Nazione Viviani Renato

Grado Tenente

Mostrina  52° Brigata Alpi

Ritratto

Nato l'11 novembre 1887 a Terni

Morto il 10 luglio 1915 sul Col di Lana

Decorazioni

Decorazione Medaglia d'Argento

Ferito rimase al suo posto; e, con mirabile serenità, rivolse nobili parole di incoraggiamento al suo plotone, che, sottoposto al tiro di mitragliatrici, aveva subito notevoli perdite in poco tempo. Ferito di nuovo, e gravemente, fu portato via dalla linea di fuoco, cessando poi di vivere in seguito alle ferite.
Col di Lana, 9 luglio 1915

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Renato, figlio di Alberto Viviani, nasce a Terni, in terra umbra, l'11 novembre del 1887. Fin da ragazzo, dimostra la sua propensione per lo studio ed all'età di ventiquattro anni si laurea in giurisprudenza. Dotato di non comune intuito giuridico e di buona eloquenza forense, esercita fin da subito la professione di avvocato meritando ben presto la stima dei colleghi, tanto da essere chiamato a partecipare, in veste di difensore, ad un celebre processo di inizio secolo[1]. Noto per la sua rettitudine, appena ventisettenne, ricopre a Terni la carica di consigliere comunale.
Allo scoppio della guerra italo-austriaca viene arruolato, col grado di tenente, nel 52° reggimento di fanteria della brigata "Alpi". Raggiunta l'alta Valle del Cordevole partecipa col suo plotone a numerose ricognizioni ed a sortite intese a saggiare le forze e le difese nemiche finché, all'inizio di luglio, anche il suo reparto viene destinato all'assalto per la conquista della linea di cresta del Costone Castello sul Col di Lana. Con tali operazioni il generale Segato, il nuovo comandante del IX Corpo d'Armata, intende scardinare le difese nemiche per accedere alla Valparola. Partito da Agai, avamposto austriaco appena conquistato dai fanti italiani, il 9 luglio il battaglione del 52° fanteria avanza puntando verso la cima. Gli uomini sono accolti da raffiche di colpi che, sparate da posizioni dominanti, risultano micidiali. Molti cadono mortalmente feriti e, mentre procede alla testa del suo reparto, anche il tenente Viviani viene colpito una prima volta e poi una seconda, dai proiettili di una mitragliatrice.
Il tenente Ermanno Tonizzi, il suo comandante di compagnia, scrive alla madre di Renato annunciandole la tremenda notizia della morte di suo figlio: "Sappia, sappiano i suoi amici, sappia l'intera città di Terni, che il nostro Renato, che amavo con fiero e devoto amore di figlio, sia a conoscenza di tutti che miglior morte di Eroe non esiste. Colpito, rimase là, coi suoi soldati, sotto il turbine del fuoco e delle mitragliatrici nemiche; vide parecchi dei suoi immolati alla causa giusta e santa, che è la bandiera nostra, ma dopo un nuovo colpo fu portato via. Lo baciai più volte e lo vidi sparire, seguito dal suo fedele Bazzano". Ricoverato nel più vicino ospedale da campo, il tenente Renato Viviani morirà di lì a poco assistito dal suo fedele attendente. Gli sarà in seguito attribuita una medaglia d'argento alla memoria.

NOTE

[1] Il così detto "processo Arveni" che vide un certo Ceccaroni accusato dell'omicidio dell'ingegner Arveni, ucciso a coltellate durante un viaggio in treno venne gettato quindi dal finestrino. Del fatto, accaduto nel 1907, si parlò in Italia per 5 anni. Presso la corte d'Assise di Spoleto, il giovane avvocato Renato Viviani venne chiamato a far parte del collegio di difesa.