Alloatti Mario
Sottotenente
24° Brigata Como
Nato il 29 marzo 1889 a Torino
Morto il 3 giugno 1917 ad Udine
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Durante un violento attacco nemico comandò il suo reparto con sereno ardimento, e, sebbene ferito
ad entrambe le gambe, conservò il suo comando fino a che sfinito fu trasportato all'ospedale
da campo. Già distintosi per valore in precedenti azioni.
Monte Cristallo, 19 agosto 1915
Note biografiche (Archivio Danilo Morell)
Mario nacque a Torino il 29 marzo 1889.
Studiò fino a diventare consigliere aggiunto di prefettura.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale partì per il fronte del Cadore quale sottotenente nel
24° reggimento fanteria brigata Como. Il 19 agosto 1915 verrà ferito ad entrambe le gambe durante
un attacco austro-ungarico sul monte Cristallo e si meriterà la medaglia d’argento al valor
militare. Durante il corso della guerra verrà promosso fino al grado di capitano e sarà inviato a
Brescia per frequentare il corso di mitragliere. Prenderà poi il comando della 613ª compagnia
mitragliatrici Fiat. Raggiungerà i baraccamenti di Subida, sul Carso, per poi passare alle
dipendenze della brigata Taranto. Mario prenderà posizione con la sua compagnia mitragliatrici sul
monte San Marco.
Il 17 maggio 1917 durante i combattimenti per la conquista della quota 200 e di Dosso del Palo,
sul Monte San Marco, Mario verrà ferito in più parti del corpo.
Verrà trasportato all’ospedaletto da campo per poi essere inviato a Udine dove si spense il 3
giugno 1917. Queste le parole pronunziate dall’allora sottotenente della 613ª compagnia
mitragliatrici, Martinola Mario, nel dare l’estremo saluto alla salma del collega compianto:
"Per onorare la salma d’un valoroso, d’un buono, del capitano Mario Alloatti, siamo qui
convenuti in ben mesto pellegrinaggio, coll’animo affranto ed afflitto da viva commozione,
commozione nota pur troppo a quanti hanno la triste ventura di dolorare per la perdita di persona
carissima. Quelli che avvicinarono e conobbero l’avvocato Mario Alloatti dovettero apprezzarne le
squisite sue doti di animo e di cuore: la di lui attività e la di lui non comune intelligenza non
furono mai disgiunte in qualsiasi circostanza dal senso pratico della vita, dalla innata finezza
del suo carattere e da quella grande esperienza a lui derivante dalla propria personale cultura,
creatasi sia coll’amore alla professione prescelta, sia coll’amore agli studi in genere. Tali sue
doti vennero da lui messe a profitto di chiunque, senza ostentazione, bensì con rara ed invidiabile
modestia. Anche nella vita militare tutte queste virtù rifulsero sempre nel maggiore e miglior
grado; il più alto sentimento del dovere, la serenità dell’animo, il disprezzo di ogni pericolo, il
vivo desiderio che i suoi dipendenti non risultassero mai inferiori al compito a lui affidato dai
propri superiori, e sovrattutto la nobiltà dell’esempio, essendo sempre primo in ogni frangente ...
queste furono sempre le direttive dell’opera spiegata dal valoroso capitano Mario Alloatti. E per
soddisfare a tali debiti di coscienza, il capitano Alloatti pagò di sua vita, come pagarono di loro
vita tutti quei valorosi che ebbero la coscienza del grado non disgiunta da quella del dovere!
Visse sempre col soldato e pel soldato! A Novara dagli amici del 24° regg. Fanteria sentii parlare
con vero entusiasmo del capitano Alloatti: mi raccontarono il primo grave episodio della sua vita
di guerra: il 19 agosto 1915 fu ferito – e gravemente ferito – ad ambe le coscie, sul Monte
Cristallo e, pur di mantener vivo nei suoi soldati l’entusiasmo della conquista, rimase al suo
posto per oltre 14 ore, e solo quando la sua permanenza lassù a nulla più serviva, solo allora si
lasciò trasportare al posto di medicazione. Lo conobbi il 31 dicembre scorso, quando venne
costituita la compagnia destinata a recarsi a Brescia per il corso di mitragliere: fu lui che col
grado di capitano ne assunse il comando. Da quel giorno fino al 17 dello scorso maggio, tra lui e
noi tutti la distinzione del grado esitette solo per ragioni di servizio; in ogni altro momento la
613ª compagnia mitraglieri aveva la vera somiglianza d’una grande Famiglia; nei suoi componenti
era una sola preoccupazione, quella di non offuscare in alcun modo, per quanto lieve, la serenità
dell’ambiente creata dalla volontà, dall’esempio e dall’animo generoso e cordiale del suo capo.
Nei turni di trincea stette sempre coi suoi soldati, e coi suoi soldati rimase sempre anche nei
giorni di azione. Lo ricordo ancora vicino a me, in mezzo alle mie due armi: stava colla rivoltella
nella mano destra ed impugnava colla sinistra una baionetta: lo vedo fiero, sereno e minaccioso:
lo rivedo durante il grave attacco e nell’attesa fors’anche della lotta corpo a corpo: nulla lo
dissuade a lasciar quel posto: aveva capito che la tempesta maggiormente infuriava a quel posto, e
di là egli non doveva dipartirsi. Varie furono le ferite da lui riportate: lo vedo piegarsi su sé
stesso e ripetere le parole 'Povero Martinola!' Lo persuasi a scendere al posto di medicazione:
accolse me ed i soldati che mi circondavano con uno sguardo amoroso e, senza che alcuno – per di
lui insistente volontà – lo accompagnasse, iniziò la dolorosa via crucis che gli schiuse le porte
del Paradiso la mattina del 3 giugno fra le braccia ed il pianto dei suoi eletti genitori!
A te, carissimo Mario, che vivi certo nel regno dei Cieli facendo sorgere, anche su te, la palma
del martirio per la nostra più grande Italia. A te, che sei vissuto sempre onesto nel senso più
puro della parola, e che come soldato devi essere ritenuto un eroe non d’occasione, ma per aver
posto come simbolo della tua vita il motto 'frangar, non flectar'.
A te, che, assunto alla massima estimazione di quanti ti conobbero e come uomo e come soldato,
lasci oggi ai tuoi poveri genitori l’unico, ma grande conforto di tale estimazione; A te oggi, qui
reverente dinanzi alla nobile tua bara, a mezzo mio, la 613ª compagnia mitraglieri ti porge
l’estremo saluto assumendo un pegno d’onore, quello di vendicarti!
Voglia il destino che sia a noi possibile sciogliere questo pegno e scioglierlo nel modo più
eletto! La tua bell’anima ci guidi di Lassù, e sia per noi la buona stella nelle imprese che dai
nostri Comandi ci saranno affidate!
A te sia lieve il riposo a cui volontà suprema ti trasse: noi, oggi e sempre, ti ricorderemo e ti
sapremo onorare nel modo che ben meriti per la tua onestà e pel tuo valore!
Vale!
Udine, 5 giugno 1917 – M. Martinola"
Un altro testimone oculare così lascerà scritto:
“Durante un intensissimo bombardamento ed un furioso contrattacco, sebbene ferito alla testa
ed al lato destro del petto, rimaneva al posto di Comando sino ad attacco respinto. La compagnia si
meritò l’elogio del Generale comandante la Brigata, il quale baciò il Capitano prima che questi
lasciasse la sua compagnia. La sua altezza d’animo è dimostrata anche dal fatto seguente: Mentre lo
si trasportava dalle alture soprastanti Gorizia, ordinava, quantunque sofferente, di fermarsi per
lasciar transitare altri feriti, corvèe, i rincalzi ecc ecc ...”.
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Nato il 29 marzo 1889 a Torino
Morto il 3 giugno 1917 ad Udine
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Durante un violento attacco nemico comandò il suo reparto con sereno ardimento, e, sebbene ferito ad entrambe le gambe, conservò il suo comando fino a che sfinito fu trasportato all'ospedale da campo. Già distintosi per valore in precedenti azioni.Monte Cristallo, 19 agosto 1915
Note biografiche (Archivio Danilo Morell)
Mario nacque a Torino il 29 marzo 1889.
Studiò fino a diventare consigliere aggiunto di prefettura.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale partì per il fronte del Cadore quale sottotenente nel
24° reggimento fanteria brigata Como. Il 19 agosto 1915 verrà ferito ad entrambe le gambe durante
un attacco austro-ungarico sul monte Cristallo e si meriterà la medaglia d’argento al valor
militare. Durante il corso della guerra verrà promosso fino al grado di capitano e sarà inviato a
Brescia per frequentare il corso di mitragliere. Prenderà poi il comando della 613ª compagnia
mitragliatrici Fiat. Raggiungerà i baraccamenti di Subida, sul Carso, per poi passare alle
dipendenze della brigata Taranto. Mario prenderà posizione con la sua compagnia mitragliatrici sul
monte San Marco.
Il 17 maggio 1917 durante i combattimenti per la conquista della quota 200 e di Dosso del Palo,
sul Monte San Marco, Mario verrà ferito in più parti del corpo.
Verrà trasportato all’ospedaletto da campo per poi essere inviato a Udine dove si spense il 3
giugno 1917. Queste le parole pronunziate dall’allora sottotenente della 613ª compagnia
mitragliatrici, Martinola Mario, nel dare l’estremo saluto alla salma del collega compianto:
"Per onorare la salma d’un valoroso, d’un buono, del capitano Mario Alloatti, siamo qui
convenuti in ben mesto pellegrinaggio, coll’animo affranto ed afflitto da viva commozione,
commozione nota pur troppo a quanti hanno la triste ventura di dolorare per la perdita di persona
carissima. Quelli che avvicinarono e conobbero l’avvocato Mario Alloatti dovettero apprezzarne le
squisite sue doti di animo e di cuore: la di lui attività e la di lui non comune intelligenza non
furono mai disgiunte in qualsiasi circostanza dal senso pratico della vita, dalla innata finezza
del suo carattere e da quella grande esperienza a lui derivante dalla propria personale cultura,
creatasi sia coll’amore alla professione prescelta, sia coll’amore agli studi in genere. Tali sue
doti vennero da lui messe a profitto di chiunque, senza ostentazione, bensì con rara ed invidiabile
modestia. Anche nella vita militare tutte queste virtù rifulsero sempre nel maggiore e miglior
grado; il più alto sentimento del dovere, la serenità dell’animo, il disprezzo di ogni pericolo, il
vivo desiderio che i suoi dipendenti non risultassero mai inferiori al compito a lui affidato dai
propri superiori, e sovrattutto la nobiltà dell’esempio, essendo sempre primo in ogni frangente ...
queste furono sempre le direttive dell’opera spiegata dal valoroso capitano Mario Alloatti. E per
soddisfare a tali debiti di coscienza, il capitano Alloatti pagò di sua vita, come pagarono di loro
vita tutti quei valorosi che ebbero la coscienza del grado non disgiunta da quella del dovere!
Visse sempre col soldato e pel soldato! A Novara dagli amici del 24° regg. Fanteria sentii parlare
con vero entusiasmo del capitano Alloatti: mi raccontarono il primo grave episodio della sua vita
di guerra: il 19 agosto 1915 fu ferito – e gravemente ferito – ad ambe le coscie, sul Monte
Cristallo e, pur di mantener vivo nei suoi soldati l’entusiasmo della conquista, rimase al suo
posto per oltre 14 ore, e solo quando la sua permanenza lassù a nulla più serviva, solo allora si
lasciò trasportare al posto di medicazione. Lo conobbi il 31 dicembre scorso, quando venne
costituita la compagnia destinata a recarsi a Brescia per il corso di mitragliere: fu lui che col
grado di capitano ne assunse il comando. Da quel giorno fino al 17 dello scorso maggio, tra lui e
noi tutti la distinzione del grado esitette solo per ragioni di servizio; in ogni altro momento la
613ª compagnia mitraglieri aveva la vera somiglianza d’una grande Famiglia; nei suoi componenti
era una sola preoccupazione, quella di non offuscare in alcun modo, per quanto lieve, la serenità
dell’ambiente creata dalla volontà, dall’esempio e dall’animo generoso e cordiale del suo capo.
Nei turni di trincea stette sempre coi suoi soldati, e coi suoi soldati rimase sempre anche nei
giorni di azione. Lo ricordo ancora vicino a me, in mezzo alle mie due armi: stava colla rivoltella
nella mano destra ed impugnava colla sinistra una baionetta: lo vedo fiero, sereno e minaccioso:
lo rivedo durante il grave attacco e nell’attesa fors’anche della lotta corpo a corpo: nulla lo
dissuade a lasciar quel posto: aveva capito che la tempesta maggiormente infuriava a quel posto, e
di là egli non doveva dipartirsi. Varie furono le ferite da lui riportate: lo vedo piegarsi su sé
stesso e ripetere le parole 'Povero Martinola!' Lo persuasi a scendere al posto di medicazione:
accolse me ed i soldati che mi circondavano con uno sguardo amoroso e, senza che alcuno – per di
lui insistente volontà – lo accompagnasse, iniziò la dolorosa via crucis che gli schiuse le porte
del Paradiso la mattina del 3 giugno fra le braccia ed il pianto dei suoi eletti genitori!
A te, carissimo Mario, che vivi certo nel regno dei Cieli facendo sorgere, anche su te, la palma
del martirio per la nostra più grande Italia. A te, che sei vissuto sempre onesto nel senso più
puro della parola, e che come soldato devi essere ritenuto un eroe non d’occasione, ma per aver
posto come simbolo della tua vita il motto 'frangar, non flectar'.
A te, che, assunto alla massima estimazione di quanti ti conobbero e come uomo e come soldato,
lasci oggi ai tuoi poveri genitori l’unico, ma grande conforto di tale estimazione; A te oggi, qui
reverente dinanzi alla nobile tua bara, a mezzo mio, la 613ª compagnia mitraglieri ti porge
l’estremo saluto assumendo un pegno d’onore, quello di vendicarti!
Voglia il destino che sia a noi possibile sciogliere questo pegno e scioglierlo nel modo più
eletto! La tua bell’anima ci guidi di Lassù, e sia per noi la buona stella nelle imprese che dai
nostri Comandi ci saranno affidate!
A te sia lieve il riposo a cui volontà suprema ti trasse: noi, oggi e sempre, ti ricorderemo e ti
sapremo onorare nel modo che ben meriti per la tua onestà e pel tuo valore!
Vale!
Udine, 5 giugno 1917 – M. Martinola"
Un altro testimone oculare così lascerà scritto:
“Durante un intensissimo bombardamento ed un furioso contrattacco, sebbene ferito alla testa
ed al lato destro del petto, rimaneva al posto di Comando sino ad attacco respinto. La compagnia si
meritò l’elogio del Generale comandante la Brigata, il quale baciò il Capitano prima che questi
lasciasse la sua compagnia. La sua altezza d’animo è dimostrata anche dal fatto seguente: Mentre lo
si trasportava dalle alture soprastanti Gorizia, ordinava, quantunque sofferente, di fermarsi per
lasciar transitare altri feriti, corvèe, i rincalzi ecc ecc ...”.