Nazione Del Vesco Giustino Romano

Grado Soldato

Mostrina  7° Alpini, 96ª cp. battaglione Pieve di Cadore

Ritratto

Nato il 14 aprile 1893 a Longarone (BL)

Morto il 20 luglio 1915 su Monte Piana

Decorazioni

Decorazione Medaglia di Bronzo

Dopo che fu occupata l'ultima linea di trinceramento nemico, spinto in ricognizione con due compagni, in cerca dell'appostamento dell'artiglieria avversaria, assaliva e faceva prigionieri due uomini che erano di guardia ad un mucchio di bombe a mano. Scoperto poi l'appostamento dell'artiglieria, col fuoco improvviso, vi provocava disordine, finchè cadeva colpito a morte.
Monte Piana, 20 luglio 1915

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Prima della guerra

Sua madre, Pasqua De Bettio, lo aveva messo al mondo il 14 di aprile del 1893, a Longarone. Antonio, suo padre, faceva il carrettiere e trasportava mercanzia di tutti i generi su e giù per la Valle del Piave spingendosi talvolta in Val di Zoldo a ritirare, per conto terzi, chioderia e materiale da costruzione.
Giustino, fin da bambino, pur non trascurando la scuola, lo seguiva volentieri ed a cassetta aveva imparato a guidare il cavallo e, quando ce n’era bisogno, suo padre lo faceva scendere dal carro per l’importante compito di regolare la manovella del freno. Caricando e scaricando merce, Giustino era cresciuto sano e robusto ed alla visita di leva lo avevano giudicato abile di I categoria, assegnandolo al Battaglione Pieve di Cadore del 7° Alpini. Quando però, il 10 settembre del 1913, lo avevano chiamato alle armi, era stato aggregato al Battaglione Feltre e sei giorni più tardi, a Livorno, si era imbarcato per la Tripolitania.

La Libia

Il trattato di Losanna aveva già messo fine alla guerra Italo-Turca e la Libia, allora, era stata affidata all’amministrazione, civile e militare, italiana. Contro questo govertatorato si stavano però opponendo alcune fazioni arabe che, fomentate da emissari turchi, avevano dato vita a ripetute azioni di guerriglia. Per sedare i tumilti sono state chiamate in Libia nuove forze, ed anche Giustino, ora, si vede impegnato contro gli insorti. A guidare le operazioni c’è il colonnello Antonio Cantore, uomo carismatico che, in particolare con gli Alpini, dimostra di avere una forte sintonia. Coi suoi compagni d’arme Giustino interviene, verso la fine di febbraio del 1914, nella battaglia di Bu Gazal, operando a fatica tra cespugli spinosi, dando prova di grande valore e ponendo in fuga una potente banda di sovversivi. Dopo aver partecipato alle successive operazioni di rastrellamento dei ribelli sbandati, l’esperienza di Giustino in terra libica si conclude nell’agosto del 1914 quando il battaglione Feltre viene definitivamente rimpatriato. Sbarcato a Napoli il 4 settembre, qualche tempo più tardi Giustino torna a Longarone, ma vi resta ben poco perché, già nel mese di aprile, è chiamato a presentarsi alla caserma di Tai dove viene assegnato alla 96ª compagnia del battaglione Pieve di Cadore.

La Grande Guerra

Subito dopo Giustino raggiunge Auronzo e poi Misurina, ed ancor prima dell’inizio delle ostilità partecipa alle azioni di pattugliamento che si svolgono a ridosso delle linee nemiche sul Monte Piana. Il 16 luglio è al Vallon dei Castrati a rafforzare le posizioni raggiunte il giorno prima dagli alpini che cercano nel frattempo di impedire, a fucilate, il rifornimento di materiali e viveri agli austriaci che sono appostati, poco oltre, sul Monte Piano. Nelle notti sul 18 e 19 luglio i Landesschützen reagiscono con tentativi d’assalto che però si infrangono contro la resistenza degli alpini. La mattina del 19 il generale Fabbri manda da Misurina l'ordine di dare battaglia e durante l'intera giornata le artiglierie italiane concentrano il tiro sui trinceramenti del pianoro nord. Infine, alle 22, dalla piramide Carducci il comando di Monte Piana lancia un razzo come segnale per attacco dei fanti della brigata Marche e per alpini della 96ª compagnia. Dopo la mezzanotte gli esploratori raggiungono i reticolati nemici e, senza farsi scorgere, riescono a collocare tubi di gelatina che squarciano qua e là i reticolati. Quando due compagnie del 55° e 56° fanteria si lanciano all’assalto l’alba è ormai vicina.

La morte

Alla loro destra agiscono anche due plotoni della 96ª del Cadore che conquistano alla baionetta i primi trinceramenti catturando numerosi prigionieri. Alla lotta si aggiungono anche 45 allievi ufficiali del 55° fanteria ma 27 di loro vengono colpiti a morte. L’azione procede, e sono conquistate la seconda e la terza linea austriaca. Giustino con altri due compagni - il trevigiano Andrea Moret ed Emilio Zampolli di Forno d Zoldo – viene mandato in ricognizione per individuare l’esatta posizione di un pezzo di artiglieria da campagna. Procedendo cautamente, i tre compagni scorgono due austriaci che fanno la guardia ad un mucchio di bombe a mano e li fanno prigionieri. Li aggiungono ai molti altri che già sfilano verso la Forcella dei Castrati e procedondo quindi nella loro azione esplorativa. Scorgono finalmente l’appostamento dell’atriglieria ed aprono il fuoco provocando il panico tra i serventi. Dopo un primo momento di sbandamento gli austriaci reagiscono ed Emilio e Giustino vengono colpiti. Andrea assiste i compagni, ma altro non gli resta se non constatare con rammarico la morte di Giustino. Aiutando Emilio, ferito gravemente, Andrea torna verso la Forcella segnalando l’esatta posizione del pezzo d’artiglieria e chiedendo che il corpo esanime di Giustino venga ricuperato.
A tutti e tre sarà concessa la medaglie di bronzo al valore, ma per i genitori di Giustino quel pezzo di metallo non varrà a consolarli della perdita del loro ragazzo, appena ventiduenne.