14 novembre quando, a seguito della ritirata dalla fronte Giulia, anche la sua brigata inizia il ripiegamento. Il giorno 5 è a Fiera di Primiero e tre giorni più tardi a Bassano dove il 60° reggimento si riordina per raggiungere quindi il rovescio del Monte Tomba come unità di riserva. Il 18 novembre anche il tenente Foglia va ad occupare la linea difensiva nei pressi di Osteria Monfenera ed il 22 fa fronte ad un vigoroso attacco che lo costringe ad una ritirata strategica. Dopo 5 contrattacchi sostenuti dal II battaglione, le posizioni vengono alla fine riconquistate. In quelle epiche giornate il tenente Foglia merita una medaglia di bronzo perché: “Ricevuto l’ordine dal proprio comandante di battaglione di aiutare un reparto contiguo per la riconquista di una postazione fortemente difesa dal nemico, si slanciava all’attacco alla testa del proprio plotone, mettendo piede tra i primi nella trincea riconquistata: costante esempio ai dipendenti per ardire, e sprezzo del pericolo”. – Monte Tomba, 22 novembre 1917.
Il 17 dicembre partecipa all’occupazione delle trincee del Col Moschin, alle pendici settentrionali del Monte Grappa, e dopo la loro conquista concorre a presidiarle per i mesi successivi fino a quando, il 15 giugno del 1918, si scatena una poderosa offensiva. Dalle tre di mattina ha inizio un violentissimo bombardamento su tutte le posizioni, dal Col Fagheron al Col Moschin, fino all’Osteria del Lepre dove il tenente Foglia sta prestando in quei giorni servizio di guardia all’osservatorio. Il bombardamento delle artiglierie austriache è così intenso che l’orizzonte verso il lontano altipiano d’Asiago è illuminato di rosso; il corso del Piave è punteggiato dai lampi di centinaia di bocche da fuoco d’ogni calibro che vomitavano acciaio. Ai cannoneggiamenti segue l’attacco frontale delle truppe avversarie, ma la strenua resistenza dei difensori riesce nell’intento di fermare l’avanzata. Si saprà, dopo la battaglia, dell’atroce fine toccata quel giorno ai fanti dell’Osteria del Lepre, dilaniati delle schegge di granata e sfigurati dall’orribile azione dei lancia fiamme. Al cavalier Giovanni Foglia sarà risparmiato lo strazio di conoscere nei dettagli la raccapricciante fine del suo ventiduenne figliolo, «quello a cui sperava di potersi appoggiare quale sostegno per gli anni della vecchiaia», scriverà un giornale locale, mentre a guerra finita, il comandante Bonetti riferirà alla famiglia l’eroico comportamento del giovane ufficiale mettendo in risalto la «resistenza delle valorose truppe che prodigiosamente permise di riorganizzare i reparti per la vittoria finale che giunse da lì a qualche mese».