Rossaro Edgardo
Soldato
7° Alpini, Volontari del Cadore
Nato il 7 marzo 1882 a Vercelli
Morto il 3 maggio 1972 a Rapallo (GE)
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Edgardo nasce a Vercelli il 7 marzo del 1882 da Ferdinando e Luigia Miglio.
La sua è una famiglia di artisti e patrioti: suo padre, che ha combattuto con Garibaldi, è pittore,
la sorella Irma miniaturista, un’altra sorella, Olga, è docente di storia dell’arte, suo fratello
Adolfo, morto a soli diciannove anni, era già ben avviato alla pittura e alla scultura.
Anche Edgardo è indirizzato all’apprendimento delle Belle Arti, prima all’Accademia di Vercelli,
dove insegna anche suo padre, poi all’Accademia di Torino, quindi a Venezia dove nel 1903 consegue
la laurea di professore di disegno, e infine a Firenze dove, nel 1908, tiene la sua prima mostra di
pittura.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Edgardo ha già compiuto 33 anni ed alla visita di leva lo
hanno scartato per insufficienza ... "assenza", dice lui ... toracica. Ciò nonostante, nel momento
in cui la Patria chiama, Edgardo non esita a presentarsi come volontario. L'1 giugno del 1915 parte
da Firenze per arruolarsi nel Corpo Volontari Alpini del Cadore. Ama infatti quelle terre, patria di
Tiziano Vecellio, che ha già visitato molte volte salendo da Venezia per dipingere gli stupefacenti
panorami dolomitici. Lì si è fatto molti amici e fra loro c’è anche Celso Coletti che ritrova al
comando del Corpo, appena costituito, dei Volontari del Cadore.
Raggiunta Pieve nei primi giorni di guerra, il 9 giugno il suo reparto si mette in marcia verso
Santo Stefano e nel suo diario Edgardo annota: "... il paese era tutto desto, la gente fuori, le
donne anziane alle finestre, le ragazze schierate vicino a noi, vicino ai morosi. Occhi lustri,
angoli di fazzoletto tra i denti. Attenti! Avanti march. Passo di strada. Di colpo, come per intesa,
si levò il coro “Addio mia bella addio”. Da tutte le finestre uno sventolare di fazzoletti; le
ragazze ci seguono per un buon tratto, fino oltre Calalzo; qualcuna si staccava singhiozzando,
mentre l’amico faceva il bullo e rideva impacciato, agitando la mano. “Addio mia bella addio”. Da
allora questa vecchia canzone di tutte le truppe ha per me un fascino particolare, mi porta una
folata di nostalgia che mi serra la gola ..."
Nel primo anno di guerra Edgardo prende parte alle operazioni tra Monte Avanza, Peralba e Laghi
d’Olbe in Val di Sesis. Per un certo periodo, non essendo presente tra i Volontari alcun medico o
infermiere, Rossaro viene “eletto” sanitario del reparto ed in quella veste si aggiusta a
disinfettare, ricucire, bendare ferite e distribuendo pastiglie. Quando la compagnia è in linea tra
il Passo dei Cacciatori e Cima Sappada, attrezza anche un ospedaletto da campo dove viene più tardi
raggiunto da un medico vero: il tenente Miceli che finalmente lo sostituisce nel curare feriti e
ammalati. Viene quindi ingaggiato dal generale Venturi che lo incarica di riprodurre su carta le
zone di combattimento del suo settore. Rossaro si dedica con impegno al nuovo compito approfittando
anche del buio notturno per riportare sui suoi disegni le posizione delle batterie avversarie
deducendone la collocazione dalle vampate dei colpi d’artiglieria.
Nel frattempo muore sua madre ed ai primi di gennaio del 1916 torna a Vercelli per la sua prima,
breve, triste licenza.
Pochi giorni dopo essere rientrato in Cadore viene chiamato a Belluno dal generale Attilio Vigevano,
responsabile dell’Ufficio informazioni truppe operanti che, avendo avuto modo di apprezzare i suoi
disegni, lo incarica di riprodurre una panoramica completa delle posizioni nemiche lungo tutto il
fronte della IV Armata, dalla Cavallazza ad occidente, fino a Monte Avanza ad oriente. Edgardo
svolge quell’impegnativa mansione dal 20 febbraio fino al 20 agosto del 1916 quando ritorna, con
piacere, al reparto dei Volontari con una nota del generale Vigevano da consegnare al Comandante:
"... si restituisce al suo Corpo il Volontario Rossaro Edgardo che ha assolto con impegno,
diligenza, intelligenza ed eroismo un servizio pericoloso e delicatissimo ....". Letto quel
foglio il Capitano Coletti non manca di ironizzare dicendogli: «Gò caro de saver che la ga
disegnà ... eroicamente!». Oltre a dedicarsi ai lavori cartografici, Edgardo fa uso della sua
vena artistica per eseguire innumerevoli disegni e veri e propri quadri che raffigurano i vari
momenti della guerra: “La Messa al campo”, “Le corvée di muli”, “Le ardite ascensioni”, “La morte”
e molti altri. Si dedica inoltre con piacere a ritrarre con caricature i suoi compagni d’arme che
gli restituiscono il favore dedicandogli una strofa di una nota canzoncina canticchiata al fronte:
E’ Rossaro quella cosa
barba e chioma a pidocchiera
che ha trovato la maniera
di pugnare col pennel,
paraponzi ponzipò
Poco dopo essere rientrato tra i Volontari, Edgardo assiste alle azioni sul Forame alle quali partecipa,
in preparazione dell’attacco, tracciando utili disegni delle linee nemiche. Il 26 settembre i Volontari
del Cadore vengono ritirati da quel fronte e dopo una breve puntata a Cortina, ritornano a Pieve di Cadore
dove sono accolti dalla popolazione come figli. Vengono quindi destinati alla Croda Rossa di Popera e al
Passo della Sentinella. Vi restano dal 29 ottobre fino alla primavera del 1917 rischiando la vita più per
gli stenti, il gelo, le valanghe e la fame, che non per gli attacchi degli Austriaci, anch’essi bloccati
dai rigori di quell’inverno eccezionalmente rigido. Nel frattempo Edgardo, pur tormentato dai disagi e da
una precaria salute, mette in posa i suoi compagni per dipingere un quadro da spedire per un concorso di
pittura a Roma. In aprile Rossaro ha la “disavventura” di essere ricoverato all’ospedale di Santo Stefano
dove i suoi disturbi gastrici vengono malamente curati e la sua salute peggiora. Portato a Calalzo viene
finalmente curato come si deve e quindi inviato all’ospedale di Torino. Per ragioni sconosciute viene però
dirottato all’ospedale militare di Casella d’Asolo: più una galera che un ospedale! Viene “liberato”
grazie all’intervento della sua famiglia che si rivolge ad un senatore di Vercelli. Ritorna quindi a Santo
Stefano dove una ventina di giorni di riposo, l’aria del Cadore, il buon cibo e qualche rimedio,
finalmente appropriato, lo rimettono in forze. Il 5 luglio risale al Popera. Giunge intanto il verdetto
del concorso romano di pittura: “... il quadro non rappresenta che un episodio della guerra, non la
guerra; i soldati si distinguono come Italiani soltanto dalla divisa grigioverde. Se essi portassero una
divisa azzurra o cachi, l’episodio potrebbe essere di qualsiasi altro esercito o nazione ...”. Il quadro a
Roma non piace ma viene ugualmente riprodotto in tricromia e diventa la cartolina ufficiale dei Volontari
del Cadore. Verrà successivamente acquistato dalla Magnifica Comunità Cadorina.
Grazie alle insistenze del colonnello Sala del 24° fanteria, Rossaro si iscrive al corso Ufficiali
istituito a Bagni, in Comelico Superiore. Sono gli ultimi giorni di ottobre del 1917, a Caporetto gli
Austriaci hanno sfondato. Dopo trenta mesi di vita durissima, di incredibili sofferenze, giunge alla
IV Armata l’ordine di ripiegare sulla linea del Piave. A Calalzo il 5 novembre Edgardo sale su un treno
assieme ai suoi compagni del corso Ufficiali: Padova, Rovigo e qualche giorno dopo raggiunge Ravenna. Lì
frequenta la Scuola di Guerra uscendone il 30 dicembre come aspirante assegnato al 3° Raggruppamento. Il
giorno di Capodanno parte per il Monte Grappa. Dal comando dell’XI Gruppo, ad Onè di Fonte, viene
assegnato al Battaglione «Feltre», 66ª Compagnia, 2° Plotone. Passa poco dopo al «Monte Pavione», 148ª
Compagnia e in linea sul Valderoa gli vengono affidati il 1° e il 2° Plotone. Si ritrova a combattere
assieme all’amico Italo Lunelli che ha conosciuto sulle Dolomiti al Passo della Sentinella ai tempi della
conquista di Cima Undici. Lunelli comanda ora il reparto mitragliatrici.
Tornato a Vercelli per una licenza, al suo rientro, nel marzo del 1918, Rossaro trova che il suo
battaglione è stato trasferito nelle retrovie ed è ora accampato a Casale, a nord di Thiene, alle
dipendenze del Corpo d’Armata comandato dal generale Caviglia.
Viene poco dopo chiamato a Piovene, presso il Comando di divisione dove si vuole stampare un giornale di
trincea. Lo chiamano “L’Astico”, intitolandolo al fiume che scorre lì vicino. Il giornale è diretto dal
sottotenente, scrittore e poeta alpino Pietro Jahier. Edgardo si dedica alla parte grafica, interrompendo
il suo nuovo impegno con alcune chiamate in linea per produrre disegni panoramici e un plastico delle
postazioni nemiche sul Cimone.
Per i suoi soliti malanni, forse aggravati dalla febbre spagnola, a metà ottobre viene ricoverato prima
all’ospedale di Cittadella e quindi, inaspettatamente, proprio in quello di Vercelli, a casa sua, dove gli
giunge notizia dell’avanzata italiana e in fine della vittoria.
Il 17 marzo del 1919 Edgardo Rossaro torna a Belluno dove ritira il suo foglio di congedo.
Dopo la fine delle ostilità riprende la sua carriera artistica. Nel 1921 da Firenze si trasferisce a
Milano e poi definitivamente a Rapallo. Le sue opere di ritrattista e paesaggista, ora molto conosciute e
ammirate, sono richieste in numerose esposizioni in Italia e all’estero. Vince, tra l’altro, il concorso
nazionale di ritratto femminile col quadro “Signora Serafini” e nel 1927 un altro premio di pittura per
ritratto. Molte sue opere sono conservate nelle Gallerie di Venezia e di Roma.
Edgardo non dimentica comunque il suo passato da Alpino e in occasione di ricorrenze, commemorazioni,
cerimonie militari o festività nazionali indossa orgogliosamente la sua divisa. Nel 1937 inizia inoltre a
collaborare con il giornale “L’Alpino” e due anni più tardi pubblica il suo libro di memorie: “La mia
guerra gioconda”. Anche gli “Alti Comandi” non si dimenticano di lui e dopo essere già stato promosso
tenente, il 14 giugno del 1939 gli giunge la nomina a capitano.
Non dimenticherà mai le terre del Piave e all’indomani della sciagura del Vajont, nell’ottobre 1963, invia
a Belluno nove suoi quadri delle Dolomiti perché siano venduti all’asta e il ricavato venga dato alle
famiglie dei commilitoni “Volontari del Cadore” morti nel disastro.
A Rapallo, dove si è ritirato fino dal 1925 scegliendo come dimora una tranquilla e ampia abitazione dalla
quale si può godere di un’incomparabile vista sul Golfo del Tigullio, Edgardo Rossaro muore il 3 maggio
del 1972 alla veneranda età di novant’anni.
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Nato il 7 marzo 1882 a Vercelli
Morto il 3 maggio 1972 a Rapallo (GE)
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Edgardo nasce a Vercelli il 7 marzo del 1882 da Ferdinando e Luigia Miglio.
La sua è una famiglia di artisti e patrioti: suo padre, che ha combattuto con Garibaldi, è pittore,
la sorella Irma miniaturista, un’altra sorella, Olga, è docente di storia dell’arte, suo fratello
Adolfo, morto a soli diciannove anni, era già ben avviato alla pittura e alla scultura.
Anche Edgardo è indirizzato all’apprendimento delle Belle Arti, prima all’Accademia di Vercelli,
dove insegna anche suo padre, poi all’Accademia di Torino, quindi a Venezia dove nel 1903 consegue
la laurea di professore di disegno, e infine a Firenze dove, nel 1908, tiene la sua prima mostra di
pittura.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Edgardo ha già compiuto 33 anni ed alla visita di leva lo
hanno scartato per insufficienza ... "assenza", dice lui ... toracica. Ciò nonostante, nel momento
in cui la Patria chiama, Edgardo non esita a presentarsi come volontario. L'1 giugno del 1915 parte
da Firenze per arruolarsi nel Corpo Volontari Alpini del Cadore. Ama infatti quelle terre, patria di
Tiziano Vecellio, che ha già visitato molte volte salendo da Venezia per dipingere gli stupefacenti
panorami dolomitici. Lì si è fatto molti amici e fra loro c’è anche Celso Coletti che ritrova al
comando del Corpo, appena costituito, dei Volontari del Cadore.
Raggiunta Pieve nei primi giorni di guerra, il 9 giugno il suo reparto si mette in marcia verso
Santo Stefano e nel suo diario Edgardo annota: "... il paese era tutto desto, la gente fuori, le
donne anziane alle finestre, le ragazze schierate vicino a noi, vicino ai morosi. Occhi lustri,
angoli di fazzoletto tra i denti. Attenti! Avanti march. Passo di strada. Di colpo, come per intesa,
si levò il coro “Addio mia bella addio”. Da tutte le finestre uno sventolare di fazzoletti; le
ragazze ci seguono per un buon tratto, fino oltre Calalzo; qualcuna si staccava singhiozzando,
mentre l’amico faceva il bullo e rideva impacciato, agitando la mano. “Addio mia bella addio”. Da
allora questa vecchia canzone di tutte le truppe ha per me un fascino particolare, mi porta una
folata di nostalgia che mi serra la gola ..."
Nel primo anno di guerra Edgardo prende parte alle operazioni tra Monte Avanza, Peralba e Laghi
d’Olbe in Val di Sesis. Per un certo periodo, non essendo presente tra i Volontari alcun medico o
infermiere, Rossaro viene “eletto” sanitario del reparto ed in quella veste si aggiusta a
disinfettare, ricucire, bendare ferite e distribuendo pastiglie. Quando la compagnia è in linea tra
il Passo dei Cacciatori e Cima Sappada, attrezza anche un ospedaletto da campo dove viene più tardi
raggiunto da un medico vero: il tenente Miceli che finalmente lo sostituisce nel curare feriti e
ammalati. Viene quindi ingaggiato dal generale Venturi che lo incarica di riprodurre su carta le
zone di combattimento del suo settore. Rossaro si dedica con impegno al nuovo compito approfittando
anche del buio notturno per riportare sui suoi disegni le posizione delle batterie avversarie
deducendone la collocazione dalle vampate dei colpi d’artiglieria.
Nel frattempo muore sua madre ed ai primi di gennaio del 1916 torna a Vercelli per la sua prima,
breve, triste licenza.
Pochi giorni dopo essere rientrato in Cadore viene chiamato a Belluno dal generale Attilio Vigevano,
responsabile dell’Ufficio informazioni truppe operanti che, avendo avuto modo di apprezzare i suoi
disegni, lo incarica di riprodurre una panoramica completa delle posizioni nemiche lungo tutto il
fronte della IV Armata, dalla Cavallazza ad occidente, fino a Monte Avanza ad oriente. Edgardo
svolge quell’impegnativa mansione dal 20 febbraio fino al 20 agosto del 1916 quando ritorna, con
piacere, al reparto dei Volontari con una nota del generale Vigevano da consegnare al Comandante:
"... si restituisce al suo Corpo il Volontario Rossaro Edgardo che ha assolto con impegno,
diligenza, intelligenza ed eroismo un servizio pericoloso e delicatissimo ....". Letto quel
foglio il Capitano Coletti non manca di ironizzare dicendogli: «Gò caro de saver che la ga
disegnà ... eroicamente!». Oltre a dedicarsi ai lavori cartografici, Edgardo fa uso della sua
vena artistica per eseguire innumerevoli disegni e veri e propri quadri che raffigurano i vari
momenti della guerra: “La Messa al campo”, “Le corvée di muli”, “Le ardite ascensioni”, “La morte”
e molti altri. Si dedica inoltre con piacere a ritrarre con caricature i suoi compagni d’arme che
gli restituiscono il favore dedicandogli una strofa di una nota canzoncina canticchiata al fronte:
E’ Rossaro quella cosa
barba e chioma a pidocchiera
che ha trovato la maniera
di pugnare col pennel,
paraponzi ponzipò
Poco dopo essere rientrato tra i Volontari, Edgardo assiste alle azioni sul Forame alle quali partecipa,
in preparazione dell’attacco, tracciando utili disegni delle linee nemiche. Il 26 settembre i Volontari
del Cadore vengono ritirati da quel fronte e dopo una breve puntata a Cortina, ritornano a Pieve di Cadore
dove sono accolti dalla popolazione come figli. Vengono quindi destinati alla Croda Rossa di Popera e al
Passo della Sentinella. Vi restano dal 29 ottobre fino alla primavera del 1917 rischiando la vita più per
gli stenti, il gelo, le valanghe e la fame, che non per gli attacchi degli Austriaci, anch’essi bloccati
dai rigori di quell’inverno eccezionalmente rigido. Nel frattempo Edgardo, pur tormentato dai disagi e da
una precaria salute, mette in posa i suoi compagni per dipingere un quadro da spedire per un concorso di
pittura a Roma. In aprile Rossaro ha la “disavventura” di essere ricoverato all’ospedale di Santo Stefano
dove i suoi disturbi gastrici vengono malamente curati e la sua salute peggiora. Portato a Calalzo viene
finalmente curato come si deve e quindi inviato all’ospedale di Torino. Per ragioni sconosciute viene però
dirottato all’ospedale militare di Casella d’Asolo: più una galera che un ospedale! Viene “liberato”
grazie all’intervento della sua famiglia che si rivolge ad un senatore di Vercelli. Ritorna quindi a Santo
Stefano dove una ventina di giorni di riposo, l’aria del Cadore, il buon cibo e qualche rimedio,
finalmente appropriato, lo rimettono in forze. Il 5 luglio risale al Popera. Giunge intanto il verdetto
del concorso romano di pittura: “... il quadro non rappresenta che un episodio della guerra, non la
guerra; i soldati si distinguono come Italiani soltanto dalla divisa grigioverde. Se essi portassero una
divisa azzurra o cachi, l’episodio potrebbe essere di qualsiasi altro esercito o nazione ...”. Il quadro a
Roma non piace ma viene ugualmente riprodotto in tricromia e diventa la cartolina ufficiale dei Volontari
del Cadore. Verrà successivamente acquistato dalla Magnifica Comunità Cadorina.
Grazie alle insistenze del colonnello Sala del 24° fanteria, Rossaro si iscrive al corso Ufficiali
istituito a Bagni, in Comelico Superiore. Sono gli ultimi giorni di ottobre del 1917, a Caporetto gli
Austriaci hanno sfondato. Dopo trenta mesi di vita durissima, di incredibili sofferenze, giunge alla
IV Armata l’ordine di ripiegare sulla linea del Piave. A Calalzo il 5 novembre Edgardo sale su un treno
assieme ai suoi compagni del corso Ufficiali: Padova, Rovigo e qualche giorno dopo raggiunge Ravenna. Lì
frequenta la Scuola di Guerra uscendone il 30 dicembre come aspirante assegnato al 3° Raggruppamento. Il
giorno di Capodanno parte per il Monte Grappa. Dal comando dell’XI Gruppo, ad Onè di Fonte, viene
assegnato al Battaglione «Feltre», 66ª Compagnia, 2° Plotone. Passa poco dopo al «Monte Pavione», 148ª
Compagnia e in linea sul Valderoa gli vengono affidati il 1° e il 2° Plotone. Si ritrova a combattere
assieme all’amico Italo Lunelli che ha conosciuto sulle Dolomiti al Passo della Sentinella ai tempi della
conquista di Cima Undici. Lunelli comanda ora il reparto mitragliatrici.
Tornato a Vercelli per una licenza, al suo rientro, nel marzo del 1918, Rossaro trova che il suo
battaglione è stato trasferito nelle retrovie ed è ora accampato a Casale, a nord di Thiene, alle
dipendenze del Corpo d’Armata comandato dal generale Caviglia.
Viene poco dopo chiamato a Piovene, presso il Comando di divisione dove si vuole stampare un giornale di
trincea. Lo chiamano “L’Astico”, intitolandolo al fiume che scorre lì vicino. Il giornale è diretto dal
sottotenente, scrittore e poeta alpino Pietro Jahier. Edgardo si dedica alla parte grafica, interrompendo
il suo nuovo impegno con alcune chiamate in linea per produrre disegni panoramici e un plastico delle
postazioni nemiche sul Cimone.
Per i suoi soliti malanni, forse aggravati dalla febbre spagnola, a metà ottobre viene ricoverato prima
all’ospedale di Cittadella e quindi, inaspettatamente, proprio in quello di Vercelli, a casa sua, dove gli
giunge notizia dell’avanzata italiana e in fine della vittoria.
Il 17 marzo del 1919 Edgardo Rossaro torna a Belluno dove ritira il suo foglio di congedo.
Dopo la fine delle ostilità riprende la sua carriera artistica. Nel 1921 da Firenze si trasferisce a
Milano e poi definitivamente a Rapallo. Le sue opere di ritrattista e paesaggista, ora molto conosciute e
ammirate, sono richieste in numerose esposizioni in Italia e all’estero. Vince, tra l’altro, il concorso
nazionale di ritratto femminile col quadro “Signora Serafini” e nel 1927 un altro premio di pittura per
ritratto. Molte sue opere sono conservate nelle Gallerie di Venezia e di Roma.
Edgardo non dimentica comunque il suo passato da Alpino e in occasione di ricorrenze, commemorazioni,
cerimonie militari o festività nazionali indossa orgogliosamente la sua divisa. Nel 1937 inizia inoltre a
collaborare con il giornale “L’Alpino” e due anni più tardi pubblica il suo libro di memorie: “La mia
guerra gioconda”. Anche gli “Alti Comandi” non si dimenticano di lui e dopo essere già stato promosso
tenente, il 14 giugno del 1939 gli giunge la nomina a capitano.
Non dimenticherà mai le terre del Piave e all’indomani della sciagura del Vajont, nell’ottobre 1963, invia
a Belluno nove suoi quadri delle Dolomiti perché siano venduti all’asta e il ricavato venga dato alle
famiglie dei commilitoni “Volontari del Cadore” morti nel disastro.
A Rapallo, dove si è ritirato fino dal 1925 scegliendo come dimora una tranquilla e ampia abitazione dalla
quale si può godere di un’incomparabile vista sul Golfo del Tigullio, Edgardo Rossaro muore il 3 maggio
del 1972 alla veneranda età di novant’anni.