Soratroi Albino
Standschützen mitragliere
Standschützen - Streifkompanie III
Nato il 13 agosto 1898 a Costa di Salesei (BL)
Morto il 22 dicembre 1983 a Costa di Salesei (BL)
Decorazioni
Medaglia d'Argento di 2ª classe
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Primogenito di sette figli[1], Albino Soratroi nasce a Costa di Salesei, in Comune di Livinallongo,
il 13 agosto del 1898. Al suo paese si conversa in fodom, parlata ladina, ma a scuola si impara il
tedesco oltre ad un po’ d’italiano. Terra austriaca di confine la sua e poco distante, appena al di
là del Cordevole, il suolo è già dei Savoia.
Albino, detto Bino, fin da ragazzo, dà una mano in famiglia badando alle bestie, falciando erba e
trasportando il fieno a spalla. Il tempo libero lo passa invece giocando con gli amici e come di
tradizione, frequentando con loro la scuola di tiro a segno.
Il 12 maggio del 1915 una terribile tragedia colpisce la famiglia Soratroi: dopo appena tre giorni
di malattia, a soli 49 anni d’età, il padre di Albino muore lasciando moglie e sette figli, il più
piccolo dei quali non ha nemmeno tre anni. Qualche giorno più tardi, proprio all’uscita della messa
di suffragio, un gendarme affianca il ragazzo per notificargli che, come appartenente agli
Standschützen, deve rispondere anche lui alla chiamata del suo Imperatore, Franz Joseph I. È così
che il giorno stesso, sul piazzale dell’hotel Tirol[2], gli vengono consegnati lo zaino, il
fucile e la divisa militare, fin troppo larga per la sua minuta corporatura di sedicenne.
Il 22 maggio Bino parte inquadrato con gli altri fodomi[3] verso Corte e poi a Lasta[4] dove
si riunisce alla sua Compagnia. Nella notte tra il 23 ed il 24 maggio il reparto viene già messo in
linea tra il fortino di Ruaz, Forte
la Corte e Col di Roda dove, già da tempo, sono state
allestite le opere di difesa. Pochi giorni più tardi il giovane Soratroi è inviato a La Villa, in
Val Badia, a svolgere servizi di guardia ai depositi di munizioni ed ai vettovagliamenti ed a fine
luglio è a Innichen (San Candido) per seguire un corso d’istruzione sull’uso delle mitragliatrici
modello 7/12. Torna quindi a Lasta assegnato alla sezione di
«Maschinengeweher» aggregata al 65° Battaglione Landsturm[5]. Agli ordini del Capitano Zeyer il 22
settembre lo mandano in Val Travenanzes dove, nei pressi della cascata del Rio Fontana Negra, sono
stati costruiti dei baraccamenti che devono però essere spostati più a valle, a ridosso di un
costone vicino alle malghe di Travenanzes, per evitare i colpi dell’artiglieria italiana. Data la
sua giovane età, Bino è destinato più che altro a servizi di corvée, ma talvolta viene impiegato
anche in prima linea, a Fontana Negra e al Dickshädel[6], dove fa da servente ad una mitragliatrice
della Streifkompanie III[7]. Costretto a pernottare all’addiaccio, in una notte particolarmente
fredda subisce un principio di congelamento alle mani ed ai piedi, dal quale si salva grazie
all’intervento del compagno Luigi Palla, anch’egli fodomo di Livinallongo, che gli massaggia
energicamente gli arti. A metà novembre la postazione viene rilevata dal Battaglione Enneberg[8] e
lo Standschützen Bino Soratroi viene destinato ai lavori di rafforzamento di quota 2.800 al
Dickshädel, una punto ritenuto strategicamente molto importante nel caso che le posizioni di
Fontana Negra o della Nemesis dovessero essere forzatamente abbandonate. Viene scavata ed allestita
un’ampia caverna, si costruiscono trincee e camminamenti, posti di vedetta e nidi per le
mitragliatrici. Da valle dev’essere trasportato tutto il necessario, compresa la sabbia con cui
riempire i sacchetti da trincea, ma gli alpini e gli artiglieri italiani non rendono la vita facile
a quelli che si arrampicano sotto il peso del materiale e col moschetto a tracolla, costretti a
correre da un riparo all’altro per schivare le fucilate.
All’inizio del nuovo anno, ridisceso alle malghe di Val Travenanzes, Bino scampa fortunosamente ad
una valanga che seppellisce sei baracche. E’ di servizio alla Nemesis quando il 9 luglio si scatena
l’attacco italiano, prima contro le postazioni di Fontana Negra e quindi alle Tre Dita. Da lì
assiste alla morte di tanti suoi compagni, compreso il capitano
Emanuel Barborka che qualche tempo prima gli aveva addirittura
fatto i complimenti per i buoni servizi prestati nonostante la giovane età. Pochi giorni più tardi,
l’11 luglio, dal suo posto di vedetta sulla posizione “Lauer” Bino assiste all’esplosione della
grande mina che sconquassa la cima del Castelletto della Tofana.
“[...] alle ore 3,30 un boato fece oscillare tutte e tre le Tofane. Il Castelletto al momento
dello scoppio si fece per un attimo rossastro, come se si trattasse di un incendio, poi un rovino t
remendo di massi rocciosi che volavano ed andavano ad infrangersi sul ghiaione. Le guglie erano
sparite e i poveretti che si trovavano lì di vedetta, essendo più o meno al corrente di quanto da
un momento all’altro succedeva, erano consci del loro destino [...]” scriverà egli stesso.
Dopo la perdita di Fontana Negra e delle Tre Dita, l’accampamento austriaco viene spostato alla
base della Nemesis dov’è comunque esposto al bombardamento dei pezzi d’artiglieria piazzati alle
Cinque Torri. Durante un attacco alla “Lauer”, assieme ad altri due compagni riesce a sventare
l’incursione degli alpini spostandosi da una feritoia all’altra della trincea da lui presidiata.
Per questo episodio gli viene conferita la medaglia d’Argento di II Classe. Negli ultimi giorni di
agosto viene quindi trasferito a Brunico e poi in Val Badia. Da lì è destinato alla linea
Gasserdepot che da Forcella Fanis si estende verso l’alta Val Travenanzes.
Durante un servizio di
rifornimento viveri ad una posizione avanzata, appena occupata di sorpresa dagli alpini, lo
Standschützen Albino Soratroi viene fatto prigioniero. Facendolo passare per Vervei lo conducono a
Cortina e poi a San Vito di Cadore, Calalzo, Montebelluna ed in fine in Umbria, ad Orvieto, dove si
ferma per un breve periodo perché subito dopo accetta di lavorare a Tuoro, nei pressi del Lago
Trasimeno. Lì incontra il compaesano Piere Vich che è stato catturato a Fontana Negra. I prigionieri
vengono impiegati per il rimboschimento di un’area collinare ma per una distorsione al ginocchio
Albino è ricoverato a Calci, in provincia di Pisa. Dopo la convalescenza viene quindi trasferito a
Cassino per fare da attendente a due sottufficiali fino alla fine della guerra.
“Appena intravidi la valle di Livinallongo quanta desolazione e devastazione, residui di mura
annerita, la tanto decantata strada delle Dolomiti solcata da uno stretto passaggio sufficiente
appena per un pedone. S’incontravano raramente delle persone. La chiesa di Pieve era un ammasso di
mura, mancava pure il campanile”.
Albino in fine è tornato a casa dove ritrova la sua famiglia ricomposta dopo le forzate separazioni
dei giorni di guerra. Lavora un po’ come contadino ed un po’ nell’edilizia, a ricostruire quello
che la guerra ha sconquassato. Collabora anche come pompiere volontario e nel 1946 sposa Maria
Luigia Crepaz. Nel 1970, aiutato da suo nipote, scrive i suoi “Ricordi di guerra e di prigionia –
Maggio 1915, Febbraio 1919” da cui è stata tratta questa breve biografia.
Albino Soratroi muore, all’età di 85 anni, il 22 dicembre del 1983 a Costa di Salesei – Valle di
Fodom - Ladinia.
NOTE
[1] Dopo di lui, i genitori metteranno al mondo Carolina, Amalia, Paolina, Francesca, Paolo e Giuseppe.
[2] L’attuale Hotel Dolomiti a Pieve di Livinallongo.
[3] Fodom è il termine col quale si distingue il territorio di Livinallongo e la sua parlata;
fodomi sono detti, per analogia, gli abitanti di quelle terre.
[4] Paese ai piedi del Monte Sief. A Corte era presente l’omonimo Forte costruito dagli Austriaci.
[5] Il 65° Battaglione Landsturm era allora comandato dal Capitano (Hauptmann) Barone Von Sternbach di Brunico
[6] Dickschädel, per gli italiani Tre Dita
[7] Streifkompanie: compagnie pattugliatrici d'alta montagna.
[8] Il Battaglione Enneberg comprendeva 4 compagnie di Standschützen sotto il comando del maggiore
Franz Kostner di Corvara. Nella 1ª compagnia erano inquadrati uomini di Brunico e dintorni, nella
2ª e 3ª della Val Badia, nella 4ª uomini di Fodom e dell’Ampezzano.
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Nato il 13 agosto 1898 a Costa di Salesei (BL)
Morto il 22 dicembre 1983 a Costa di Salesei (BL)
Decorazioni
Medaglia d'Argento di 2ª classe
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Primogenito di sette figli[1], Albino Soratroi nasce a Costa di Salesei, in Comune di Livinallongo,
il 13 agosto del 1898. Al suo paese si conversa in fodom, parlata ladina, ma a scuola si impara il
tedesco oltre ad un po’ d’italiano. Terra austriaca di confine la sua e poco distante, appena al di
là del Cordevole, il suolo è già dei Savoia.
Albino, detto Bino, fin da ragazzo, dà una mano in famiglia badando alle bestie, falciando erba e
trasportando il fieno a spalla. Il tempo libero lo passa invece giocando con gli amici e come di
tradizione, frequentando con loro la scuola di tiro a segno.
Il 12 maggio del 1915 una terribile tragedia colpisce la famiglia Soratroi: dopo appena tre giorni
di malattia, a soli 49 anni d’età, il padre di Albino muore lasciando moglie e sette figli, il più
piccolo dei quali non ha nemmeno tre anni. Qualche giorno più tardi, proprio all’uscita della messa
di suffragio, un gendarme affianca il ragazzo per notificargli che, come appartenente agli
Standschützen, deve rispondere anche lui alla chiamata del suo Imperatore, Franz Joseph I. È così
che il giorno stesso, sul piazzale dell’hotel Tirol[2], gli vengono consegnati lo zaino, il
fucile e la divisa militare, fin troppo larga per la sua minuta corporatura di sedicenne.
Il 22 maggio Bino parte inquadrato con gli altri fodomi[3] verso Corte e poi a Lasta[4] dove
si riunisce alla sua Compagnia. Nella notte tra il 23 ed il 24 maggio il reparto viene già messo in
linea tra il fortino di Ruaz, Forte
la Corte e Col di Roda dove, già da tempo, sono state
allestite le opere di difesa. Pochi giorni più tardi il giovane Soratroi è inviato a La Villa, in
Val Badia, a svolgere servizi di guardia ai depositi di munizioni ed ai vettovagliamenti ed a fine
luglio è a Innichen (San Candido) per seguire un corso d’istruzione sull’uso delle mitragliatrici
modello 7/12. Torna quindi a Lasta assegnato alla sezione di
«Maschinengeweher» aggregata al 65° Battaglione Landsturm[5]. Agli ordini del Capitano Zeyer il 22
settembre lo mandano in Val Travenanzes dove, nei pressi della cascata del Rio Fontana Negra, sono
stati costruiti dei baraccamenti che devono però essere spostati più a valle, a ridosso di un
costone vicino alle malghe di Travenanzes, per evitare i colpi dell’artiglieria italiana. Data la
sua giovane età, Bino è destinato più che altro a servizi di corvée, ma talvolta viene impiegato
anche in prima linea, a Fontana Negra e al Dickshädel[6], dove fa da servente ad una mitragliatrice
della Streifkompanie III[7]. Costretto a pernottare all’addiaccio, in una notte particolarmente
fredda subisce un principio di congelamento alle mani ed ai piedi, dal quale si salva grazie
all’intervento del compagno Luigi Palla, anch’egli fodomo di Livinallongo, che gli massaggia
energicamente gli arti. A metà novembre la postazione viene rilevata dal Battaglione Enneberg[8] e
lo Standschützen Bino Soratroi viene destinato ai lavori di rafforzamento di quota 2.800 al
Dickshädel, una punto ritenuto strategicamente molto importante nel caso che le posizioni di
Fontana Negra o della Nemesis dovessero essere forzatamente abbandonate. Viene scavata ed allestita
un’ampia caverna, si costruiscono trincee e camminamenti, posti di vedetta e nidi per le
mitragliatrici. Da valle dev’essere trasportato tutto il necessario, compresa la sabbia con cui
riempire i sacchetti da trincea, ma gli alpini e gli artiglieri italiani non rendono la vita facile
a quelli che si arrampicano sotto il peso del materiale e col moschetto a tracolla, costretti a
correre da un riparo all’altro per schivare le fucilate.
All’inizio del nuovo anno, ridisceso alle malghe di Val Travenanzes, Bino scampa fortunosamente ad
una valanga che seppellisce sei baracche. E’ di servizio alla Nemesis quando il 9 luglio si scatena
l’attacco italiano, prima contro le postazioni di Fontana Negra e quindi alle Tre Dita. Da lì
assiste alla morte di tanti suoi compagni, compreso il capitano
Emanuel Barborka che qualche tempo prima gli aveva addirittura
fatto i complimenti per i buoni servizi prestati nonostante la giovane età. Pochi giorni più tardi,
l’11 luglio, dal suo posto di vedetta sulla posizione “Lauer” Bino assiste all’esplosione della
grande mina che sconquassa la cima del Castelletto della Tofana.
“[...] alle ore 3,30 un boato fece oscillare tutte e tre le Tofane. Il Castelletto al momento
dello scoppio si fece per un attimo rossastro, come se si trattasse di un incendio, poi un rovino t
remendo di massi rocciosi che volavano ed andavano ad infrangersi sul ghiaione. Le guglie erano
sparite e i poveretti che si trovavano lì di vedetta, essendo più o meno al corrente di quanto da
un momento all’altro succedeva, erano consci del loro destino [...]” scriverà egli stesso.
Dopo la perdita di Fontana Negra e delle Tre Dita, l’accampamento austriaco viene spostato alla
base della Nemesis dov’è comunque esposto al bombardamento dei pezzi d’artiglieria piazzati alle
Cinque Torri. Durante un attacco alla “Lauer”, assieme ad altri due compagni riesce a sventare
l’incursione degli alpini spostandosi da una feritoia all’altra della trincea da lui presidiata.
Per questo episodio gli viene conferita la medaglia d’Argento di II Classe. Negli ultimi giorni di
agosto viene quindi trasferito a Brunico e poi in Val Badia. Da lì è destinato alla linea
Gasserdepot che da Forcella Fanis si estende verso l’alta Val Travenanzes.
Durante un servizio di
rifornimento viveri ad una posizione avanzata, appena occupata di sorpresa dagli alpini, lo
Standschützen Albino Soratroi viene fatto prigioniero. Facendolo passare per Vervei lo conducono a
Cortina e poi a San Vito di Cadore, Calalzo, Montebelluna ed in fine in Umbria, ad Orvieto, dove si
ferma per un breve periodo perché subito dopo accetta di lavorare a Tuoro, nei pressi del Lago
Trasimeno. Lì incontra il compaesano Piere Vich che è stato catturato a Fontana Negra. I prigionieri
vengono impiegati per il rimboschimento di un’area collinare ma per una distorsione al ginocchio
Albino è ricoverato a Calci, in provincia di Pisa. Dopo la convalescenza viene quindi trasferito a
Cassino per fare da attendente a due sottufficiali fino alla fine della guerra.
“Appena intravidi la valle di Livinallongo quanta desolazione e devastazione, residui di mura
annerita, la tanto decantata strada delle Dolomiti solcata da uno stretto passaggio sufficiente
appena per un pedone. S’incontravano raramente delle persone. La chiesa di Pieve era un ammasso di
mura, mancava pure il campanile”.
Albino in fine è tornato a casa dove ritrova la sua famiglia ricomposta dopo le forzate separazioni
dei giorni di guerra. Lavora un po’ come contadino ed un po’ nell’edilizia, a ricostruire quello
che la guerra ha sconquassato. Collabora anche come pompiere volontario e nel 1946 sposa Maria
Luigia Crepaz. Nel 1970, aiutato da suo nipote, scrive i suoi “Ricordi di guerra e di prigionia –
Maggio 1915, Febbraio 1919” da cui è stata tratta questa breve biografia.
Albino Soratroi muore, all’età di 85 anni, il 22 dicembre del 1983 a Costa di Salesei – Valle di
Fodom - Ladinia.
NOTE
[1] Dopo di lui, i genitori metteranno al mondo Carolina, Amalia, Paolina, Francesca, Paolo e Giuseppe.
[2] L’attuale Hotel Dolomiti a Pieve di Livinallongo.
[3] Fodom è il termine col quale si distingue il territorio di Livinallongo e la sua parlata;
fodomi sono detti, per analogia, gli abitanti di quelle terre.
[4] Paese ai piedi del Monte Sief. A Corte era presente l’omonimo Forte costruito dagli Austriaci.
[5] Il 65° Battaglione Landsturm era allora comandato dal Capitano (Hauptmann) Barone Von Sternbach di Brunico
[6] Dickschädel, per gli italiani Tre Dita
[7] Streifkompanie: compagnie pattugliatrici d'alta montagna.
[8] Il Battaglione Enneberg comprendeva 4 compagnie di Standschützen sotto il comando del maggiore
Franz Kostner di Corvara. Nella 1ª compagnia erano inquadrati uomini di Brunico e dintorni, nella
2ª e 3ª della Val Badia, nella 4ª uomini di Fodom e dell’Ampezzano.