Azione italiana di Val Costeana
15-20 Luglio 1915
Dopo gli scarsi effetti dei primi sforzi offensivi, il comando del IX Corpo d'Armata si orientò
verso il sistematico martellamento della linea austriaca, non disdegnando qua e là qualche piccola
azione di sorpresa. "La necessità di assicurarsi il possesso di posizioni apparentemente
imprendibili costrinse gli austriaci a rimanere su vette vertiginose, in condizioni climatiche
avverse, evidenziando uno spirito d'adattamento sino ad allora impensabile. Infine l'impossibilità
di sviluppare azioni di massa, costrinse l'attaccante ad accontentarsi di realizzare la conquista
di obiettivi minori impiegando sovente accorgimenti tattici derivanti dalla pratica alpinistica
[...]" (L. Viazzi)
Il 13 luglio un plotone della 5ª/45° occupò uno spuntone di roccia (q. 2.509) ad est di Cima
Falzarego.
Tre il 15 ed il 20 luglio il IX Corpo d'Armata spinse a fondo le operazioni intraprese
contro il Col di Lana e le Tofane disponendo le forze d'attacco su 5 gruppi. La narrazione che
segue è riferita solo ai gruppi operanti in zona.
Il 3° gruppo era composto dal II/45° (magg. Rossero) e del III/46° (magg. Piano) ed era affidato
al col. Luparini; questi mantenne le truppe a contatto con le difese austriache di Valparola ma
senza portarle allo scontro, infatti attendeva l'esito dell'azione sul Col dei Bos in direzione
Val Travenanzes. Questa era affidata al 4° gruppo (col. Arrighi), composto dal
Belluno (cap.
Gregori) e dal III/45° (magg.
Ottina), cui si unì il Val Chisone nella sera del
15 luglio.
Il piano prevedeva per il giorno seguente l'attacco del Val Chisone contro Val Travenanzes, mentre il Belluno da q. 2.509 doveva puntare su Cima Falzarego ed una compagnia del II/45° (?) contro Forcella Travenanzes. Ma il valico del Col dei Bos era battuto da ogni parte dai tiratori e fu impossibile proseguire in quella direzione.
Il 19 luglio il s.ten. Grimm (I Jäger) dall'alto del Castelletto con la sua "pattuglia alla forcella di Rozes" sparò contro gli italiani (una squadra della 10ª/45°) causando notevoli perdite. "Al mattino sorprendemmo e colpimmo con grande efficacia l'accampamento italiano più vicino alle nostre postazioni, al punto che dovette essere sgombrato. Decidemmo quindi, nonostante il fuoco di artiglieria, di proseguire nell'azione di disturbo finchè le nostre forze ce lo avrebbero permesso. Le perdite complessive inflitte al nemico tra mezzogiorno e le ore 7 pomeridiane da me personalmente e dal sergente Xaver Witsch con il solo fuoco dei nostri fucili muniti di cannocchiale, fu di almeno un centinaio di uomini e parecchi muli. Ostacolammo inoltre l'afflusso di viveri, materiali e munizioni, e lo sgombero di altri tre accampamenti. Dobbiamo questo successo oltre alla grande precisione dei fucili di cui disponevamo e alla limitata distanza, da quattro a seicento metri, soprattutto all'eccellente posizione ben sopraelevata sopra una delle guglie del Castelletto. Vorrei ancora ricordare che il posto avanzato di avvistamento del nemico, costituito da sei uomini, è stato completamente annientato."
Da parte italiana, uno dei caduti fu il soldato Cesare Valentini; la sua morte venne descritta da un commilitone in una splendida lettera.
Nonostante tutto, gli italiani non abbandonarono le posizioni, che vennero invece occultate alla vista; gli avamposti furono portati 100 metri più avanti, nascosti dietro i sassi dell'alta Val Travenanzes.
Dopo il 12 luglio continuarono ad arrivare rinforzi austro-tedeschi, tanto che per la fine di luglio le forze in zona erano:
- tutto il I Jäger (4 compagnie e molte mitragliatrici);
- la 2ª e la 3ª del 165° Landstürm;
- la Gendarmerie Assistanz di Cortina;
- un reparto di zappatori austriaci;
- 4 cannoni da montagna ungheresi sul Lagazuoi, cui se ne aggiunsero altri sette (di cui quattro tedeschi) e due mortai da 240 vicino a Malga Valparola.
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