Nazione Zugni Tauro Libero

Grado Soldato (matr. 2023)

Mostrina  56° Brigata Marche

Ritratto

Nato il 31 ottobre 1893 a Cesio Maggiore (BL)

Morto su Monte Piana il 20 luglio 1915

Decorazioni

Decorazione Medaglia d'Argento

Animato dal più puro patriottismo e da alto sentimento del dovere, benché ancora convalescente, volle far parte di una squadra di volontari recatisi a tagliare i fili dei reticolati nemici e diede prova, sotto il vivo fuoco dell’avversario, di singolare coraggio, rientrando per ultimo dall’audace impresa. Nel successivo attacco, con mirabile slancio, in testa al proprio reparto, incitando con la parola i compagni, ai quali fu sempre di esempio, attraverso i reticolati fece irruzione nei trinceramenti nemici e vi trovò morte gloriosa.
Monte Piana, 20 luglio 1915

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Prima della guerra

Libero nasce a Cesiomaggiore, presso la villa di famiglia, in località Pez, il 31 ottobre del 1893. Suo parde Nicolò, discendente di un nobile casato feltrino, esercita la professione di agronomo ed anche Libero, terminati gli studi inferiori, prosegue la sua preparazione scolastica presso l’Istituto Tecnico “Pier Crescenzi” di Bologna conseguendo il diploma di agrimensore. A Feltre frequenta lo studio paterno fin quando, il 22 aprile del 1913, viene chiamato a Belluno a prestare il servizio militare presso il 56° reggimento di Fanteria della brigata Marche.

Villa Villa Zugni Tauro a Pez di Cesiomaggiore (BL)

Approssimandosi la dichiarazione di guerra contro l’Austria-Ungheria, viene trattenuto alle armi e pur avendo titolo per frequentare il corso di allievo ufficiale, sceglie piuttosto di proseguire la ferma come soldato semplice. «[...] È mio desiderio, e quasi un’ambizione, condurre a termine questa campagna da semplice soldato, perché voglio dimostrare a questi miei compagni d’arme e di fatica che l’interesse non è il solo movente delle azioni umane [...]» , scrive a sua madre, Annita Pauletti, in una lettera dal fronte, ed in un’altra asserisce di non voler accettare neppure la nomina a caporale perché, dice: «[...] ho notato che il caporale è il capro espiatorio di tutte le deficienze degli altri, non solo degli inferiori, ma anche dei superiori [...]». Da Longarone, il 10 maggio Libero parte col suo reggimento alla volta di Auronzo che «[...] brulica di soldati di tutti i corpi, di tutte le armi, di tutte le regioni [...]», compresi alcuni compaesani di Cesiomaggiore che, riconoscendolo: «[...] fanno le più alte meraviglie perché porto lo zaino come loro [...] e soprattutto perché non sono graduato[...]».

La Grande Guerra

Agli inizi della guerra Libero accampa con la sua compagnia nell’alta valle del Rio Bigontina affacciata su Cortina d’Ampezzo, dove i fanti del 56° Reggimento eseguono azioni di pattuglia e realizzano opere di rafforzamento. «[...] In questi ultimi giorni abbiamo faticato in modo eccezionale, tra il fango e sotto la pioggia, in certi lavori che non ti posso palesare per il solito riserbo che ci è imposto [...]». Lì, verso la fine di giugno, viene raggiunto dal tragico annuncio dell’improvvisa morte di suo padre appena cinquantaquattrenne. Allo sconforto Libero reagisce rafforzando ancor più il suo coraggio ed alla metà di luglio si unisce ai suoi compagni nel primo urto della brigata Marche contro le ben munite posizioni del nemico sul Monte Piana. Sa di poter fare affidamento su quelli che l’affiancheranno nell’azione perché ne apprezza lo spirito, pregi e difetti compresi: «[...] Il nostro soldato – aveva scritto un giorno - ha un difetto originale e particolare del popolo italiano: è un criticone, un brontolone insuperabile, è feroce calunniatore di se stesso e della sua Patria; un demolitore di ogni virtù e di ogni formalismo, ma, all’atto pratico, nel momento del pericolo, sa agire da soldato impareggiabile, in modo superiore, e si purifica nell’eroismo e nel sangue dalle bestemmie che gli sono abituali, ed è apportatore di gloria e di fortuna a quella Patria che egli denigra. E di ciò mi attendo, nel prossimo cimento, luminosi esempi [...]».
La maggior parte del tavoliere sud del Monte Piana è già stata occupata dagli italiani, mentre gli austriaci si sono rafforzati insediandosi sul pianoro Nord ed all’estremità Nord-Ovest dello stesso. Affiancando l’azione frontale della 96ª compagnia alpina del Pieve di Cadore ed altre del 55° fanteria, il I battaglione del 56° è chiamato a tentare l’aggiramento delle posizioni austriache dalla Val Rimbianco. Pur non essendo in piena salute, Libero si offre come volontario per collocare, di notte, tubi di gelatina da far esplodere sotto i reticolati nemici e dopo aver aperto alcuni varchi, rientra per ultimo con la squadra dei guastatori. «[...]Se la morte non mi spaventa, ciò non vuol dire che io disprezzi la vita e accorra ad una specie di suicidio: so il valore della vita e conosco i miei doveri», aveva fatto sapere ai suoi.

La morte

Conoscendo le vie che aveva aperte, nel successivo assalto del 20 luglio, Libero è tra i primi della sua compagnia e dopo aver attraversato il reticolato, già dentro la trincea nemica, viene colpito mortalmente. Saranno in molti quel giorno a non fare ritorno, ed il generale Montuori comandante la 10ª Divisione, al termine di quella sanguinosa azione, trasmetterà il sui elogio alle truppe dipendenti: «In sei giorni di accanito combattimento per la conquista di M. Piana le truppe della brigata “Marche”, della 96ª compagnia alpini e del genio, hanno spiegato le migliori doti di resistenza e di valore. Ad esse io prego di estendere il mio più vivo elogio e la piena mia riconoscenza».
Come molti altri, anche il corpo del soldato Libero Zugni-Tauro non viene recuperato (nel 2008 vennero ritrovati sul Monte Piana i resti di un soldato della 1 Guerra Mondiale. La famiglia Zugni Tauro chiese di approfondire le ricerche per il riconoscimento della salma nella speranza che si potesse trattare di quella del loro parente, ma la comparazione del mtDNA, DNA mitocondriale, e Y-STR, analisi del cromosoma Y, esclusero che si potesse trattare del corpo di Libero Zugni Tauro), ma la sua memoria sarà comunque onorata con la concessione di una medaglia di bronzo, commutata successivamente in medaglia d’argento, e dalla dedica al suo nome dello stadio della città di Feltre.

Villa Stemma della famiglia Zugni Tauro

Da “Montepiana” di Nazzareno Meneghetti

"Ivi l’austriaco tappando lo sbocco nella Rienza, proteggeva il suo sentiero dei pionieri e osteggiava l’accesso più diretto a Landro; e sebbene l’angustia del terreno fra il Sasso Gemello e il costone delle Forcellette non permettesse aggiramenti e quindi si prestasse del tutto al gioco della difesa e le nostre artiglierie fossero dirette alla distruzione delle opere avversarie sul monte, i fanti disposero ad aprire i varchi nel reticolato coi propri mezzi ed all’assalto frontale di viva forza. Per prima operazione, difficile quanto pericolosa, poiché richiedeva conoscenza del terreno fra le due linee e dell’andamento della nemica, ardire e prudenza insieme, fu costituita una squadra speciale di volontari, fra i quali si distinse il soldato Libero Zugni-Tauro, da Feltre. Era semplice soldato, ma aveva tempra di comandante ed animo di condottiero. Né par difficile immaginarlo, in testa alla squadra recante i tubi carichi di gelatina, discender cauto pel fondovalle, coi sensi tesi fino allo spasimo, spostandosi or sull’una or sull’altra riva dell’acquicella che vi scorre, per farsi riparo delle macchie di alberi o di pini mughi contro il fascio di luce del riflettore. Quando esso li coglieva in radura, ei con un gesto irrigidiva i compagni, come poi, al margine del reticolato, quando un razzo solcava le tenebre. Là, sotto il naso delle vedette, bisognava spingere i tubi quant’era profonda la fascia di filo di ferro spinato, accender le micce col mezzo toscano, sottrarsi a precipizio ... Gli scoppi laceranti avrebbero avvertito il nemico che fra poco i fanti sarebbero tornati, in molti, per passare. Infatti, [...] ecco Libero Zugni-Tauro in testa alla compagnia. Egli sapeva le vie che aveva aperte: egli doveva comandare coll’esempio, sfidando il piombo degli appostati ai suoi stessi varchi. E dietro l’onda dei compagni e dei superiori: tra i quali il capitano Giacomo Sisto da Eboli (Salerno) che, ferito leggermente, non desiste, ma incora, spinge, anima, finché un colpo mortale lo atterra; il caporalmaggiore Rosset Vittorio da Trichiana, che sostituisce il suo ufficiale caduto, e, con tanto ardore da non avvertire la prima ferita, conduce avanti il plotone fino alla morte ... Anche Zugni-Tauro cadde, ma davanti a tutti, da vincitore, dopo aver attraversato il reticolato, dentro la trincea nemica. Il suo corpo parve prenderne possesso, sussultante, che l’anima non volea staccarsene. Quante promese, quante speranze si spensero con lui! Ma chi osa affermare che una lunga vita non possa essere compendiata in un istante?”