Olivo Oliviero Mario
Soldato
Volontari del Cadore e poi battaglione Fenestrelle
Nato il 24 maggio 1896 a Trieste (TS)
Morto per malattia l'11 novembre 1981 a Bologna (BO)
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Offertosi spontaneamente quale vedetta avanzata in posizione esposta ed isolata dall’alba al
tramonto, ferito alla spalla sinistra alle ore 15 e fatto segno a continuo fuoco di fucileria,
tanto da averne giubba e scarpe forate da parecchi proiettili, rimase al suo posto fino alle ore
21, momento del cambio, ritirandosi calmo e sereno.
Forame, 24 agosto 1916
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Oliviero nasce a Trieste il 24 maggio del 1896 da Bernardo Antonio Olivo e da Maria Kuk. Sua madre è di
Gorizia, mentre suo padre è originario della Val del Boite e precisamente di Suppiane, una frazione di
Venas ai piedi del maestoso Antelao. Qui gli Olivo sono numerosi e per distinguersi gli uni dagli altri
usano degli appellativi familiari. La stirpe di Oliviero è detta dei “Saverio”.
Fin da ragazzo, andando in visita ai nonni, Oliviero s’innamora delle montagne e con qualche amico un
po’ più esperto di lui si spinge sul Monte Rite e talvolta azzarda anche qualche arrampicata in roccia.
A Trieste frequenta il liceo e dopo la licenza ha appena il tempo di iscriversi, a Torino, alla
Facoltà di medicina e chirurgia. Non ancora ventenne, all’inizio della guerra contro l’Austria
abbandona infatti gli studi e il 6 giugno del 1915 si arruola tra i Volontari Alpini del Cadore.
Con alcuni di loro può mettere in pratica l’esperienza alpinistica che nel frattempo ha affinato,
perfezionando ancor più la tecnica di arrampicata e diventando in breve tempo un apprezzabile
rocciatore. Partecipa alle azioni del reparto, agli ordini del capitano
Celso Coletti, in Alta Val Sesis e quindi in Val Visdende dove il 22
giugno del 1916, per una audace escursione compiuta assieme ad altri verso Casera Manzòn, merita un
encomio solenne. Quando a metà agosto i Volontari si trasferiscono nella zona del Monte Cristallo, il
maggiore Alberto Neri del battaglione
Val Piave chiede 30 volontari per un’ardita operazione da
compiersi sul Monte Forame. Si offre anche Oliviero che, assieme ad una ventina di compagni, segue il
tenente Bruni verso la Punta Ovest. Vengono conquistati i salti di roccia sotto la Punta stessa, ed a
turno gli alpini presidiano le posizioni raggiunte. Sul primo salto di roccia del Forame, il 24 agosto
Oliviero ha modo di meritare una Medaglia d’Argento al Valore. Oliviero non si farà mai vanto di
quella onorificenza, pensando piuttosto di essere stato assistito da qualche Santo protettore
grazie al quale, pur ferito, è riuscito a sopravvivere. Ridisceso a valle con le proprie forze
viene prontamente soccorso ed inviato al centro di medicazione, poi all’ospedale di Auronzo, e una
volta dimesso è mandato a frequentare il corso allievi ufficiali.
Il 25 marzo del 1917 riceve la nomina ad aspirante venendo assegnato al battaglione
Fenestrelle del 3° reggimento alpini. Il 17 maggio ottiene
quindi la promozione a sottotenente e il 1° di settembre può aggiungere ai gradi la seconda
stelletta di tenente. Poco tempo più tardi a Longarone, mentre i reparti delle Dolomiti si stanno
ritirando verso la linea del Piave, viene catturato dagli austriaci ed inviato ad un campo di
prigionia presso Nagymegyer, in Ungheria.
Oliviero non si dà per vinto e fin da subito escogita coi compagni di prigionia il modo per
evadere. Assieme ad altri 40 ufficiali [tra cui il tenente
Giovanni Del Vesco] scava un tunnel attraverso il quale, il 30
giugno del 1918 riesce finalmente ad oltrepassare la recinzione guadagnando la libertà. La sua fuga
non dura però molto tempo perché, dopo alcuni giorni, viene di nuovo arrestato nei pressi del
confine tra l’Austria e la Svizzera. Inviato al campo di punizione di Komárom, sulle rive del
Danubio, tra le mura di una fortezza adibita a carcere militare non gli mancano né la fame né i
soprusi né le umiliazioni, ma pochi mesi più tardi la guerra finisce e con essa terminano anche le
sue tribolazioni e quelle dei compagni di prigionia coi quali viene rimpatriato.
Dopo essere stato interrogato a Mantova dalla Commissione per i detenuti di guerra, il 15 novembre
del 1919 il tenente Olivo viene in fine congedato ed all’età di 23 anni può tornare a Torino agli
studi di medicina. Frequenta con profitto le lezioni presso l’Istituto di anatomia diretto dal
prof. Giuseppe Levi e due anni più tardi consegue la laurea con lode e la nomina ad assistente.
Sceglie in quel periodo di abitare a Torino in Corso Massimo d’Azeglio, non distante dall’ospedale
Mauriziano ed a breve distanza dal parco del Valentino dove, quando ha un po’ di tempo libero, non
si nega qualche rilassante passeggiata che serve ad estraniarsi dagli impegni del lavoro. Nei
momenti di riposo si dedica anche alle sue grandi passioni, la musica e la fotografia, ma quel che
più gli sta a cuore è comunque la pratica dell’alpinismo. Torna quando può sulle Dolomiti dove nel
1923 affronta in solitaria l’apertura di una nuova via sull’Antelao[1]. Intanto aumenta anche la
sua fama professionale e nel 1924 è nei laboratori della Zeiss, a Jena, per specializzarsi nella
ricerca citologica mediante le tecniche di microscopia. Le ferie di quell’anno le trascorre a Venas
ed a settembre è sulle Marmarole dove vince, ancora in solitaria, l’inesplorato spigolo Sud-Est[2].
Fresco di nomina ad aiuto di anatomia umana, nel 1925 si concede qualche altra impresa raggiungendo
la cima dell’Antelao lungo la direttissima del versante settentrionale[3] ed assieme all’amico
Paolo Fanton scala per la prima volta il Pupo di Lozzo nel Gruppo delle Marmarole.
Nonostante la modestia che lo contraddistingue, nell’ambiente alpinistico la reputazione di
Oliviero si è ormai affermata, tanto da essere chiamato a partecipare anche ad alcune ascensioni in
compagnia del Re Alberto I del Belgio.
Nel 1926 decide, finalmente, di iscriversi alla sezione torinese del Club Alpino Italiano e lo
stesso anno si vede affidare l’incarico di professore di biologia. Due anni più tardi parte per gli
Stati Uniti dove collabora per un biennio col premio Nobel Alexis Carrel in veste di assistente
del Rockefeller Institute for medical research di New York. Tornato in Italia, nel 1931 sposa la
ventiseienne torinese Eletta Porta con la quale condivide, oltre alla professione di medico, anche
la passione per la montagna. Eletta, inoltre, è legata al mondo dello scoutismo[4] che frequenterà
con entusiasmo per tutta la vita. L’anno successivo Oliviero è chiamato a Bologna per assumere
l’incarico di professore ordinario alla cattedra di istologia ed embriologia generale ed in seguito
a quella di anatomia umana. Eletta lo segue, ed a Bologna il 19 maggio del 1934 dà alla luce il
loro primo figlio, Franco, ed il 17 marzo del 1936 la figlioletta Chiara. Nel 1945 la famiglia si
trova sfollata a Valle di Cadore e qui, il 2 luglio, nasce anche la terzogenita Paola[5].
Tornato a Bologna il professor Olivo vi rimane sino alla fine della carriera accademica a
coronamento della quale viene nominato professore emerito, insignito nel 1949 del premio
dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Inoltre, in quello stesso periodo, viene eletto Consigliere
comunale tra le fila del Partito comunista (1951-1976) e nel biennio 1969-71 assume l’incarico di
Assessore all’Igiene. Nel frattempo Oliviero è segnato da un dolorosissimo lutto: la perdita di suo
figlio Franco[6] avvenuta durante un’arrampicata alla Torre Grande d’Averau lungo la via Miriam. A
suo padre peserà per tutta la vita il rimorso di averlo lui stesso introdotto all’alpinismo. Un
altro doloroso evento lo colpisce nel maggio del 1971 quando, all’età di 65 anni, si spegne la sua
amata Eletta. Il professore alpinista passerà gli ultimi anni della sua vita a Bologna tornando
ogni tanto sulle Dolomiti, fin quando un tumore al pancreas ne provocherà la morte l’11 novembre
del 1981.
L’alpino, il valente rocciatore, il medico luminare, riposa al fianco di sua moglie nel cimitero di
Cortina d’Ampezzo. Alla memoria gli sarà intitolata una strada a Valle di Cadore ed un parco
pubblico nella città di Bologna.
NOTE
[1]In un solo giorno raggiunge la cima dell’Antelao per Cima Fanton – Punta Chiggiato – Punta
Menini.
[2]La parete percorsa da Olivo è detta “Cresta degli Invalidi” a causa di un incidente occorso poco
tempo prima ad una cordata di tre alpinisti.
[3]Dal Rifugio San Marco per Forcella Piccola al ghiacciaio inferiore e quindi lungo la cresta che
scende direttamente dalla cima dell’Antelao.
[4]Eletta Porta (Torino, 18.1.1909 – Bologna, 16.5.1971), nel 1947 Commissaria UNGEI (Unione
Nazionale Giovani Esploratrici Italiane), dal 1954 al 1956 Commissaria Nazionale Esploratrici, dal
1960 al 1966 Commissaria Nazionale alle Primule, dal 1966 al 1971 Commissaria Nazionale per la
formazione dei Capi UNGEI. Dopo la morte sarà dedicato al suo nome ed a quello del figlio Franco
il Centro Studi Scout di Trieste.
[5]Paola Olivo, laureata in Fisica nel 1971, prima assistente di Matematica alla Facoltà di
Economia e Commercio, quindi nel 1982 professore associato di Analisi matematica presso la Facoltà
di Statistica. Come sua madre, anch’essa appassionata di montagna, frequenta l’ambiente dello
scoutismo femminile di cui è testimone attiva con alcuni documentari prodotti in proprio.
[6]Franco Olivo all’epoca della morte è assistente universitario. La caduta dalla Torre Grande
dell’Averau avviene per il distacco di un appiglio. Ad assistere alla disgrazia, dalla base della
Torre, vi è anche la sua giovane moglie sposata da appena un anno e mezzo.
Segnato dalla freccia Oliviero Mario Olivo tra i Volontari del Cadore
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Nato il 24 maggio 1896 a Trieste (TS)
Morto per malattia l'11 novembre 1981 a Bologna (BO)
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Offertosi spontaneamente quale vedetta avanzata in posizione esposta ed isolata dall’alba al tramonto, ferito alla spalla sinistra alle ore 15 e fatto segno a continuo fuoco di fucileria, tanto da averne giubba e scarpe forate da parecchi proiettili, rimase al suo posto fino alle ore 21, momento del cambio, ritirandosi calmo e sereno.Forame, 24 agosto 1916
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Oliviero nasce a Trieste il 24 maggio del 1896 da Bernardo Antonio Olivo e da Maria Kuk. Sua madre è di
Gorizia, mentre suo padre è originario della Val del Boite e precisamente di Suppiane, una frazione di
Venas ai piedi del maestoso Antelao. Qui gli Olivo sono numerosi e per distinguersi gli uni dagli altri
usano degli appellativi familiari. La stirpe di Oliviero è detta dei “Saverio”.
Fin da ragazzo, andando in visita ai nonni, Oliviero s’innamora delle montagne e con qualche amico un
po’ più esperto di lui si spinge sul Monte Rite e talvolta azzarda anche qualche arrampicata in roccia.
A Trieste frequenta il liceo e dopo la licenza ha appena il tempo di iscriversi, a Torino, alla
Facoltà di medicina e chirurgia. Non ancora ventenne, all’inizio della guerra contro l’Austria
abbandona infatti gli studi e il 6 giugno del 1915 si arruola tra i Volontari Alpini del Cadore.
Con alcuni di loro può mettere in pratica l’esperienza alpinistica che nel frattempo ha affinato,
perfezionando ancor più la tecnica di arrampicata e diventando in breve tempo un apprezzabile
rocciatore. Partecipa alle azioni del reparto, agli ordini del capitano
Celso Coletti, in Alta Val Sesis e quindi in Val Visdende dove il 22
giugno del 1916, per una audace escursione compiuta assieme ad altri verso Casera Manzòn, merita un
encomio solenne. Quando a metà agosto i Volontari si trasferiscono nella zona del Monte Cristallo, il
maggiore Alberto Neri del battaglione
Val Piave chiede 30 volontari per un’ardita operazione da
compiersi sul Monte Forame. Si offre anche Oliviero che, assieme ad una ventina di compagni, segue il
tenente Bruni verso la Punta Ovest. Vengono conquistati i salti di roccia sotto la Punta stessa, ed a
turno gli alpini presidiano le posizioni raggiunte. Sul primo salto di roccia del Forame, il 24 agosto
Oliviero ha modo di meritare una Medaglia d’Argento al Valore. Oliviero non si farà mai vanto di
quella onorificenza, pensando piuttosto di essere stato assistito da qualche Santo protettore
grazie al quale, pur ferito, è riuscito a sopravvivere. Ridisceso a valle con le proprie forze
viene prontamente soccorso ed inviato al centro di medicazione, poi all’ospedale di Auronzo, e una
volta dimesso è mandato a frequentare il corso allievi ufficiali.
Il 25 marzo del 1917 riceve la nomina ad aspirante venendo assegnato al battaglione
Fenestrelle del 3° reggimento alpini. Il 17 maggio ottiene
quindi la promozione a sottotenente e il 1° di settembre può aggiungere ai gradi la seconda
stelletta di tenente. Poco tempo più tardi a Longarone, mentre i reparti delle Dolomiti si stanno
ritirando verso la linea del Piave, viene catturato dagli austriaci ed inviato ad un campo di
prigionia presso Nagymegyer, in Ungheria.
Oliviero non si dà per vinto e fin da subito escogita coi compagni di prigionia il modo per
evadere. Assieme ad altri 40 ufficiali [tra cui il tenente
Giovanni Del Vesco] scava un tunnel attraverso il quale, il 30
giugno del 1918 riesce finalmente ad oltrepassare la recinzione guadagnando la libertà. La sua fuga
non dura però molto tempo perché, dopo alcuni giorni, viene di nuovo arrestato nei pressi del
confine tra l’Austria e la Svizzera. Inviato al campo di punizione di Komárom, sulle rive del
Danubio, tra le mura di una fortezza adibita a carcere militare non gli mancano né la fame né i
soprusi né le umiliazioni, ma pochi mesi più tardi la guerra finisce e con essa terminano anche le
sue tribolazioni e quelle dei compagni di prigionia coi quali viene rimpatriato.
Dopo essere stato interrogato a Mantova dalla Commissione per i detenuti di guerra, il 15 novembre
del 1919 il tenente Olivo viene in fine congedato ed all’età di 23 anni può tornare a Torino agli
studi di medicina. Frequenta con profitto le lezioni presso l’Istituto di anatomia diretto dal
prof. Giuseppe Levi e due anni più tardi consegue la laurea con lode e la nomina ad assistente.
Sceglie in quel periodo di abitare a Torino in Corso Massimo d’Azeglio, non distante dall’ospedale
Mauriziano ed a breve distanza dal parco del Valentino dove, quando ha un po’ di tempo libero, non
si nega qualche rilassante passeggiata che serve ad estraniarsi dagli impegni del lavoro. Nei
momenti di riposo si dedica anche alle sue grandi passioni, la musica e la fotografia, ma quel che
più gli sta a cuore è comunque la pratica dell’alpinismo. Torna quando può sulle Dolomiti dove nel
1923 affronta in solitaria l’apertura di una nuova via sull’Antelao[1]. Intanto aumenta anche la
sua fama professionale e nel 1924 è nei laboratori della Zeiss, a Jena, per specializzarsi nella
ricerca citologica mediante le tecniche di microscopia. Le ferie di quell’anno le trascorre a Venas
ed a settembre è sulle Marmarole dove vince, ancora in solitaria, l’inesplorato spigolo Sud-Est[2].
Fresco di nomina ad aiuto di anatomia umana, nel 1925 si concede qualche altra impresa raggiungendo
la cima dell’Antelao lungo la direttissima del versante settentrionale[3] ed assieme all’amico
Paolo Fanton scala per la prima volta il Pupo di Lozzo nel Gruppo delle Marmarole.
Nonostante la modestia che lo contraddistingue, nell’ambiente alpinistico la reputazione di
Oliviero si è ormai affermata, tanto da essere chiamato a partecipare anche ad alcune ascensioni in
compagnia del Re Alberto I del Belgio.
Nel 1926 decide, finalmente, di iscriversi alla sezione torinese del Club Alpino Italiano e lo
stesso anno si vede affidare l’incarico di professore di biologia. Due anni più tardi parte per gli
Stati Uniti dove collabora per un biennio col premio Nobel Alexis Carrel in veste di assistente
del Rockefeller Institute for medical research di New York. Tornato in Italia, nel 1931 sposa la
ventiseienne torinese Eletta Porta con la quale condivide, oltre alla professione di medico, anche
la passione per la montagna. Eletta, inoltre, è legata al mondo dello scoutismo[4] che frequenterà
con entusiasmo per tutta la vita. L’anno successivo Oliviero è chiamato a Bologna per assumere
l’incarico di professore ordinario alla cattedra di istologia ed embriologia generale ed in seguito
a quella di anatomia umana. Eletta lo segue, ed a Bologna il 19 maggio del 1934 dà alla luce il
loro primo figlio, Franco, ed il 17 marzo del 1936 la figlioletta Chiara. Nel 1945 la famiglia si
trova sfollata a Valle di Cadore e qui, il 2 luglio, nasce anche la terzogenita Paola[5].
Tornato a Bologna il professor Olivo vi rimane sino alla fine della carriera accademica a
coronamento della quale viene nominato professore emerito, insignito nel 1949 del premio
dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Inoltre, in quello stesso periodo, viene eletto Consigliere
comunale tra le fila del Partito comunista (1951-1976) e nel biennio 1969-71 assume l’incarico di
Assessore all’Igiene. Nel frattempo Oliviero è segnato da un dolorosissimo lutto: la perdita di suo
figlio Franco[6] avvenuta durante un’arrampicata alla Torre Grande d’Averau lungo la via Miriam. A
suo padre peserà per tutta la vita il rimorso di averlo lui stesso introdotto all’alpinismo. Un
altro doloroso evento lo colpisce nel maggio del 1971 quando, all’età di 65 anni, si spegne la sua
amata Eletta. Il professore alpinista passerà gli ultimi anni della sua vita a Bologna tornando
ogni tanto sulle Dolomiti, fin quando un tumore al pancreas ne provocherà la morte l’11 novembre
del 1981.
L’alpino, il valente rocciatore, il medico luminare, riposa al fianco di sua moglie nel cimitero di
Cortina d’Ampezzo. Alla memoria gli sarà intitolata una strada a Valle di Cadore ed un parco
pubblico nella città di Bologna.
NOTE
[1]In un solo giorno raggiunge la cima dell’Antelao per Cima Fanton – Punta Chiggiato – Punta
Menini.
[2]La parete percorsa da Olivo è detta “Cresta degli Invalidi” a causa di un incidente occorso poco
tempo prima ad una cordata di tre alpinisti.
[3]Dal Rifugio San Marco per Forcella Piccola al ghiacciaio inferiore e quindi lungo la cresta che
scende direttamente dalla cima dell’Antelao.
[4]Eletta Porta (Torino, 18.1.1909 – Bologna, 16.5.1971), nel 1947 Commissaria UNGEI (Unione
Nazionale Giovani Esploratrici Italiane), dal 1954 al 1956 Commissaria Nazionale Esploratrici, dal
1960 al 1966 Commissaria Nazionale alle Primule, dal 1966 al 1971 Commissaria Nazionale per la
formazione dei Capi UNGEI. Dopo la morte sarà dedicato al suo nome ed a quello del figlio Franco
il Centro Studi Scout di Trieste.
[5]Paola Olivo, laureata in Fisica nel 1971, prima assistente di Matematica alla Facoltà di
Economia e Commercio, quindi nel 1982 professore associato di Analisi matematica presso la Facoltà
di Statistica. Come sua madre, anch’essa appassionata di montagna, frequenta l’ambiente dello
scoutismo femminile di cui è testimone attiva con alcuni documentari prodotti in proprio.
[6]Franco Olivo all’epoca della morte è assistente universitario. La caduta dalla Torre Grande
dell’Averau avviene per il distacco di un appiglio. Ad assistere alla disgrazia, dalla base della
Torre, vi è anche la sua giovane moglie sposata da appena un anno e mezzo.
Segnato dalla freccia Oliviero Mario Olivo tra i Volontari del Cadore