Nazione Casagrande Donato

Grado Caporale

Mostrina  7° Regg. Alpini - Compagnia Volontari Feltre

Ritratto

Nato il 7 maggio 1890 a Biadene di Montebelluna (TV)

Morto il 21 settembre 1915 sul costone Nord-Ovest della Tofana I

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Prima della guerra

Per la Serenissima Repubblica di Venezia i querceti del Montello rappresentavano un prezioso patrimonio per la produzione di legname da destinare al suo Arsenale. Le riserve forestali, magistralmente governare da apposite leggi, da un’accurata pianificazione dei tagli e da appropriati trattamenti di sagomatura delle piante, assicuravano ai cantieri navali la fornitura di elementi speciali per la modellazione delle chiglie, delle costole e del fasciame. Del governo veneziano del Montello, alla fine dell‘800, rimaneva però solo la vaga memoria tramandata dalla gente di mestiere, come Lorenzo Casagrande, boscaiolo di Biadene, che a quel tempo manteneva la famiglia vendendo paleria da vigna, travature e legna da ardere. Sua moglie, Maria Cazzolato, intanto badava alla casa e all’orto, ed alla fine di giugno del 1890 era ormai prossima a partorire. Angela Martinello, la levatrice, essendo stata avvisata per tempo, alle cinque di mattina del 7 maggio aveva aiutato Maria a mettere al mondo il suo figliolo. Lo avrebbero chiamato Donato: donato dal buon Dio s’intende, e quattro giorni più tardi l’avevano portato a battezzare sotto l’affresco del Tiepolo, alla chiesa dei Santi Lucia e Vittore, non distante dalla seicentesca Villa Correr-Pisani, testimone della passata egemonia veneziana.
Donato era quindi cresciuto ai piedi delle boscose colline trevigiane dove, fin da ragazzo, aveva seguito suo padre aiutandolo nell’allestimento del legname ed accompagnandolo all’occasione anche nelle partite di caccia.

La Libia

Il 25 ottobre del 1910, all’età di vent’anni, l’avevano chiamano per il servizio militare inquadrandolo temporaneamente nel battaglione Feltre del 7° Alpini. L’anno successivo era stato aggregato al battaglione Saluzzo ed il 18 ottobre del 1911 si trovava a Napoli, pronto per imbarcarsi per la Tripolitania. Stando a quanto asserivano le “alte sfere” il Corpo di spedizione italiano era destinato a ristabilire l’equilibrio tra le Nazioni del Mediterraneo opponendosi all’Impero ottomano per la conquista della Libia, ma per Donato ciò poco importava. A lui sembrava più che altro un’avventura grazie alla quale, per la prima volta in vita sua, si era così tanto allontanato da casa, percorrendo mezza Italia in treno e vedendo persino il mare. Si era quindi imbarcato a Napoli ed il 25 ottobre era approdato al porto di Derna. Poi, il 17 novembre, aveva partecipato alla difesa di quella città dall’assalto dei beduini e delle truppe turche ed ai primi di marzo del 1912, agli ordini del generale Luigi Cappello, si era distinto nella difesa della “Ridotta Lombarda” durante un attacco dei turco-arabi. A fine anno, il 28 dicembre, era quindi stato reimpatriato rimettendo piede nella città partenopea.
Finalmente in congedo Donato fa ritorno a Biadene, ma i tempi sono difficili e come succede a molti altri giovani, anche lui si vede costretto a tentare la sorte cercando lavoro prima in Germania, dove rimane per pochi mesi, quindi in Canada, senza però incontrare la fortuna che aveva sperato. Tornato nuovamente a casa si accontenta di dare una mano in famiglia come boscaiolo e contadino, ottenendo contemporaneamente un incarico come custode del tiro a segno di Montebelluna. Nel gennaio del 1914 sposa Pasqua Varlonga, una brava ragazza di Moriago, paese ad una decina di chilometri dal suo al di là del Piave, ma l’anno successivo, il 10 maggio del 1915, viene richiamato alle armi.

La Grande Guerra

Ripresentatosi alla caserma di Feltre, col grado di caporale zappatore “Capo Squadra” Donato viene inquadrato nel “Corpo Volontari Alpini Feltre” col quale, tra le montagne bellunesi, affina la sua preparazione fino alla metà di agosto quando la compagnia viene chiamata all’azione. Rifornito del minimo necessario, il giorno 24 tutto il reparto lascia la stazione di Feltre per raggiungere in treno Bribano e proseguire quindi a piedi lungo la Valle del Cordevole. I volontari si schierano nei pressi della Marmolada ma da lì a poco vengono messi a disposizione del Comando Alpini in Val Costeana. Con una lunga marcia, per Selva di Cadore ed il Passo Giau, raggiungono Campo di Sotto, nei pressi di Cortina, dove il colonnello Tarditi ha in serbo per loro l’ardita impresa di conquistare la vetta della Tofana I. L’11 settembre il reparto è a Forcella di Fontana Negra ed una settimana più tardi, agli ordini del comandante Dazio De Faveri, l’operazione può avere inizio. Sotto il peso degli zaini stracarichi di munizioni e materiale di sopravvivenza, armi in spalla, i volontari procedono guardinghi e silenziosi scavando gradini nel ghiaccio e issandosi reciprocamente con le corde di Manilla. Alle 8 di mattina del 18 settembre sono a 200 metri dalla vetta e poco più tardi, con un ultimo balzo, sorprendono i difensori. La cima è conquistata ed i tedeschi del 3° reggimento Jäger che la presidiano si danno alla fuga. Gli alpini tentano di spingersi anche verso le Tre Dita, un posto di vedetta d'artiglieria sopra il Masarè, e sull’altro versante si affacciano sopra al Castelletto, ma viste le difficoltà di agire concretamente, in entrambi i casi le azioni si limitano alla semplice osservazione delle posizioni avversarie. Nel tentativo di riprendere possesso della Cima, i tedeschi e gli austriaci tentano alcune sortite che vengono però prontamente respinte dai volontari alpini. Per far fronte agli assalitori viene deciso di rafforzare la trincea avanzata sul ciglio del costone nord-ovest della Tofana e Donato Casagrande, sotto la direzione del tenente Felice Ceccato, si mette all’opera con la sua squadra di zappatori. Ad opera quasi ultimata il comandante De Faveri ispeziona i lavori ma, ritenendoli insufficienti ed anzi, pericolosi, ne ordina la demolizione. All’alba il terreno è riportato allo stato primitivo e gli alpini, stanchi per l’infruttuosa fatica, si apprestano a ritornare nelle retrovie quando, improvvisamente, vengono colti di sorpresa da alcuni shrapnel che, esplodendo a mezz’aria, scagliano tutt’attorno il loro micidiale contenuto. Donato Casagrande viene colpito alla testa da alcune pallette di piombo e cade a terra esanime. Trasportato a valle, il suo corpo verrà sepolto provvisoriamente nel cimitero di Cian Zoppè, nei pressi di Pocol, per poi essere restituito alla sua terra, a Biadene, dove successivamente gli sarà intitolato il nome di una via cittadina.