Non c'è nessuno sull'Anticima

di Luis Trenker

- Prendi due uomini e scendi da me. Non dimenticare di mettere nel sacco le pedule.
- Con questo tempo da cani, signor capitano?
- Proprio il tempo che ci vuole, per una ricognizione!
Mentre s'infila gli scarponi da montagna, la giacca a vento e i guanti di lana appena asciutti, mille supposizioni gli salgono alla mente ... Una pattuglia?... Con un tempo simile?... Gli italiani preparano forse qualche sorpresa per quella notte? I tre uomini lasciano, con un po' di rammarico, il calduccio del loro rifugio e cominciano a scendere affondando fino al ginocchio nella neve. Le sagome nere delle Cime di Fanis si ergevano minacciose nel ciclo cupo, al di sopra dei nevai fluorescenti pel riverbero notturno. Un vento gelido ululava fra le gole della montagna e la tempesta spegneva continuamente la loro lanterna, ma come Dio volle giunsero al comando di compagnia.
- Ah, siete qui finalmente! Ecco di che si tratta: tu Trenker ti arrampicherai sulla Vorkuppe. Da qualche giorno abbiamo notato l'apertura di una caverna che non avevamo mai visto prima. Devi vedere di cosa si tratta. Da qualche giorno, lassù c'è una calma che non mi convince proprio. Il tempo è favorevole!
- Ma non si vede a due passi, signor capitano!
- Meglio, così non sarete né visti né sentiti e... domani potrete dormire tutto il giorno!
- Signorsì capitano!
Bevvero una tazza di té caldo e poi raggiunsero immediatamente le trincee. Di là scalarono una parete di roccia sino a raggiungere la sentinella più avanzata. Trenker fece qualche raccomandazione alla vedetta:
- Anche se vedi muoversi qualcosa non sparate, soprattutto quando saremo noi di ritorno.
- Va bene disse la guardia, tutta imbacuccata nel cappottone di pelo d'agnello e con la testa avvoltolata in un passamontagna che lasciava fuori solo gli occhi e molte volte neppure quelli.

La tempesta faceva volare la neve in grossi fiocchi fin sopra le cime. Il ticchettio di qualche mitragliatrice mescolava il suo gracidare monotono con le urla del vento. Il terreno era pericoloso, sulla sinistra la parete scendeva a picco. La neve era fresca e farinosa, alta più di un metro: Trenker vi si distese sopra e, trattenuto dalla corda del suo compagno, avanzava metro su metro, come se stesse nuotando. Continue scariche di mitraglia lo obbligavano a tenere la testa bassa nella neve: i suoi occhi, ben presto, rimasero come accecati dalla nebbia, dal turbinare della tormenta e dal freddo che gli formava ghiaccioli intorno alla bocca, al naso e alle palpebre. Era appena in grado di distinguere la sottile cresta disegnata dei sacchetti di sabbia davanti alla posizione italiana. L'apertura sospetta doveva trovarsi sulla sinistra. Quella che i tedeschi chiamavano Vorkuppe non era altro che la quota 2.668, l'Anticima del Piccolo Lagazuoi. Avanzavano ora molto lentamente, battendo i denti per il freddo e l'emozione. Ogni tanto si dovevano fermare immobili nella neve per non tradire la loro presenza. Erano circa le tre del mattino del 4 novembre. La mitragliatrice che sparava sulla loro sinistra tacque improvvisamente e loro continuarono ad avanzare, nel più assoluto silenzio. Trenker pensò che lo avessero scoperto e stessero tendendogli un tranello. Rimasero fermi per un'interminabile ora, trattenendo il respiro, distesi contro i reticolati. Bisognava decidersi. Trenker, trattenuto dalla corda, si calò sino a raggiungere il "buco" sospetto. Sembrava vuoto, cosa succedeva? La curiosità e lo stupore lo spinsero ad agire. Si mise dietro un riparo e lanciò una bomba a mano nell'oscurità della caverna. Nessun grido, nessuna voce rispose, solo il fragore dell'esplosione. I due balzarono in piedi ed entrarono nella caverna, arrampicandosi poi sino alla postazione della mitraglia che venne trovata deserta. Ecco perché non s'era sparato neppure un colpo mentre, fino a due ore prima, l'intera spianata nevosa era battuta dall'intenso fuoco di alcune mitragliatrici. Trenker, tuttavia, non si sentiva molto tranquillo, raccolse di furia alcuni cappelli alpini probabilmente dimenticati e rientrò in fretta, impiegando appena un decimo del tempo che gli era occorso per salire. Ma a un tratto, la fiammata di un colpo di fucile brillò dritta davanti a Trenker, seguita un secondo dopo dal rumore secco della detonazione. Il tiratore si trovava a quindici metri di distanza e sparava contro quell'ombra che scivolava veloce sulla neve. Tutto era successo con terribile rapidità. Trenker, spaventato, gridò con tutte le sue forze:
- Fermati idiota, non sparare, siamo noi!
Per fortuna, la sentinella si rese conto della situazione e sospese il tiro. Era un ungherese che non capiva il tedesco, più spaventato di loro che, imprudentemente, si erano messi a correre senza farsi prima riconoscere. Andarono subito dal capitano, che dormiva ancora: erano le cinque del mattino.
- Signor capitano, la posizione italiana è deserta.
- Sei pazzo?
- Possiamo tranquillamente andare a passeggio fin là; gli italiani questa notte hanno evacuato la Vorkuppe.
Due ore dopo, la posizione veniva rioccupata dagli austriaci.