Alfieri Silvio
Sottotenente
91° Brigata Basilicata
Nato il 7 novembre 1893 ad Ancona
Morto il 24 giugno 1918 a Bligny (FRA)
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Comandante di plotone destinato a tagliare i reticolati, si portò, con slancio e coraggio,
sotto di essi, rimanendo ferito.
Valle di Sexten, 6 settembre 1915
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Figlio di Antonio Alfieri, Silvio nasce ad Ancona il 7 novembre del 1893. Cresciuto a Milano,
in Via Mario Pagano al n. 38, frequenta dopo il Diploma la Scuola Militare di Modena uscendone
col grado di sottotenente destinato al 91° reggimento di Fanteria. Inviato al confine fin
dall’inizio della guerra, nella Valle di Sexten durante un’azione alla testa del suo plotone
rimane ferito meritando una Medaglia di Bronzo al Valore.
In “Montepiana” Nazzareno Meneghetti descrive puntualmente gli avvenimenti esprimendo anche
il suo giudizio sul giovane sotttenente Alfieri: «[...] il III battaglione del 55° giunse
alla Cresta di Vallorea [...]. Giunti alla piccola baita scoperchiata che, unico puto di riferimento,
sorgeva sulla parete comune allo Schöntalhöhe e all’Eisenreich, i comandanti di Compagnia del
III tennero consiglio; indi ognuna di esse, nella voluta formazione, punt? sulla quota assegnatale.
[...] Tutta la 10ª Compagnia e il plotone della 9ª comandato dal sottotenente Silvio Alfieri e le
teste di colonna dell’11ª e della 12ª trovandosi più degli altri reparti, a diretto contatto col nemico,
improvvisarono con le palette appostamenti, dai quali sparando non solo frustrarono i ripetuti
tentativi dell’avversario di uscir fuori dai ripari per trarli in prigionia, ma anche protessero
il ripiegamento dei battaglioni laterali, trattenendo i nemici in modo che non poterono uscire
all’inseguimento. [...] La 10ª e il plotone del sottotenente Alfieri avevano sofferto metà delle
perdite complessive di tutto il Reggimento. Fra gli altri rest? ferito assai gravemente
all’articolazione del braccio destro anche Alfieri, giovane d’intelligenza alacre e sobria ad un
tempo, di sentimento patrio elevatissimo, di spirito di sacrificio forte, che era venuto direttamente
dalla scuola di Modena al fronte. Qui fu da prima bersaglio a qualche fizzo dei colleghi, perché sotto
la tenda e perfino in trincea spendeva ore ed ore nelle mondezze della persona, uscendo poi dalla buca
terrosa o fangosa e peduncolosa pettinato e attillato e mondo come un damerino. [...] Ma ben presto
si fece apprezzare e ben volere da tutti. Prima dell’azione di Lavaredo ebbe notizia da Milano che sua
madre era in fin di vita. Non fu possibile accordargli una licenza per andarla a baciare prima che
morisse. Chi gli fu vicino in quei giorni, durante il combattimento, ricorda com’egli compresse nel
cuore il suo dolore, quante volte si morse a sangue le labbra perché non ne uscisse un lamento! Allo
Schöntalhöhe salv? col suo plotone l’onore della Compagnia. Entrato in luogo di cura, non attese di
essere guarito del tutto per tornar al fronte.»
Infatti, dopo 10 mesi di ospedale, benché dichiarato inabile alle fatiche di guerra, il sottotenente
Alfieri insiste ed ottiene di tornare a combattere, passando in forza al 228° reggimento della neo
costituita Brigata «Rovigo». Durante la IX battaglia dell’Isonzo, nella zona collinosa ad oriente di
Gorizia, nonostante l'accanita resistenza dell'avversario e le gravi difficoltà del terreno
impaludato da recenti piogge, i fanti avanzano sotto il fuoco nemico affondando nel pantano. Sulle
alture a sud-est di Sober il tenente Alfieri viene nuovamente ferito meritando una Medaglia d’Argento
in quanto: “Si portava per quindici notti consecutive sotto i reticolati nemici, fornendo preziose
informazioni sulle difese avversarie. Nel giorno dell’attacco irrompeva nelle trincee primo fra tutti,
e raggiungeva le posizioni nemiche seguito dai suoi, che egli incitava con la parola, sotto violento
ed ininterrotto fuoco. Nella notte successiva, con slancio e in lotta corpo a corpo, conquistava alcuni
elementi della trincea e si manteneva per ventiquattro ore resistendo a furiosi contrattacchi. In tutte
le gravi e pericolose fasi della lotta, dava prova di mirabile valore personale, di intelligenza,
saggezza e sprezzo del pericolo”. Sober, 1, 2 novembre 1916.
Continua il racconto di Meneghetti: «Di nuovo ferito, più
gravemente, fu dichiarato inabile alle fatiche. Quelli che lo conobbero da vicino possono asserire che
egli sofferse più per la forzata lontananza dalla lotta che per l’infermità derivatagli dalle ferite.»
Alfieri ritorna infatti a combattere uscendo dall’ospedale ancora sofferente ed i fatti di Caporetto
lo trovano convalescente per una terza ferita, ma pretende di tornare di nuovo in linea coi suoi soldati.
Ancora Meneghetti, che riferisce le circostanze della morte:
«Nell’ora grigia di Caporetto preg?, come un amante, di rientrare nel roveto ardente e volle comandare
una compagnia d’assalto [Col grado di capitano, ottenuto per meriti di guerra, gli venne affidata una
compagnia del 36° reggimento di Fanteria]. Fu mandato in Francia col II Corpo d’Armata del generale Albricci
e cadde da eroe sulla Montagna di Reims, presso le sorgenti dell’Ardre, il 24 giugno 1918, contrattaccando
i tedeschi di von Bellow (quello stesso di Caporetto) penetrati nel Bois de Courton. Da queste brevi linee
qualcuno potrebbe fingerlo impulsivo o temerario, mentre si pu? affermare ch’era molto più serio e riflessivo
e prudente di quel che comportassero i suoi giovani anni.»
Il capitano Silvio Alfieri sarà insignito della Military Cross inglese per meriti distinti e di una seconda
Medaglia d’Argento alla memoria quale: “Intrepido ufficiale, esempio delle più belle virtù militari, sotto
il violento bombardamento nemico, conservava tutta intera la sua calma e la infondeva nei suoi uomini.
Cadeva poche ore dopo colpito a morte fra i suoi «arditi» ch’egli idolatrava e dai quali era idrolatrato per
il suo valore.” Montagne de Bligny (Reims) 23-24 giugno 1918
La salma del capitano Alfieri viene sepolta a Champillon (Marne) presso Espernay.
Il cap. Alfieri pochi giorni prima della morte
Onori resi alla salma del capitano Silvio Alfieri dai suoi “Arditi” a Champillon
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Nato il 7 novembre 1893 ad Ancona
Morto il 24 giugno 1918 a Bligny (FRA)
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Comandante di plotone destinato a tagliare i reticolati, si portò, con slancio e coraggio, sotto di essi, rimanendo ferito.Valle di Sexten, 6 settembre 1915
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Figlio di Antonio Alfieri, Silvio nasce ad Ancona il 7 novembre del 1893. Cresciuto a Milano,
in Via Mario Pagano al n. 38, frequenta dopo il Diploma la Scuola Militare di Modena uscendone
col grado di sottotenente destinato al 91° reggimento di Fanteria. Inviato al confine fin
dall’inizio della guerra, nella Valle di Sexten durante un’azione alla testa del suo plotone
rimane ferito meritando una Medaglia di Bronzo al Valore.
In “Montepiana” Nazzareno Meneghetti descrive puntualmente gli avvenimenti esprimendo anche
il suo giudizio sul giovane sotttenente Alfieri: «[...] il III battaglione del 55° giunse
alla Cresta di Vallorea [...]. Giunti alla piccola baita scoperchiata che, unico puto di riferimento,
sorgeva sulla parete comune allo Schöntalhöhe e all’Eisenreich, i comandanti di Compagnia del
III tennero consiglio; indi ognuna di esse, nella voluta formazione, punt? sulla quota assegnatale.
[...] Tutta la 10ª Compagnia e il plotone della 9ª comandato dal sottotenente Silvio Alfieri e le
teste di colonna dell’11ª e della 12ª trovandosi più degli altri reparti, a diretto contatto col nemico,
improvvisarono con le palette appostamenti, dai quali sparando non solo frustrarono i ripetuti
tentativi dell’avversario di uscir fuori dai ripari per trarli in prigionia, ma anche protessero
il ripiegamento dei battaglioni laterali, trattenendo i nemici in modo che non poterono uscire
all’inseguimento. [...] La 10ª e il plotone del sottotenente Alfieri avevano sofferto metà delle
perdite complessive di tutto il Reggimento. Fra gli altri rest? ferito assai gravemente
all’articolazione del braccio destro anche Alfieri, giovane d’intelligenza alacre e sobria ad un
tempo, di sentimento patrio elevatissimo, di spirito di sacrificio forte, che era venuto direttamente
dalla scuola di Modena al fronte. Qui fu da prima bersaglio a qualche fizzo dei colleghi, perché sotto
la tenda e perfino in trincea spendeva ore ed ore nelle mondezze della persona, uscendo poi dalla buca
terrosa o fangosa e peduncolosa pettinato e attillato e mondo come un damerino. [...] Ma ben presto
si fece apprezzare e ben volere da tutti. Prima dell’azione di Lavaredo ebbe notizia da Milano che sua
madre era in fin di vita. Non fu possibile accordargli una licenza per andarla a baciare prima che
morisse. Chi gli fu vicino in quei giorni, durante il combattimento, ricorda com’egli compresse nel
cuore il suo dolore, quante volte si morse a sangue le labbra perché non ne uscisse un lamento! Allo
Schöntalhöhe salv? col suo plotone l’onore della Compagnia. Entrato in luogo di cura, non attese di
essere guarito del tutto per tornar al fronte.»
Infatti, dopo 10 mesi di ospedale, benché dichiarato inabile alle fatiche di guerra, il sottotenente
Alfieri insiste ed ottiene di tornare a combattere, passando in forza al 228° reggimento della neo
costituita Brigata «Rovigo». Durante la IX battaglia dell’Isonzo, nella zona collinosa ad oriente di
Gorizia, nonostante l'accanita resistenza dell'avversario e le gravi difficoltà del terreno
impaludato da recenti piogge, i fanti avanzano sotto il fuoco nemico affondando nel pantano. Sulle
alture a sud-est di Sober il tenente Alfieri viene nuovamente ferito meritando una Medaglia d’Argento
in quanto: “Si portava per quindici notti consecutive sotto i reticolati nemici, fornendo preziose
informazioni sulle difese avversarie. Nel giorno dell’attacco irrompeva nelle trincee primo fra tutti,
e raggiungeva le posizioni nemiche seguito dai suoi, che egli incitava con la parola, sotto violento
ed ininterrotto fuoco. Nella notte successiva, con slancio e in lotta corpo a corpo, conquistava alcuni
elementi della trincea e si manteneva per ventiquattro ore resistendo a furiosi contrattacchi. In tutte
le gravi e pericolose fasi della lotta, dava prova di mirabile valore personale, di intelligenza,
saggezza e sprezzo del pericolo”. Sober, 1, 2 novembre 1916.
Continua il racconto di Meneghetti: «Di nuovo ferito, più
gravemente, fu dichiarato inabile alle fatiche. Quelli che lo conobbero da vicino possono asserire che
egli sofferse più per la forzata lontananza dalla lotta che per l’infermità derivatagli dalle ferite.»
Alfieri ritorna infatti a combattere uscendo dall’ospedale ancora sofferente ed i fatti di Caporetto
lo trovano convalescente per una terza ferita, ma pretende di tornare di nuovo in linea coi suoi soldati.
Ancora Meneghetti, che riferisce le circostanze della morte:
«Nell’ora grigia di Caporetto preg?, come un amante, di rientrare nel roveto ardente e volle comandare
una compagnia d’assalto [Col grado di capitano, ottenuto per meriti di guerra, gli venne affidata una
compagnia del 36° reggimento di Fanteria]. Fu mandato in Francia col II Corpo d’Armata del generale Albricci
e cadde da eroe sulla Montagna di Reims, presso le sorgenti dell’Ardre, il 24 giugno 1918, contrattaccando
i tedeschi di von Bellow (quello stesso di Caporetto) penetrati nel Bois de Courton. Da queste brevi linee
qualcuno potrebbe fingerlo impulsivo o temerario, mentre si pu? affermare ch’era molto più serio e riflessivo
e prudente di quel che comportassero i suoi giovani anni.»
Il capitano Silvio Alfieri sarà insignito della Military Cross inglese per meriti distinti e di una seconda
Medaglia d’Argento alla memoria quale: “Intrepido ufficiale, esempio delle più belle virtù militari, sotto
il violento bombardamento nemico, conservava tutta intera la sua calma e la infondeva nei suoi uomini.
Cadeva poche ore dopo colpito a morte fra i suoi «arditi» ch’egli idolatrava e dai quali era idrolatrato per
il suo valore.” Montagne de Bligny (Reims) 23-24 giugno 1918
La salma del capitano Alfieri viene sepolta a Champillon (Marne) presso Espernay.
Il cap. Alfieri pochi giorni prima della morte
Onori resi alla salma del capitano Silvio Alfieri dai suoi “Arditi” a Champillon