Gava Augusto
Sottotenente
56° Brigata Marche
Nato il 17 giugno 1894 a Vittorio Veneto (TV)
Morto il 19 agosto 1915 in Valle Boden
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Seguendo il comandante di compagnia, guidava con slancio ed ardimento il proprio plotone
all'attacco di una posizione nemica fortemente difesa, e mentre incitava i propri dipendenti
cadde colpito a morte.
Regione Boden, 19 agosto 1915
Note biografiche (Archivio Europeana)
Prima della guerra
Augusto nacque a Vittorio Veneto il 17 giugno 1894 da Luigi e Maria De Nardi.
Trascorse i suoi primi anni di infanzia e fanciullezza nel paese natio, rivelandosi subito
per le sue doti di mente e di cuore. Terminate le scuole elemetari, assecondando
l'inclinazione allo studio che egli dimostrava di avere, entrò al Seminario Vescovile di
Ceneda distinguendosi dai suoi compagni per le non comuni facoltà intellettive e
facendosi amare dai sui superiori e da tutti gli alunni del Seminario stesso alle cure
del quale era stato affidato. Al termine del tezo anno scolastico essendosi la di lui
famiglia trasferita a Belluno, ottenuta felicemente la promozione alla quarta ginnasiale,
s'iscrisse al R. Liceo Ginnasio Tiziano di Belluno, ove continuò pur trovandosi in fatto
di studio in condizioni assai inferiori ai suoi nuovi compagni ad attendere con passione e
convenientemente ai suoi studi, traendone grandi profitti.
A diciotto anni ottenne con un'ottima votazione la licenza liceale, conseguita la quale
senza frapporre indugio si arruolò volontario e venne destinato, secondo il suo
desiderio, al Plotone Allievi Ufficiali dell'8° reggimento fanteria a Milano. Il suo
scopo principale era quello di continuare gli studi ed iscriversi al Regio Politecnico
ove avrebbe facilmente potuto assicurarsi quella ingente messe di cognizioni tecniche
indispensabili per vedere un giono effettuato il suo più vago sogno: il diploma
d'ingegneria. Compì lodevolmente il corso allievi ufficiali di complemento, essendo
anche sviluppatissimo in lui il sentimento della Patria ed il gennaio 1915 fu nominato
sottotenente nel 56° reggimento di fanteria.
Felice di aver raggiunto il grado di ufficiale ne indossò la divisa con orgoglio e
subito si accinse ad assolvere quei compiti che essa gli imponeve con la migliore
lodevolezza possibile facendosi subito amare dai suoi superiori, colleghi ed inferiori.
La Grande Guerra
Agli ultimi di maggio era già al suo posto di combattimento lassù sulle montagne del Cadore,
guardando in faccia il nemico. Nelle sue lettere che rassicuravano la sua famiglia sulla
di lui sorte egli scriveva parole calde di infiammato patriottismo e si diceva tanto
contento di sapersi lassù ove dovevano compiersi i destini dell'amata Patria. Prese parte
a diversi combattimenti, sempre alla testa del suo plotone che bene sapeva comandare e con
la parola e con l'esempio. Sprezzante d'ogni pericolo combattè con ardimento, conscio del
proprio dovere di buon Italiano. Fame, freddo, sonno, pioggia dirotta non lo facevano
indietreggiare mai.
La sera del 19 agosto 1915 dal comando del 56° fanteria giunse l'ordine alla 5ª compagnia di
attaccare un costone di trincea saldamente tenuta dal nemico. L'impresa presentava seri
ostacoli e non lievi difficoltà. Prima di intrapendere i preparativi dell'azione guerresca
che doveva inseroabilmente segnare la sua fine gloriosa scrisse poche righe di saluto
ai parenti ed agli amici; alla famiglia che adorava con una semplice cartolina in franchigia
scriveva: "Da qualche giorno mi trovo in primissima linea a pochi metri dal nemico.
Mentre vi scrivo vedo passare i feriti che vengono man mano condotti ai posti di medicamento.
State tranquilli per la mia sorte, che mi è stata sin qui benigna. Sento che anche questa
volta verrò risparmiato. Sono contento quanto mai!"
Era troppo giovane perché potesse sembrargli possibile che la sua vita dovesse essere
d'un colpo recisa! La sua fine gloriosa venne comunicata alla famiglia, a mezzo del sindaco
di Belluno, dal comandante il Deposito del 56° reggimento. Il suo collega ed amico tenente
signor Gnech, che da capitano anch'egli morì valorosamente in guerra nel 1917, scriveva
alla famiglia esprimendo tutto il suo dolore, aggiungendo tra l'altro: "Per ora intanto
sia di conforto a lei ed a tutta la famiglia il pensiero che il buon Augusto seppe
comportarsi di fronte ai suoi soldati come pochi altri potrebbero riuscire, accorrendo
alla testa del suo plotone in aiuto del proprio capitano che colpito pochi istanti prima
eda breve distanza, gli affidava le sorti ed il comando della valorosa compagnia. Ed
egli seppe trarre dal petto di 200 valorosi il grido fatidico di 'Savoia!' e riuscì a
raggiungere il proprio capitano. Il destino non permise che tanto eroismo fosse coronato
da buon successo ma esso venne riconosciuto da tutti i superiori del di lui battaglione
che lo vollero proposto per la medaglia d'argento al valor militare. E questa sarà un
giorno per la famiglia la miglior memoria."
Venne però decorato con la medaglia di bronzo. Lo strazio che l'annuncio della sua morte
produsse nell'animo dei suoi cari ed in particolar modo alla mamma sua fu superiore ad
ogni umana concezione e difficile fu per i suoi congiunti l'indursi ad accettare la
cruda realtà. Fu di sommo conforto alla desolata famiglia l'unanime e generale cordoglio
della cittadinanza tutta che volle in sì luttuosa circostanza con appropriate commoventi
epigrafi ed onoranze lenire in parte l'immenso suo dolore.
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Nato il 17 giugno 1894 a Vittorio Veneto (TV)
Morto il 19 agosto 1915 in Valle Boden
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Seguendo il comandante di compagnia, guidava con slancio ed ardimento il proprio plotone all'attacco di una posizione nemica fortemente difesa, e mentre incitava i propri dipendenti cadde colpito a morte.Regione Boden, 19 agosto 1915
Note biografiche (Archivio Europeana)
Prima della guerra
Augusto nacque a Vittorio Veneto il 17 giugno 1894 da Luigi e Maria De Nardi.Trascorse i suoi primi anni di infanzia e fanciullezza nel paese natio, rivelandosi subito per le sue doti di mente e di cuore. Terminate le scuole elemetari, assecondando l'inclinazione allo studio che egli dimostrava di avere, entrò al Seminario Vescovile di Ceneda distinguendosi dai suoi compagni per le non comuni facoltà intellettive e facendosi amare dai sui superiori e da tutti gli alunni del Seminario stesso alle cure del quale era stato affidato. Al termine del tezo anno scolastico essendosi la di lui famiglia trasferita a Belluno, ottenuta felicemente la promozione alla quarta ginnasiale, s'iscrisse al R. Liceo Ginnasio Tiziano di Belluno, ove continuò pur trovandosi in fatto di studio in condizioni assai inferiori ai suoi nuovi compagni ad attendere con passione e convenientemente ai suoi studi, traendone grandi profitti.
A diciotto anni ottenne con un'ottima votazione la licenza liceale, conseguita la quale senza frapporre indugio si arruolò volontario e venne destinato, secondo il suo desiderio, al Plotone Allievi Ufficiali dell'8° reggimento fanteria a Milano. Il suo scopo principale era quello di continuare gli studi ed iscriversi al Regio Politecnico ove avrebbe facilmente potuto assicurarsi quella ingente messe di cognizioni tecniche indispensabili per vedere un giono effettuato il suo più vago sogno: il diploma d'ingegneria. Compì lodevolmente il corso allievi ufficiali di complemento, essendo anche sviluppatissimo in lui il sentimento della Patria ed il gennaio 1915 fu nominato sottotenente nel 56° reggimento di fanteria.
Felice di aver raggiunto il grado di ufficiale ne indossò la divisa con orgoglio e subito si accinse ad assolvere quei compiti che essa gli imponeve con la migliore lodevolezza possibile facendosi subito amare dai suoi superiori, colleghi ed inferiori.
La Grande Guerra
Agli ultimi di maggio era già al suo posto di combattimento lassù sulle montagne del Cadore, guardando in faccia il nemico. Nelle sue lettere che rassicuravano la sua famiglia sulla di lui sorte egli scriveva parole calde di infiammato patriottismo e si diceva tanto contento di sapersi lassù ove dovevano compiersi i destini dell'amata Patria. Prese parte a diversi combattimenti, sempre alla testa del suo plotone che bene sapeva comandare e con la parola e con l'esempio. Sprezzante d'ogni pericolo combattè con ardimento, conscio del proprio dovere di buon Italiano. Fame, freddo, sonno, pioggia dirotta non lo facevano indietreggiare mai.La sera del 19 agosto 1915 dal comando del 56° fanteria giunse l'ordine alla 5ª compagnia di attaccare un costone di trincea saldamente tenuta dal nemico. L'impresa presentava seri ostacoli e non lievi difficoltà. Prima di intrapendere i preparativi dell'azione guerresca che doveva inseroabilmente segnare la sua fine gloriosa scrisse poche righe di saluto ai parenti ed agli amici; alla famiglia che adorava con una semplice cartolina in franchigia scriveva: "Da qualche giorno mi trovo in primissima linea a pochi metri dal nemico. Mentre vi scrivo vedo passare i feriti che vengono man mano condotti ai posti di medicamento. State tranquilli per la mia sorte, che mi è stata sin qui benigna. Sento che anche questa volta verrò risparmiato. Sono contento quanto mai!" Era troppo giovane perché potesse sembrargli possibile che la sua vita dovesse essere d'un colpo recisa! La sua fine gloriosa venne comunicata alla famiglia, a mezzo del sindaco di Belluno, dal comandante il Deposito del 56° reggimento. Il suo collega ed amico tenente signor Gnech, che da capitano anch'egli morì valorosamente in guerra nel 1917, scriveva alla famiglia esprimendo tutto il suo dolore, aggiungendo tra l'altro: "Per ora intanto sia di conforto a lei ed a tutta la famiglia il pensiero che il buon Augusto seppe comportarsi di fronte ai suoi soldati come pochi altri potrebbero riuscire, accorrendo alla testa del suo plotone in aiuto del proprio capitano che colpito pochi istanti prima eda breve distanza, gli affidava le sorti ed il comando della valorosa compagnia. Ed egli seppe trarre dal petto di 200 valorosi il grido fatidico di 'Savoia!' e riuscì a raggiungere il proprio capitano. Il destino non permise che tanto eroismo fosse coronato da buon successo ma esso venne riconosciuto da tutti i superiori del di lui battaglione che lo vollero proposto per la medaglia d'argento al valor militare. E questa sarà un giorno per la famiglia la miglior memoria."
Venne però decorato con la medaglia di bronzo. Lo strazio che l'annuncio della sua morte produsse nell'animo dei suoi cari ed in particolar modo alla mamma sua fu superiore ad ogni umana concezione e difficile fu per i suoi congiunti l'indursi ad accettare la cruda realtà. Fu di sommo conforto alla desolata famiglia l'unanime e generale cordoglio della cittadinanza tutta che volle in sì luttuosa circostanza con appropriate commoventi epigrafi ed onoranze lenire in parte l'immenso suo dolore.
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