Seminara Vigo Salvatore
Sottotenente
IV / 50° Brigata Parma
Nato il 29 novembre 1891 ad Acireale (CT)
Morto il 22 ottobre 1915 sul Col di Lana
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Conduceva arditamente il proprio plotone all’assalto della posizione nemica fortemente occupata, e
cadeva, mortalmente colpito, sull’orlo della trincea avversaria, dopo averne superati i reticolati,
dando mirabile esempio di valore e di slancio.
Col di Lana, 22 ottobre 1915
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della guerra
Primo del quattro figli dell'avvocato cav. Giovanni Seminara, giudice del tribunale di Catania, e
della nobildonna Mariannina del marchesi Vigo, Salvarore nasce ad Acireale il 29 novembre del 1891.
Fin da bambino prova una grande ammirazione per il nonno materno, il marchese Salvatore Vigo, che
in gioventù era stato tra i "picciotti" di Giuseppe Garibaldi partecipando alla battaglia di
Milazzo[1].
"Con il nome di tuo padre, - scriverà un giorno Salvatore a sua madre - del mio caro nonno, io
ho ereditato tutti i suoi sentimenti: l'amore per la Patria e per la Famiglia. Ricordi, il
picciotto di Garibaldi ti diceva: «Figlia, se ci sarà la guerra contro l'Austria, per liberare
Trento e Trieste, anch'io, anche se vecchio, prenderò un fucile e andrò volontario a combattere»".
Il giovane Salvatore, o Turiddu, come lo chiamano in famiglia, cresciuto d'età sceglie quindi di
intraprendere la carriera militare ed entra al collegio militare di Napoli per passare in seguito
alla scuola militare di Modena dalla quale, con non poco dispiacere, per ragioni di famiglia, si
deve però ritirare prima della fine dei corsi.
Suo fratello Lionardo[2], due anni più giovane di lui, anch'egli iscritto alla scuola di Modena,
porta invece a compimento gli studi uscendo nel 1915 col grado di sottotenente destinato al 19°
fanteria, a Monteleone Calabro.
La Grande Guerra e la morte dei due fratelli
Dichiarata la guerra italo-austriaca, anche Salvatore viene richiamato alle armi e col grado di
sottotenente raggiunge il 50° fanteria della brigata Parma che, in quel periodo, si trova
distaccato a Fenestrelle. Da lì parte per il fronte e raggiunto il paese di Sedico, in terra
veneta, non lontano da Belluno, verso la metà di luglio, passando per Agordo e risalendo quindi la
valle del Cordevole, raggiunge il passo San Pellegrino.
Lì viene raggiunto dalla tremenda notizia della morte di suo fratello Lionardo che il giorno 18 è
caduto sul Carso, nei pressi di Selva di San Martino, durante l'assalto a una trincea.
"Mamma mia adorata, - scrive subito dopo Salvatore, cercando di alleviare in qualche modo
l'immensa disperazione di sua madre - ventiquattro ore sono trascorse da che ho appreso la
tristissima notizia e sono relativamente calmo e sereno, saprò costringere il mio immenso dolore,
come le circostanze e il mio dovere esigono. Mamma mia adorata, mi rivolgo a te, che adoro, e ti
scongiuro di essere serena, sappi con animo spartano sopportare il tuo dolore, e ti siano di
conforto il giuramento solenne che abbiamo fatto io e i miei compagni, ieri sera, non appena
appresa la luttuosa notizia, il cordoglio di mille madri e mille cuori e le benedizioni, che
manderanno alla sacra memoria del nostro amatissimo Nardo migliaia di infelici liberati e le
generazioni future. Si, mamma mia, Nardo, il nostro carissimo Nardo, sarà benedetto e vendicato.
Il suo sangue giovane e generoso grida vendetta, ed io, che lo posso, ho raccolto e fatto mio quel
grido. Te lo giuro, mamma. Né io né i miei compagni potremmo mai permettere che tanti nostri
fratelli rimanessero senza vendetta. Ho bisogno di forza e di energia però, mamma. Non farmi
mancare né l'una né l'altra; ti ripeto, sono calmo e forte, però ho bisogno di te, che tu non mi
trascuri, non mi dia pensiero e dolori. Ho bisogno di rivedere sempre i tuoi caratteri, di leggere
le tue lettere; voglio che tu, e non altri, mi rassicuri che sei forte e coraggiosa, calma e
serena. Non fare che, oltre il dolore, che mi strazia l'animo, io abbia a combattere e far tacere
il supplizio, derivante dal non ricevere tue notizie. Non mi far vivere in ansia, e scrivimi sempre
la verità. Mamma, sii forte e tranquilla, conservati per i tuoi figli, che vendicheranno il loro
amatissimo fratello. Mamma, ricevi con i miei baci l'anima mia e benedicimi".
Salvatore non leggerà mai la risposta di sua madre perché dopo due giorni, il 22 ottobre, cadrà sul
Col di Lana combattendo, alla testa dei suoi soldati, per l'espugnazione delle trincee del
Panettone.
"[...] E inutile che Le ripeta - scriverà il tenente Carlo Donati
- che il buon Salvatore è
caduto da eroe; la sua figura è talmente scolpita in noi che vivrà sempre con le tradizioni del bel
vecchio IV battaglione del 50° fanteria. Giunto ai reticolati nemici, il prode Salvatore ha gettato
bombe, ha dato esempio ai soldati, finché è stato ferito. Allora ha dato ordine al suo sergente,
che gli stava vicino, di gridar lui, per l'ultima volta, "Savoia". Il grido è stato emesso; è stato
sollevato nuovo entusiasmo; di nuovo hanno scattato i soldati del IV plotone per vendicare anche il
loro tenente; ma in questo momento, una bomba a mano ha sollevato, e fatto poi cadere per sempre il
bravo Seminara ... La salma dell'indimenticabile, valoroso collega, proposto per la medaglia
d'argento al valor militare, riposa sopra a Palla (Costone di Salesei, Col di Lana)".
E le medaglie che saranno attribuite ai suoi figli, riassumendo in poche parole quei tragici
momenti, non serviranno affatto a lenire le inimmaginabili tribolazioni di una madre che, nell'arco
di cinque giorni, ha dovuto sopportare il sacrificio di due figli alle atroci ragioni della guerra:
Sottotenente del 19° reggimento di fanteria (brigata Brescia) Seminara Vigo Lionardo:
"Nell'attacco di un trinceramento nemico, ferito una prima volta, persistette, con invitto valore,
nella lotta, finché fu di nuovo e mortalmente ferito." Sdraussina, 18 luglio 1915.
NOTE
[1] Combattuta fra il 17 e il 24 luglio del 1860 nei dintorni della città di Milazzo, la battaglia venne sostenuta dai Mille di Garibaldi affiancati da volontari siciliani che diedero luogo al cosiddetto esercito meridionale. A Milazzo vennero affrontati e sconfitti i borbonici numericamente inferiori e privi delle più moderne carabine a canna rigata di cui erano invece dotati i garibaldini.
[2] Lionardo Seminara-Vigo, nato ad Acireale (CT) l'11 maggio del 1893.
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Nato il 29 novembre 1891 ad Acireale (CT)
Morto il 22 ottobre 1915 sul Col di Lana
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Conduceva arditamente il proprio plotone all’assalto della posizione nemica fortemente occupata, e cadeva, mortalmente colpito, sull’orlo della trincea avversaria, dopo averne superati i reticolati, dando mirabile esempio di valore e di slancio.Col di Lana, 22 ottobre 1915
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della guerra
Primo del quattro figli dell'avvocato cav. Giovanni Seminara, giudice del tribunale di Catania, e della nobildonna Mariannina del marchesi Vigo, Salvarore nasce ad Acireale il 29 novembre del 1891. Fin da bambino prova una grande ammirazione per il nonno materno, il marchese Salvatore Vigo, che in gioventù era stato tra i "picciotti" di Giuseppe Garibaldi partecipando alla battaglia di Milazzo[1]."Con il nome di tuo padre, - scriverà un giorno Salvatore a sua madre - del mio caro nonno, io ho ereditato tutti i suoi sentimenti: l'amore per la Patria e per la Famiglia. Ricordi, il picciotto di Garibaldi ti diceva: «Figlia, se ci sarà la guerra contro l'Austria, per liberare Trento e Trieste, anch'io, anche se vecchio, prenderò un fucile e andrò volontario a combattere»".
Il giovane Salvatore, o Turiddu, come lo chiamano in famiglia, cresciuto d'età sceglie quindi di intraprendere la carriera militare ed entra al collegio militare di Napoli per passare in seguito alla scuola militare di Modena dalla quale, con non poco dispiacere, per ragioni di famiglia, si deve però ritirare prima della fine dei corsi. Suo fratello Lionardo[2], due anni più giovane di lui, anch'egli iscritto alla scuola di Modena, porta invece a compimento gli studi uscendo nel 1915 col grado di sottotenente destinato al 19° fanteria, a Monteleone Calabro.
La Grande Guerra e la morte dei due fratelli
Dichiarata la guerra italo-austriaca, anche Salvatore viene richiamato alle armi e col grado di sottotenente raggiunge il 50° fanteria della brigata Parma che, in quel periodo, si trova distaccato a Fenestrelle. Da lì parte per il fronte e raggiunto il paese di Sedico, in terra veneta, non lontano da Belluno, verso la metà di luglio, passando per Agordo e risalendo quindi la valle del Cordevole, raggiunge il passo San Pellegrino. Lì viene raggiunto dalla tremenda notizia della morte di suo fratello Lionardo che il giorno 18 è caduto sul Carso, nei pressi di Selva di San Martino, durante l'assalto a una trincea. "Mamma mia adorata, - scrive subito dopo Salvatore, cercando di alleviare in qualche modo l'immensa disperazione di sua madre - ventiquattro ore sono trascorse da che ho appreso la tristissima notizia e sono relativamente calmo e sereno, saprò costringere il mio immenso dolore, come le circostanze e il mio dovere esigono. Mamma mia adorata, mi rivolgo a te, che adoro, e ti scongiuro di essere serena, sappi con animo spartano sopportare il tuo dolore, e ti siano di conforto il giuramento solenne che abbiamo fatto io e i miei compagni, ieri sera, non appena appresa la luttuosa notizia, il cordoglio di mille madri e mille cuori e le benedizioni, che manderanno alla sacra memoria del nostro amatissimo Nardo migliaia di infelici liberati e le generazioni future. Si, mamma mia, Nardo, il nostro carissimo Nardo, sarà benedetto e vendicato. Il suo sangue giovane e generoso grida vendetta, ed io, che lo posso, ho raccolto e fatto mio quel grido. Te lo giuro, mamma. Né io né i miei compagni potremmo mai permettere che tanti nostri fratelli rimanessero senza vendetta. Ho bisogno di forza e di energia però, mamma. Non farmi mancare né l'una né l'altra; ti ripeto, sono calmo e forte, però ho bisogno di te, che tu non mi trascuri, non mi dia pensiero e dolori. Ho bisogno di rivedere sempre i tuoi caratteri, di leggere le tue lettere; voglio che tu, e non altri, mi rassicuri che sei forte e coraggiosa, calma e serena. Non fare che, oltre il dolore, che mi strazia l'animo, io abbia a combattere e far tacere il supplizio, derivante dal non ricevere tue notizie. Non mi far vivere in ansia, e scrivimi sempre la verità. Mamma, sii forte e tranquilla, conservati per i tuoi figli, che vendicheranno il loro amatissimo fratello. Mamma, ricevi con i miei baci l'anima mia e benedicimi".Salvatore non leggerà mai la risposta di sua madre perché dopo due giorni, il 22 ottobre, cadrà sul Col di Lana combattendo, alla testa dei suoi soldati, per l'espugnazione delle trincee del Panettone.
"[...] E inutile che Le ripeta - scriverà il tenente Carlo Donati - che il buon Salvatore è caduto da eroe; la sua figura è talmente scolpita in noi che vivrà sempre con le tradizioni del bel vecchio IV battaglione del 50° fanteria. Giunto ai reticolati nemici, il prode Salvatore ha gettato bombe, ha dato esempio ai soldati, finché è stato ferito. Allora ha dato ordine al suo sergente, che gli stava vicino, di gridar lui, per l'ultima volta, "Savoia". Il grido è stato emesso; è stato sollevato nuovo entusiasmo; di nuovo hanno scattato i soldati del IV plotone per vendicare anche il loro tenente; ma in questo momento, una bomba a mano ha sollevato, e fatto poi cadere per sempre il bravo Seminara ... La salma dell'indimenticabile, valoroso collega, proposto per la medaglia d'argento al valor militare, riposa sopra a Palla (Costone di Salesei, Col di Lana)".
E le medaglie che saranno attribuite ai suoi figli, riassumendo in poche parole quei tragici momenti, non serviranno affatto a lenire le inimmaginabili tribolazioni di una madre che, nell'arco di cinque giorni, ha dovuto sopportare il sacrificio di due figli alle atroci ragioni della guerra:
Sottotenente del 19° reggimento di fanteria (brigata Brescia) Seminara Vigo Lionardo:
"Nell'attacco di un trinceramento nemico, ferito una prima volta, persistette, con invitto valore, nella lotta, finché fu di nuovo e mortalmente ferito." Sdraussina, 18 luglio 1915.
NOTE
[1] Combattuta fra il 17 e il 24 luglio del 1860 nei dintorni della città di Milazzo, la battaglia venne sostenuta dai Mille di Garibaldi affiancati da volontari siciliani che diedero luogo al cosiddetto esercito meridionale. A Milazzo vennero affrontati e sconfitti i borbonici numericamente inferiori e privi delle più moderne carabine a canna rigata di cui erano invece dotati i garibaldini.[2] Lionardo Seminara-Vigo, nato ad Acireale (CT) l'11 maggio del 1893.
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