Le sentenze dei Tribunali Militari


Introduzione

"La giustizia in guerra - e in particolare in una guerra di massa, con forte caratterizzazione ideologica e con una mobilitazione totale che investe oltre ai membri della popolazione validi per il servizio armato tutta la società civile - è qualcosa di molto relativo. Il concetto della 'certezza del diritto', ambiguo anche in tempo di pace, diventa quasi una beffa in una società dove la regola suprema diventa quella di mantenere e sviluppare la massima capacità aggressiva verso il nemico esterno e, di riflesso, verso tutti i componenti interni sospettati a ragione o a torto di indebolire questa mobilitazione della aggressività. Il giudice non è chiamato a stabilire la verità tra le parti e nemmeno, almeno in una certa misura, ad applicare la legge bensì a dare degli esempi, a servire la "suprema necessità della disciplina": cioè a riaffermare la volontà della parte che ha deciso la guerra e che intende con ogni mezzo portarla a buon fine. Il concetto del potere come violenza socializzata trova qui la sua più convincente applicazione."
E. Forcella, A. Monticone - "Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale", Laterza, 1968

D.B.A. nato in Germania, anni 23, soldato del 7° alpini

Condannato alla pena di morte col mezzo della fucilazione nel petto per automutilazione
Sentenza eseguita il 20 settembre 1915
Tribunale militare di guerra del IX corpo d'armata
Agordo, 15 settembre 1915
(TS, Atti diversi, b. fucilazioni S-Z, giudizi sommari, f. 23)
[...] perchè allo scopo di procurarsi infermità da renderlo incapace di proseguire nel militare servizio e sottrarsi così per codardia ai pericoli della guerra, il 19 giugno 1915 al passo delle Cirelle, dove trovavasi di servizio in faccia al nemico, si procurava lesioni all'anulare e medio della mano destra ed il 3 del successivo agosto, mantenendo lo stesso proposito, mentre trovavasi in servizio di vedetta in località Costabella in faccia al nemico, si esplodeva un colpo del proprio fucile carico a pallottola, contro l'indice della stessa mano [...]
Alla stregua delle cennate considerazioni in fatto ed in diritto, reputasi comminare la pena di morte col mezzo della fucilazione nel petto (art. 92, 4 n.1 citato Codice). Il giudicato è inoltre tenuto alla rifusione delle spese processuali e ad ogni altra conseguenza di legge.

B.I. della provincia di Roma, anni 26, e F.B., di Ravenna, anni 28, soldati nel 46° fanteria

Condannati all'ergastolo (lavori forzati a vita) per diserzione
Tribunale militare di guerra del IX corpo d'armata
Agordo, 19 agosto 1915
(TS, Atti diversi, b. condanne gravi, sent. F. 1)
Nel 5 Luglio 1915, B.I. e F.B., soldati nel 46° fanteria, si allontanavano senza permesso o autorizzazione di sorta dalle rispettive loro compagnie che si trovavano accampate in località Cinque Torri, zone di guerra e in presenza del nemico, rendendosi irreperibili, fino a quando non furono tratti in arresto, quattro giorni dopo, in Longarone, dall'arma dei RR.CC. [...]
Tuttavia, il Tribunale reputa concedere agli imputati il beneficio di cui all'art. 58 citato Codice, essendo i medesimi incensurati.

P.C. della provincia di Latina, anni 22 soldato nell'81° fanteria,

condannato a 20 anni di reclusione militare per rifiuto di prestare servizio di guerra in presenza del nemico;

M.M., di Roma, anni 24, già condannato per disobbedienza, soldato nell'81° fanteria,

condannato alla pena di morte col mezzo della fucilazione nel petto per lo stesso reato con l'aggravante della recidiva.
Sentenza eseguita.
Tribunale militare di guerra del IX corpo d'armata.
Agordo, 18 agosto 1915.
(TS, Atti diversi, b. fucilazioni S-Z, giudizi sommari, f. 2)
Nella sera del 23 luglio 1915, P.C. e M.M., soldati nell'81° reggimento fanteria, dovendosi col loro reparto trasferire dal Sasso di Stria, ove si trovavano, in località più avanzata, per servizio di avamposti, a malgrado degli espliciti perentori ordini ricevuti, si assentavano arbitrariamente dalle file, rendendosi irreperibili fino alla sera del giorno successivo, quando cioè la loro compagnia fu rientrata nei ricoveri, dopo aver espletato il servizio di guerra. Interrogati dal loro comandante di compagnia sul motivo dello indebito allontanamento, il P. si scusava con l'affermare di non aver avuto la forza di tornare alle trincee, comechè impressionato dalle perdite subite dalla compagnia tre giorni prima, e il M. adduceva l'essersi sentito fisicamente indisposto a montare in servizio di avamposti, per quanto non riconosciuto dall'ufficiale sanitario cui poco prima si era rivolto. [...]

C.A., romano, anni 24, soldato nell'82° fanteria e S.R., romano, anni 24, soldato nell'81° fanteria;

condannati alla pena di morte col mezzo della fucilazione nella schiena per diserzione qualificata dalla presenza del nemico.
Sentenza eseguita.
Tribunale militare di guerra del IX corpo d'armata.
Agordo, 25 agosto 1915.
(TS, Atti diversi, b. fucilazioni S-Z, giudizi sommari, f. 35)
Nel mattino del 31 luglio 1915, i soldati C.A. e S.R., mentre si trovavano col loro reparto in Buchenstein, zona di guerra e presente il nemico, si allontanavano senza permesso o autorizzazione di sorta, rendendosi irreperibili fino al successivo 1° agosto, giorno nel quale furono tratti in arresto dai reali carabinieri in Masarè, mentre cercavano di proseguire nel loro cammino verso l'interno. Alla detta autorità di polizia, cui il contegno equivoco dei detti soldati aveva destato i primi sospetti, essi esibivano un permesso, riconosciuto poi del tutto apocrifo, e firmato dal capitano G. [...] Di vero costoro, all'inizio del violento bombardamento intrapreso dal nemico nel giorno 30, disertando il posto, si trassero al riparo dietro alcune grosse rocce, ivi rimanendo fino all'alba del giorno dopo, in cui si portarono alle cucine del battaglione: quivi, pretestando di aver lavorato tutto il giorno al trasporto dei cadaveri e di essere stanchi e digiuni, chiesero ed ottennero da mangiare. [...] A carico dei giudicabili, risulta ancora l'aggravante di cui agli artt. 48 e 49 del Codice penale per l'esercito, per essere stati ripetutamente condannati dal magistrato ordinario e da quello militare.

T.F., di Zebbia, anni 26, soldato nel 91° fanteria, prigioniero degli austriaci;

condannato in contumacia a 15 anni di reclusione militare per tradimento.
Tribunale militare di guerra del I corpo d'armata.
Pieve di Cadore, 22 dicembre 1915.
(TS, Atti diversi, b. condanne gravi, sent. 41)
Il 1° ottobre 1915 la "Innsbrücker Nachrichten" riportava dalla "Tiroler Soldaten Zeitung" un lungo articolo dal titolo Il diario di un prigioniero italiano del 91° regg. fant. a fine, come il detto giornale scriveva, di gettare uno sguardo interessante sulle condizioni e sullo spirito dell'esercito italiano. [...] Del resto è altresì a ricordare che quest'ultimo, prese effettivamente parte, con altri militari, ad una ricognizione notturna delle strade d'accesso di Cima Frugnoni, ricognizione che poi descrisse minuziosamente nel proprio diario, il quale a questo punto si chiude. Or, se si pensa che dei militari componenti la pattuglia, solo 3 ritornarono indietro e presero forse parte all'azione di combattimento del 6 ottobre a Cima Frugnoni, durante la quale il T. fu fatto prigioniero, si comprende subito come quest'ultimo sia stato effettivamente l'autore del diario pubblicato [...] Pertanto se il militare, nel partecipare ad una azione di combattimento, porta indosso, senza giustificato motivo, delle carte o documenti riflettenti la situazione politica o militare dello Stato, e se tali carte vengono, a causa della prigionia, in potere del nemico, il quale se ne serve per i suoi particolari scopi, deve il militare rispondere di violazione dell'art. 74 del Codice penale per l'esercito, per avere fornito al nemico, con la propria deplorevole imprudenza, notizie dannose per lo Stato.

Processo istituito a carico di 345 bersaglieri, il 18° battaglione del 3° bersaglieri al completo, per rivolta

Cinque dei quali, D.N., N.G., U.L., C.F. e V.F., condannati alla pena di morte mediante fucilazione nel petto in qualità di agenti principali;
uno, A.G., ai lavori forzati a vita;
il caporale C.A. a 15 anni di reclusione militare,
gli altri 337 tutti a 3 anni di reclusione militare per complicità.
Tribunale straordinario di guerra. Agordo, 22 aprile 1916.
Sentenza di fucilazione eseguita il 23 aprile 1916.
(TS, Trib. guerra, b. 74, f. 117/II, sent. 329)
La sera del 21 aprile 1916, di concerto fra di loro, gli imputati abbandonarono, dopo aver preso le armi e senza ordine dei loro superiori, gli alloggiamenti in Salesei occupati dal 18° battaglione del 3° reggimento bersaglieri di cui fanno tutti parte e si trasferirono ad Alleghe, ove furono fermati e donde furono ricondotti fino a Caprile.

P.D., della provincia di Latina, anni 27, caporale del 54° fanteria;

condannato a otto anni di reclusione per autolesionismo.
Tribunale militare di guerra I corpo d'armata.
Pieve di Cadore, 30 giugno 1916 (TS, Atti diversi, b. condanne gravi, sent. f. P.)
Il caporale P.D., due giorni dopo da che era tornato dalla licenza concessagli per *** e si era restituito al proprio reparto in Monte Piana, e precisamente il 12 maggio decorso, dovette essere ricoverato nell'ospedale 043 di Auronzo e di poi in quello 065 di Tai, ove tuttora è degente e dove dovrà restare per altri quindici giorni [...] a causa di una lesione sopra il calgano destro, che egli addusse esserglisi formata per lo sforzo della marcia nell'andata e nel ritorno dalla licenza. Invece i sanitari ebbero ad escludere che tale potesse essere l'origine della lesione, esulando in essa ogni carattere di locale contusione prodotta dalla scarpa, rilevando trattarsi di una piaga alla regione achillea della gamba destra subito dietro il malleolo interno, interessante tutto lo spessore della cute e del cellulare con scopertura delle fibre muscolari e del tendine di Achille, con necrosi dei tessuti, prodotta da ustione per sostanza chimicamente caustica applicata sulla parte. [...]

B.A., di Udine, 28 anni, soldato nel 54° fanteria;

condannato a 4 mesi di reclusione per lettera denigratoria.
Tribunale di guerra del I corpo d'armata.
Pieve di Cadore, 27 settembre 1916.
(TS, Trib. guerra, b. 44, f. 57, sent. 564)
Il soldato B.A. inviava in data 27 agosto decorso, dalla zona di operazioni dove trovavasi, al proprio padre in Udine una lettera [...]: "A maggior peggioramento del mio male è il carattere e le mie idee ribelli a questa guerra, alle ingiustizie, alle porcherie, alle brutture, alle vergogne che essa ignomignosamente va perpetrando a danno di noi popolo percorone, vile e stupido". [...] L'imputato si è confessato autore di tale lettera adducendo di averla scritta per discutere col proprio padre, che era di idee politiche contrarie a quelle socialiste da lui professate [...]. Si deve peraltro considerare come il contenuto medesimo della lettera in parola sia in assoluto contrasto coi precedenti civili e militari dell'imputato, il quale non solo è incensurato, ma durante il suo lungo servizio sotto le armi prestato in zona di operazioni tenne sempre in effetto, come dalle informazioni versate in atti risulta, una condotta sotto ogni riguardo irreprensibile, mostrandosi costantemente obbediente e rispettoso e compiendo con zelo il proprio dovere senza mai cercare in modo alcuno di manifestare ai compagni e di propalare le sue personali convinzioni politiche.

G.P., della provincia di Caserta, anni 30, carrettiere, coniugato con prole, alfabeta, soldato del 51° fanteria;

condannato a 7 anni di reclusione per autolesionismo.
Tribunale militare di guerra del IX corpo d'armata.
Agordo, 27 agosto 1917.
(TS, Trib. guerra, b. 77, f. 108/III, sent. 954)
Il 12 gennaio 1917 l'accusato veniva ricoverato all'ospedale di Aversa per grave lesione chirurgica al piede sinistro. Interrogato dal capo-reparto dell'ospedale il G.P. riferì che trovandosi in licenza agricola al suo paese, ha visto poco per volta gonfiare il suo piede sinistro. [...] In seguito [...] quei medici ritennero la lesione provocata con probabile iniezione di sostanze chimiche. [...] Onde il Tribunale [...] reputa che il G.P. rendendosi, col suo doloso operato, inabile permanentemente alle fatiche di guerra ha menomato permanentemente la sua attività al servizio militare incondizionato in tempo di guerra.

C.B., della provincia di Napoli, anni 22, contadino, alfabeta, celibe, incensurato, soldato del 2° reparto provvisorio Boite;

Condannato all'ergastolo per diserzione.
Tribunale militare di guerra del I corpo d'armata, 12 ottobre 1917
(TS, Atti diversi, b. condanne gravi, f. C)
Il soldato C.B., partito in licenza invernale il 24 gennaio 1917, alla scadenza di essa non si restituiva senza giusti motivi al reparto di prima linea, e rimaneva invece assente fino al 6 ottobre 1917, in cui si presentava volontariamente al corpo. L'inputato è confesso - solo adduce a sua discolpa delle contingenze famigliari, che non possono avere alcuna influenza in causa, e la circostanza di non essere mai venuto a conoscenza del Bando 14 agosto 1917, del comando supremo, dell'infrazione del quale deve ora rispondere. [...] Del reato di diserzione di cui in detto Bando, egli deve rispondere per aver commesso il fatto con piena coscienza e volontarietà.

D.L., della provincia di Milano, anni 32, cappellaio, soldato nel 1° genio;

condannato a 15 anni di reclusione per tradimento.
Tribunale militare di guerra del IX corpo d'armata.
Agordo, 5 maggio 1917.
(TS, Trib. guerra, b. 76, f. 118/II, sent. 427)
Il 17 aprile p.p. i RR.CC. della 17ª sezione denunciavano a questo Tribunale di guerra il soldato D.L., appartenente alla 17ª sezione telefonica della 78ª compagnia del 1° genio. I carabinieri erano venuti a conoscenza che il detto soldato aveva letto e commentato ad un gruppo di militari un foglio stampato dal titolo "Seconda conferenza socialista internazionale di Zimmerwald: ai popoli che la guerra uccide". [...] Qualora detti mali consigli potessero insinuarsi nell'animo dei combattenti sarebbe la rovina, lo sfacelo di tutte le nostre energie, la disfatta sicura; tradimento peggiore di questo quindi non vi potrebbe essere [...]

C.P., della provincia di Gaeta, anni 20, celibe, contadino, soldato nel 53° fanteria;

condannato a 10 anni di reclusione per autolesionismo.
Tribunale militare del IX corpo d'armata.
Zona di guerra. 16 agosto 1917
(TS, Trib. guerra, b. 76, f. 118/II, sent. 845)
Poco dopo le ore 23 del 5 aprile 1917 nei posti avanzati di "Roccia Caverna" - e dopo l'ispezione passata - si udì suonare il campanello d'allarme del secondo posto di vedetta, in cui stava di servizio il soldato C.P., odierno accusato. Accorreva subito sul luogo il sergente maggiore C.A., il quale trovò il predetto soldato C.P. disteso per terra, vicino allo scudo, ed agitante la mano sinistra ferita per lo scoppio di una bomba di tipo S.I.P.E. [...] Lo stesso sergente C.A. avvertiva il comandante del posto, allora aspirante, oggi sottotenente M.E., il quale insieme con il sergente si recava in loco. Entrambi constatarono: a) che la bomba aveva esploso vicino allo scudo, sul breve tratto di terreno da cui poi, a strapiombo, si scende in un burrone; b) che la bomba esplosa era di tipo S.I.P.E.; c) che la neve vicina allo scudo, e lo scudo stesso erano fortemente annerite per l'avvenuto scoppio della bomba quasi fosse stata posata in quel luogo. Tenuto conto di tali rilievi ebbero, più che il sospetto, la certezza che si trattasse di una esplosione provocata, per autoledersi, dal soldato C.P.: e tale convinzione rafforzavasi per il fatto che il C.P. era rimasto ferito soltanto alla mano sinistra, con la quale normalmente le bombe non si lanciano.

M.C., della provincia di Vicenza, anni 26, tintore, celibe;

F.L., della provincia di Cremona, anni 23, contadino, celibe;

Z.A., della provincia di Padova, anni 32, negoziante, celibe;

C.V., della provincia di Lucca, anni 26, falegname, coniugato senza prole, già condannato per diserzione;

A.L., della provincia di Forlì, anni 25, contadino, celibe;

tutti soldati nell'8° bersaglieri;

condannati i primi tre a 20 anni di reclusione militare per abbandono di posto in presenza del nemico, il quarto alla pena di morte per diserzione in presenza del nemico, il quinto all'ergastolo per diserzione in presenza del nemico con circostanze attenuanti.
Tribunale militare di guerra del I corpo d'armata. 8 maggio 1917.
(TS, Atti diversi, b. fucilazioni A-R, giudizi sommari 1, f. C.)
Il mattino del 19 aprile 1917, i bersaglieri C.V., A.L., M.C., F.L., Z.A., tutti della 7ª compagnia dell'8° bersaglieri, dopo essersi presentati al posto di medicazione in San Blasius, adducendo disturbi di lieve entità per i quali l'ufficio medico non credette il caso di doverli esonerare dai lavori della compagnia adibita alla costruzione della linea difensiva di massima resistenza, Rio Bosco - Pezzovico, immediatamente retrostante alle prime linee, anzichè raggiungere la compagnia medesima e prendere parte ai lavori, si diressero arbitrariamente a Tre Croci, recandosi in un'osteria ove sostarono alquanto e bevvero del vino. Di là i pervenuti, sotto la particolare influenza del C.V., [...] si portarono fino alle prime case di Auronzo, ove però venivano da una pattuglia di carabinieri fermati e fatti ritornare indietro, perchè sprovvisti di documenti giustificativi. Dopo aver trascorsa la notte in una casa abbandonata lungo la strada tra Auronzo e Val Marzon [...] M.C. [...] F.L. e [...] Z.A. profondamente preoccupati e pentiti di quanto avevano fatto, ripresero la via di Tre Croci [...] Il C.V. e l'A.L., invece, fermamente decisi ad abbandonare permanentemente il loro reparto, si diressero verso Cortina, e per poter facilmente eludere la vigilanza dei RR.CC., s'incamminarono per la strada delle Dolomiti, attraversando i paesi di S. Fosca e di Alleghe, fino a che la sera del 23 successivo, sorpresi dai RR.CC. mentre attraversavano la piccola borgata di Masarè si dirigevano verso Belluno, venivano fermati e tratti in arresto.

P.G., della provincia di Milano, anni 23, minatore, celibe, censurato, soldato nel 53° fanteria

condannato alla fucilazione per diserzione in presenza del nemico e alienazione di effetti di corredo militare.
Tribunale militare di guerra del I corpo d'armata.
28 agosto 1917
(TS, Atti diversi, b. fucilazioni A-R, giudizi sommari 1, f. P.)
Dai rapporti, atti e documenti di causa è rimasto assodato in fatto che il 17 maggio 1917 il soldato P.G. arbitrariamente si assentava dalla propria compagnia che era adibita ad esguire dei lavori sulla linea rossa (tratto Col Rosà - Boite) dandosi alla latitanza e venendo arrestato dai CC.RR. il 10 agosto ad Occimiano mentre tentava ancora di sfuggire alle loro ricerche. Nelle surriferite circostanze alienava gli effetti di corredo militare che seco aveva asportato. Al pubblico dibattimento il P.G. con la massima disinvoltura ed in modo disdegnoso ed altero, dichiarò esplicitamente di essersi dato alla latitanza per sottrarsi ai disagi ed ai pericoli della guerra e che era sue ferma volontà di fare tutto il possibile per riuscire ad emigrare pur di non ritornare a far parte dell'esercito e disimpegnare i suoi doverosi e sacrosanti obblighi di soldato italiano. [...] E' risultato dagli atti che il 27 aprile 1917 il P.G. riportava da questo stesso Tribunale una condanna di mesi sei di carcere militare e la rimozione dal grado, essendo egli caporale, per i reati di invettiva ingiuriosa in pubblico e di insubordinazione con insulti verso ufficiali assenti, in presenza di militari [...] Per la gravità delle circostanze dei fatti stessi e non potendosi ammettere in suo favore concorso alcuno di circostanze attenuanti devesi applicare senz'altro la pena capitale che la legge commina.

Gruppo di 25 graduati e soldati del 3° alpini;

condannati a pene varianti tra i 6 mesi e i 20 anni di reclusione militare per rivolta.
Tribunale militare di guerra dell'Intendenza della IV armata.
Belluno, 10 luglio 1917.
(TS, Trib. guerra, b. 25, f. 28, sent. 1508)
Verso le ore 19 del 14 giugno u.s., giunse inatteso al capitano C., comandante del 5° battaglione del 3° alpini di marcia accantonato in Cavaso, l'ordine di far partire i complementi. [...] Non una protesta, non una espressione di disappunto vi fu da parte dei militari destinati a raggiungere le trincee. [...] Senonchè alle ore 11 circa il sottotenente A. gli riferì che vari soldati, approfittando della disposizione delle camerate destinate ad uso dormitorio prospicenti la via pubblica e uscendo dalle molte ed ampie finestre poco alte da terra, erano scappati presso l'osteria di certi S. posta di rimpetto, nel mentre la figlia dell'oste sporgeva vini e liquori attraverso alle finestre ai soldati che erano ancora rimasti nelle camerate. [...] Il capitano vi accorse. Trovò i soldati chi più, chi meno ubriachi. Niuno però gli resistette. L'esercizio S. fu chiuso, la casa F. venne sfollata, e gli alpini seguirono rispettosamente il loro comandante che li riaccompagnò agli accantonamenti. Ma qui un primo episodio dava l'inizio al succedersi cronologico di gravi avvenimenti. [...] Il capitano riprese il cammino, ma fatti pochi passi fu colpito alla nuca da una tegola di cemento vibrata con violenza [...]. Ad un certo momento anche il tenente L. fu colpito non gravemente da un sasso al capo da un militare che non si riconobbe e che fuggì. Dal tocco all'alba, ad intervalli, le fucilate crepitarono dalle camerate, dagli accantonamenti, sulle vie e nella campagna del piccolo villaggio, nel mentre dai gruppi di soldati si elevavano le proteste rumorose, le invocazioni della cinquina, delle cartoline, delle licenze.