 Gambaro Michele
 Gambaro Michele
												 Tenente
 Tenente
												
												 50° Brigata Parma
 
												50° Brigata Parma
												
											
											 
											
												
Nato il 26 agosto 1894 a Genova
												Morto il 15 giugno 1918 sul Col dell'Orso (Monte Grappa)
										    
											
											Note biografiche (Archivio Franco Licini)
											
												A Genova, il 26 agosto del 1894, per la gioia di suo marito Alfredo, Rina Gambaro mette finalmente 
												al mondo il primo figlio maschio e qualche giorno più tardi lo battezza col nome di Michele. Il 
												ragazzo cresce tra le cure della madre e delle sorelle ed all'età di quindici anni entra in quarta 
												ginnasiale al Liceo Andrea D'Oria di Genova. Terminati gli studi classici, consegue la licenza e 
												nel 1914 si iscrive alla facoltà di ingegneria avendo dimostrato, fin da fanciullo, una particolare 
												inclinazione per la matematica e la meccanica.
												Nel giugno del 1915 si presenta come volontario ed a Modena frequenta il corso allievi ufficiali 
												uscendone sottotenente nel settembre successivo. Inviato a Torino al 91° reggimento della brigata 
												Basilicata, qualche giorno più tardi raggiunge il suo reggimento a Longarone dove le fanterie, 
												reduci dai combattimenti in Comelico, si stanno ricomponendo. Il 23 ottobre parte quindi per 
												Livinallongo e sul Col di Lana ha modo di distinguersi negli attacchi al costone di Salesei e più 
												tardi contro le posizioni del Sief. I mesi invernali li trascorre nelle retrovie, a Lorenzago di 
												Cadore, dove la sua brigata è stata inviata a riposo.
												Nel frattempo viene trasferito al 50° fanteria Parma e nel febbraio del 1916 il sottotenente 
												Gambaro raggiunge il settore Boite-Monte Cristallo dove prende parte ai duri combattimenti contro 
												le posizioni della Croda dell'Ancona e di Val Rufreddo partecipando, alla fine di agosto, alle 
												azioni sul Forame, fino alla conquista del "trincerone" austriaco.
												Promosso tenente nel novembre del 1916, passa l'inverno in zona Tre Cime di Lavaredo ed in 
												primavera scende a Feltre per ricongiungersi con la brigata Parma che, aggregata alla 4ª divisione, 
												è in procinto di partire per la tormentata fronte dell'Isonzo. Il 25 maggio è già in linea a 
												Castagnevizza dove partecipa ai furiosi assalti che, al costo di centinaia di giovani vite, portano 
												alla conquista di qualche pietroso fazzoletto di terra.
												All'inizio di luglio, finalmente, la Parma riceve il cambio, ma dopo un breve periodo di riposo a 
												Sagrado, torna in linea dalle parti di Vipacco dove per due mesi respinge efficacemente gli 
												attacchi austriaci.
												Il 24 ottobre del 1917, quando ha inizio lo sfondamento di Caporetto, il reparto del tenente 
												Gambaro si trova a riposo a Santa Maria la Longa nei pressi di Palmanova. Viene immediatamente 
												inviato ad arginare l'avanzata nemica sulle rive del Tagliamento, fra Pinzano e Spilimbergo, ma 
												nonostante la tenace resistenza, per sfuggire all'accerchiamento, deve in fine ritirarsi.
												"Nel ripiegamento dal Tagliamento al Piave - dice la motivazione della Medaglia d'Argento 
												che sarà attribuita alla bandiera del reggimento - fu esempio preclaro d'incrollabile disciplina 
												e di ardente valore, dando un efficace contributo alle azioni di copertura [...]".
												Le marce forzate verso la nuova linea del fronte, per il tenente Gambaro sono particolarmente 
												spossanti e dolorose per un ascesso che gli tormenta il ginocchio. Si trascina come può per la 
												campagna friulana, prima verso Polcenigo, poi alla volta di Pasiano. Giunti al Meduna (un affluente 
												del Livenza), i fanti in ritirata sostano in un campo, spossati, sotto la pioggia. Si credono ormai 
												in salvo, ma le prime pattuglie nemiche sono già vicine. Prima che faccia notte, prima di cadere 
												prigionieri, gli uomini si gettano nelle acque fredde del torrente in piena e lo guadano aiutandosi 
												l'un l'altro. Carichi di materiale e di stanchezza, riprendono la marcia forzata lungo le strade 
												del Veneto, intasate dall'esercito in ritirata e dalla popolazione in fuga. L'8 novembre sono dalle 
												parti di Oderzo dove, nonostante lo sfinimento fisico e morale, riescono ancora a trattenere 
												l'avanzata degli austriaci. Il 9 sera fanno saltare i ponti sul Monticano e dopo altre ore di 
												marcia, a Ponte di Piave passano quello che diverrà il "fiume sacro".
												Il tenente Gambaro è ormai al limite della resistenza: il ginocchio tumefatto non lo reggere più ed 
												a malincuore accetta di farsi ricoverare. Viene trasportato all'ospedale di Biadene, vicino a 
												Montebelluna, e qualche giorno più tardi è caricato su un treno che lo porta a Roma alla clinica 
												Fiorelli. Là i suoi genitori vanno a fargli visita e lo trovano in una camerata con addosso un paio 
												di pantaloni da soldato, sdruciti, con due scarpacce tutte chiodi ai piedi del letto, ma sereno e 
												tranquillo, impaziente di tornare, in un momento così cruciale per la Patria, a fare il suo dovere.
												Guarito, dopo pochi giorni di licenza, nel febbraio del 1918 si trova a Brescia dove lui stesso ha 
												chiesto di frequentare un corso di specializzazione per mitraglieri, finito in quale, viene 
												aggregato prima al 51° fanteria Alpi e successivamente al 23° Como. Passa quindi al comando di una 
												sezione della 1081ª compagnia mitragliatrici Fiat e con essa prende parte a varie azioni sul 
												Grappa. Si offre ad ogni impresa meritando l'ammirazione di tutti e viene proposto per questo alla 
												promozione a capitano. Essendo stata affidata a un collega anziano ed ammogliato una azione 
												difficile e pericolosa, si offre al suo posto dicendogli: "Io non ho ne' moglie ne' figli ... 
												tocca a me!", e ritorna a missione compiuta per ripetere, pochi giorni dopo, lo sesso gesto 
												d'altruismo.
												Scrive il maggiore Nunziante in una dichiarazione spontanea inviata al tenente Gambaro, ritrovata 
												poi tra le sue carte: "... per ben due volte le ho dato un ordine che in regola non potevo 
												darle; quello di prendere il comando di una sezione. Lei è comandante di compagnia, sia pure 
												interinale, ed aveva diritto a conservare il suo comando. Invece con generosa prontezza ha 
												accettato un comando minore, perché questo era pericoloso; perché con questo doveva prendere parte 
												ad una azione. Mentre la ringrazio, la accerto che apprezzo e tengo conto del fatto".
												Considerando la cura con cui è mantenuto l'armamento e della sua perizia come meccanico, la sezione 
												mitragliatrici di Gambaro, a detta di molti, è "la più bella del luogo". All'alba del 15 giugno 
												l'unità è inviata in una missione temeraria sul Col dell'Orso, ad oriente del Grappa, e quella 
												posizione viene infine occupata. Le armi sono in breve tempo sistemate, pronte al combattimento, ma 
												all'improvviso da tre lati si svelano le mitragliatrici nemiche. Gambaro dà l'ordine di rispondere 
												al fuoco ma viene ben presto colpito in pieno petto. Cade, ed attorno a lui vengono abbattuti altri 
												giovani valorosi. I feriti sono raccolti e trasportati in una caverna, ma tutt'attorno imperversa 
												un terribile bombardamento. Ripresosi al calar del buio, Gambaro continua a dare esempio di 
												serenità e di coraggio. Viene condotto nel più vicino ospedaletto da campo dove, dopo aver 
												distribuito ai soldati il proprio denaro ed i suoi poveri averi, prima di morire chiede i conforti 
												della Fede.	Gli sarà attribuita la medaglia d'argento al Valore perché:
												"Comandante di una sezione mitragliatrici, con calma e fermezza mirabili ne dirigeva il tiro 
												contro numerose mitragliatrici nemiche. Ferito, rinunciava ad essere trasportato al posto di 
												medicazione, continuando ad incitare i dipendenti finché colpito una seconda volta e gravemente non 
												dovette lasciare il reparto" Monte Solarolo, 15 giugno 1918.
												Sepolto a Paderno del Grappa, il corpo del capitano Michele Gambaro verrà successivamente traslato 
												al cimitero di Celle Ligure (SV). Ad honorem, gli sarà riconosciuta la laurea in ingegneria.
											
										
								
							
						
					
				
			
			
				
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 50° Brigata Parma
 
												50° Brigata Parma
												
											
											 
											
Nato il 26 agosto 1894 a Genova
Morto il 15 giugno 1918 sul Col dell'Orso (Monte Grappa)
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
												A Genova, il 26 agosto del 1894, per la gioia di suo marito Alfredo, Rina Gambaro mette finalmente 
												al mondo il primo figlio maschio e qualche giorno più tardi lo battezza col nome di Michele. Il 
												ragazzo cresce tra le cure della madre e delle sorelle ed all'età di quindici anni entra in quarta 
												ginnasiale al Liceo Andrea D'Oria di Genova. Terminati gli studi classici, consegue la licenza e 
												nel 1914 si iscrive alla facoltà di ingegneria avendo dimostrato, fin da fanciullo, una particolare 
												inclinazione per la matematica e la meccanica.
												Nel giugno del 1915 si presenta come volontario ed a Modena frequenta il corso allievi ufficiali 
												uscendone sottotenente nel settembre successivo. Inviato a Torino al 91° reggimento della brigata 
												Basilicata, qualche giorno più tardi raggiunge il suo reggimento a Longarone dove le fanterie, 
												reduci dai combattimenti in Comelico, si stanno ricomponendo. Il 23 ottobre parte quindi per 
												Livinallongo e sul Col di Lana ha modo di distinguersi negli attacchi al costone di Salesei e più 
												tardi contro le posizioni del Sief. I mesi invernali li trascorre nelle retrovie, a Lorenzago di 
												Cadore, dove la sua brigata è stata inviata a riposo.
												Nel frattempo viene trasferito al 50° fanteria Parma e nel febbraio del 1916 il sottotenente 
												Gambaro raggiunge il settore Boite-Monte Cristallo dove prende parte ai duri combattimenti contro 
												le posizioni della Croda dell'Ancona e di Val Rufreddo partecipando, alla fine di agosto, alle 
												azioni sul Forame, fino alla conquista del "trincerone" austriaco.
												Promosso tenente nel novembre del 1916, passa l'inverno in zona Tre Cime di Lavaredo ed in 
												primavera scende a Feltre per ricongiungersi con la brigata Parma che, aggregata alla 4ª divisione, 
												è in procinto di partire per la tormentata fronte dell'Isonzo. Il 25 maggio è già in linea a 
												Castagnevizza dove partecipa ai furiosi assalti che, al costo di centinaia di giovani vite, portano 
												alla conquista di qualche pietroso fazzoletto di terra.
												All'inizio di luglio, finalmente, la Parma riceve il cambio, ma dopo un breve periodo di riposo a 
												Sagrado, torna in linea dalle parti di Vipacco dove per due mesi respinge efficacemente gli 
												attacchi austriaci.
												Il 24 ottobre del 1917, quando ha inizio lo sfondamento di Caporetto, il reparto del tenente 
												Gambaro si trova a riposo a Santa Maria la Longa nei pressi di Palmanova. Viene immediatamente 
												inviato ad arginare l'avanzata nemica sulle rive del Tagliamento, fra Pinzano e Spilimbergo, ma 
												nonostante la tenace resistenza, per sfuggire all'accerchiamento, deve in fine ritirarsi.
												"Nel ripiegamento dal Tagliamento al Piave - dice la motivazione della Medaglia d'Argento 
												che sarà attribuita alla bandiera del reggimento - fu esempio preclaro d'incrollabile disciplina 
												e di ardente valore, dando un efficace contributo alle azioni di copertura [...]".
												Le marce forzate verso la nuova linea del fronte, per il tenente Gambaro sono particolarmente 
												spossanti e dolorose per un ascesso che gli tormenta il ginocchio. Si trascina come può per la 
												campagna friulana, prima verso Polcenigo, poi alla volta di Pasiano. Giunti al Meduna (un affluente 
												del Livenza), i fanti in ritirata sostano in un campo, spossati, sotto la pioggia. Si credono ormai 
												in salvo, ma le prime pattuglie nemiche sono già vicine. Prima che faccia notte, prima di cadere 
												prigionieri, gli uomini si gettano nelle acque fredde del torrente in piena e lo guadano aiutandosi 
												l'un l'altro. Carichi di materiale e di stanchezza, riprendono la marcia forzata lungo le strade 
												del Veneto, intasate dall'esercito in ritirata e dalla popolazione in fuga. L'8 novembre sono dalle 
												parti di Oderzo dove, nonostante lo sfinimento fisico e morale, riescono ancora a trattenere 
												l'avanzata degli austriaci. Il 9 sera fanno saltare i ponti sul Monticano e dopo altre ore di 
												marcia, a Ponte di Piave passano quello che diverrà il "fiume sacro".
												Il tenente Gambaro è ormai al limite della resistenza: il ginocchio tumefatto non lo reggere più ed 
												a malincuore accetta di farsi ricoverare. Viene trasportato all'ospedale di Biadene, vicino a 
												Montebelluna, e qualche giorno più tardi è caricato su un treno che lo porta a Roma alla clinica 
												Fiorelli. Là i suoi genitori vanno a fargli visita e lo trovano in una camerata con addosso un paio 
												di pantaloni da soldato, sdruciti, con due scarpacce tutte chiodi ai piedi del letto, ma sereno e 
												tranquillo, impaziente di tornare, in un momento così cruciale per la Patria, a fare il suo dovere.
												Guarito, dopo pochi giorni di licenza, nel febbraio del 1918 si trova a Brescia dove lui stesso ha 
												chiesto di frequentare un corso di specializzazione per mitraglieri, finito in quale, viene 
												aggregato prima al 51° fanteria Alpi e successivamente al 23° Como. Passa quindi al comando di una 
												sezione della 1081ª compagnia mitragliatrici Fiat e con essa prende parte a varie azioni sul 
												Grappa. Si offre ad ogni impresa meritando l'ammirazione di tutti e viene proposto per questo alla 
												promozione a capitano. Essendo stata affidata a un collega anziano ed ammogliato una azione 
												difficile e pericolosa, si offre al suo posto dicendogli: "Io non ho ne' moglie ne' figli ... 
												tocca a me!", e ritorna a missione compiuta per ripetere, pochi giorni dopo, lo sesso gesto 
												d'altruismo.
												Scrive il maggiore Nunziante in una dichiarazione spontanea inviata al tenente Gambaro, ritrovata 
												poi tra le sue carte: "... per ben due volte le ho dato un ordine che in regola non potevo 
												darle; quello di prendere il comando di una sezione. Lei è comandante di compagnia, sia pure 
												interinale, ed aveva diritto a conservare il suo comando. Invece con generosa prontezza ha 
												accettato un comando minore, perché questo era pericoloso; perché con questo doveva prendere parte 
												ad una azione. Mentre la ringrazio, la accerto che apprezzo e tengo conto del fatto".
												Considerando la cura con cui è mantenuto l'armamento e della sua perizia come meccanico, la sezione 
												mitragliatrici di Gambaro, a detta di molti, è "la più bella del luogo". All'alba del 15 giugno 
												l'unità è inviata in una missione temeraria sul Col dell'Orso, ad oriente del Grappa, e quella 
												posizione viene infine occupata. Le armi sono in breve tempo sistemate, pronte al combattimento, ma 
												all'improvviso da tre lati si svelano le mitragliatrici nemiche. Gambaro dà l'ordine di rispondere 
												al fuoco ma viene ben presto colpito in pieno petto. Cade, ed attorno a lui vengono abbattuti altri 
												giovani valorosi. I feriti sono raccolti e trasportati in una caverna, ma tutt'attorno imperversa 
												un terribile bombardamento. Ripresosi al calar del buio, Gambaro continua a dare esempio di 
												serenità e di coraggio. Viene condotto nel più vicino ospedaletto da campo dove, dopo aver 
												distribuito ai soldati il proprio denaro ed i suoi poveri averi, prima di morire chiede i conforti 
												della Fede.	Gli sarà attribuita la medaglia d'argento al Valore perché:
												"Comandante di una sezione mitragliatrici, con calma e fermezza mirabili ne dirigeva il tiro 
												contro numerose mitragliatrici nemiche. Ferito, rinunciava ad essere trasportato al posto di 
												medicazione, continuando ad incitare i dipendenti finché colpito una seconda volta e gravemente non 
												dovette lasciare il reparto" Monte Solarolo, 15 giugno 1918.
												Sepolto a Paderno del Grappa, il corpo del capitano Michele Gambaro verrà successivamente traslato 
												al cimitero di Celle Ligure (SV). Ad honorem, gli sarà riconosciuta la laurea in ingegneria.