Nazione Campogrande Giacomo

Grado Meccanico Autiere

Mostrina  II Reparto Automobilistico della 4ª Armata

Ritratto

Nato il 10 maggio 1896 a Nervi (GE)

Morto il 22 settembre 1915 a San Pietro di Cadore (BL) per incidente automobilistico

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Lucia Chiarovano, la moglie di Giovan Battista Campogrande, quel giorno di fine settembre del 1915 stava rigirando tra le mani la cartolina postale in franchigia che gli aveva mandato suo figlio dal fronte di guerra. Nella sua casa al numero 11 di via Lucchi, a Genova Nervi, stava aspettando il marito che da lì a poco, come ogni sera, avrebbe fatto ritorno dal suo lavoro in ferrovia. In cucina c’era anche sua figlia che, con rispetto, si dava da fare ai fornelli con un occhio alla minestra che cuoceva, ma più che altro sbirciando di sottecchi sua madre che si aggirava già da un po’, con quel cartoncino fra le mani, tra la finestra e la tavola già apparecchiata. Lucia quella lettera l’aveva ormai letta e riletta, riconoscendo suo figlio in quella scrittura un poco inclinata verso destra, con lo svolazzino a concludere ogni parola. Era scritta fitta fitta in quel poco spazio, sul retro e poi di fronte, dove c’era l’indirizzo e lo stemma reale con le bandiere tricolori incrociate e l’indicazione che si trattava di “Corrispondenza del R. Esercito”.
Nonostante tutti i suoi tentativi di dissuaderlo, allo scoppio della guerra con l’Austria-Ungheria, suo figlio Giacomo aveva voluto a tutti i costi offrirsi come volontario. Appena diciannovenne si era da poco diplomato al corso di meccanica della scuola industriale Galilei ed in aggiunta, aveva ottenuto anche la patente di conducente automobili. “Posso essere molto utile con la mia specializzazione ...”, le aveva detto, “... c’è proprio bisogno di gente come me. Me l’han ben detto quelli del V.C.A., i Volontari Ciclisti e Automobilisti che si sono già organizzati. E con loro vado anch’io!”. Non c’era stato modo di far cambiare idea a quell’incosciente, che aveva perfino lasciato a casa la morosa pur di partire per quella che lui credeva essere solo un’avventura.
Con Giuseppina si erano piaciuti al primo sguardo. L’aveva incontrata a Capolungo, sulla spiaggia alla fine della passeggiata di Nervi, ma prima di impegnarsi seriamente, Giacomo le aveva parlato della sua intenzione di arruolarsi. Lui si era atteggiato un po’ ad eroe e lei, pur dispiaciuta, si era convinta che in quel momento era il giusto da farsi. Si sarebbero rivisti da lì a poco, al suo ritorno, che tanto, come dicevano tutti, la guerra sarebbe durata poco! Quando si erano salutati lei gli aveva regalato un bracciale portafortuna fatto di centesimi di Lira uniti tra loro e gli aveva raccomandato di tenerlo sempre con lui, per amore e come portafortuna.
Proprio di quel braccialetto scriveva ora Giacomo nella sua cartolina in franchigia che, senza poterlo rivelare, aveva spedito da San Pietro di Cadore, raccontando a sua madre di un fatto appena accadutogli: «... ieri l’altro essendo tempestato per lungo, nel ritornare qua, ove ora mi trovo, in un punto di strada stretta incontrai un’altra autocolonna e vista la strada pericolosa soggetta a franare, mi spostai qualche centimetro di più verso il camions a me accanto al quale battei così una ruota, difettando un pò lo sterzo il quale mi minacciava sempre a pericoli come ieri che presi una svolta molto slargo che credevo d’esser giù nel burrone, ma la fortuna mi ha assistito, quindi non so perché tutte queste cose, mai creduto a succedermi, credevo che fosse perché mi tolsi dal braccio quel braccialetto di centesimi con una medaglietta che mi diede quella di Capolungo, ma ora lo tengo sempre in tasca. [...] E come pure se mi manderà una immagine, che almeno mi saprò a chi raccomandare, ma spero non dovrà succedere più nulla e continuare a fare il mio servizio come ho sempre desiderato volentieri ...».

Ed ora, in quella cucina, sua madre non si dava pace, anche perché le lettere che aveva mandate a suo figlio sembrava non fossero mai arrivate a destinazione. Così le mandava a dire. E poi la descrizione di quegli incidenti che, seppur minimi, le avevano messo in testa un cattivo presentimento. La cartolina postale del Regio Esercito portava la data del 5 settembre 1915, ma qualche giorno più tardi sarebbe arrivato un ben più tragico annuncio che, dando ragione ai cattivi presagi di Lucia, annunciava alla famiglia che “... a ore diciassette e minuti nessuno del giorno ventidue del corrente, è morto in seguito ad incidente automobilistico, Campogrande Giacomo di Giovanni Battista, d’anni diciannove, soldato nato a Nervi (Genova), celibe”.

ritratto
Un incidente ad un mezzo durante la Grande Guerra