Regio Esercito Italiano
Cenni sulle specialità di Fanteria
Fanteria di linea
Ha origine dalla fanteria sabauda nella quale le prime unità organiche sono istituite nel 1619
sotto Carlo Emanuele I, ma soltanto nel 1664 saranno ordinati stabilmente sei reggimenti,
ciascuno con il nome di una delle provincie dello Stato, ad eccezione delle "Guardie", e con
un proprio ordine di anzianità.
Carlo Emanuele IV, il 9 dicembre 1798 a seguito dell'occupazione francese del Piemonte,
proscioglie dal giuramento di fedeltà le sue truppe, ad eccezione del Reggimento di Sardegna,
stanziato nell'isola. Con la restaurazione del 1814 ha inizio la ricostituzione dei reggimenti
di fanteria i quali nel 1839 assommano a 20 e per la campagna del 1848 ne sono costituiti
quattro provvisori. Nel corso degli anni l'Arma già ordinata in due specialità, Fanteria di Linea
e Granatieri, dà origine a nuovi Corpi come i Bersaglieri, fondati il 18 giugno 1836 e gli
Alpini il 15 ottobre 1872.
Con successivi ordinamenti si registra un notevole aumento degli organici, che raggiunge la punta
massima dopo le annessioni e l'espansione territoriale dello Stato, ed alla vigilia della Prima
Guerra Mondiale i Reggimenti dell'Arma sono 94 più due di Granatieri, 12 Bersaglieri ed 8
Reggimenti Alpini.
Durante la Guerra il numero dei reggimenti arriva fino a 244 (21 per i Bersaglieri ed 88
battaglioni per gli Alpini) inseriti in 120 Brigate di Fanteria delle quali quattro ternarie
(su tre reggimenti di fanteria). Terminato il conflitto, per il quale tutte le unità dell'Arma
ricevono l'Ordine Militare d'Italia, il grosso dei reggimenti costituiti viene sciolto, ad
eccezione di quelli che si sono guadagnati sul campo la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
La truppa era composta per lo più da militari dell'Italia Centrale o Meridionale, che mandati
a combattere spesso in alta montagna, si trovavano a disagio sul terreno insolito e contro
il clima rigido, tanto più perchè raramente equipaggiati con capi di vestiario adatti.
Alpini
Gli alpini hanno origine nel 1872, quando il giovane Regno d'Italia deve affrontare il problema
della difesa dei nuovi confini terrestri acquisiti dopo la guerra del 1866 contro l'Austria.
Nel 1871 un giovane ufficiale del Corpo di Stato Maggiore, Giuseppe Domenico Perrucchetti,
appassionato di montagna e studioso di storia militare, prepara un'originale memoria nella quale
sostiene l'idea di attuare la difesa del confine alpino con soldati nati in montagna ed
imperniando la prima resistenza sulla frontiera alpina.
Anzi, il Perrucchetti precisa, che ogni vallata deve essere difesa dai valligiani di quella zona,
ottimi conoscitori delle difficoltà del terreno montano e del clima e sicuramente decisi a
difendere il proprio focolare domestico e le tradizioni montanare.
Il saggio del Perrucchetti, accolto freddamente da alcuni esperti militari, riscuote
l'apprezzamento del Ministero della Guerra dell'epoca, Generale Cesare Ricotti Magnard, che si
convince della bontà dello studio del giovane capitano e lo approva nell'attesa del momento
propizio per inserirlo nel processo di riforma dell'Esercito.
Poiché la creazione del nuovo Corpo impone la preparazione di un'apposita Legge da discutersi
in Parlamento, con il pericolo di andare incontro ad un insuccesso a causa delle ristrettezze di
Bilancio, il Generale Ricotti, per evitare l'ostacolo della Camera, ricorre ad un astuto
espediente: inserisce negli allegati del Regio Decreto n. 1056 del 15 ottobre 1872 - che sanciva
il riordinamento dei distretti militari - la costituzione di 15 nuove "compagnie permanenti" da
reclutare su base regionale.
Il privilegio di costituire i primi reparti alpini tocca alla classe del 1852. Nascono così
gli alpini, camuffati da distrettuali, fra le pieghe di un Decreto firmato da Vittorio Emanuele
II, ma con già sulle spalle, sin dai primi giorni, uno zaino pesante di compiti e di
responsabilità.
Nel settembre del 1873 le 15 compagnie sono portate a 24 e ripartite in "7 reparti alpini"
ciascuno al comando di un ufficiale superiore. Le unità alpine, in considerazione del valore
strategico dell'arco alpino, continuano a crescere: nel 1877 sono costituite le prime cinque
batterie da montagna.
Nel 1882, decennale della nascita degli alpini, vengono costituiti i primi 6 reggimenti alpini
mentre nel 1887 nasce a Torino il 1° Reggimento di Artiglieria da Montagna armato con pezzi da
75 mm. Nello stesso anno, il primo agosto 1887, in virtù del Regio Decreto del 10 luglio 1887,
che stabilisce il nuovo organico del Corpo degli Alpini, si costituisce a Conegliano Veneto il
7° Reggimento Alpini.
E' opportuno ricordare che, quale segno distintivo della specialità, il 7 giugno del 1883 sono
concesse agli alpini le "fiamme verdi".
Nel 1902, nell'intento di ricercare un assestamento organico più rispondente alla concezione
operativa del momento, nasce la necessità di riunire i reparti alpini alle dipendenze di gruppi
(a livello di Brigata). A tale tesi si contrappone quella rivolta a sostenere che i reparti alpini,
per sfruttare al meglio il terreno compartimentato delle vallate alpine, devono essere
organizzati in piccoli nuclei e muniti della più ampia libertà di manovra. Spetta al validissimo
Colonnello Cantore, il primo ottobre del 1909, costituire l'8° Reggimento alpini con i reparti
provenienti dai gloriosi Reggimenti, 1° 2° e 7°.
Nel 1910 i Gruppi Alpini prendono il nome di Brigate, denominazione che è mantenuta sino al 1916.
Durante il Primo Conflitto Mondiale, i reparti alpini operano a volte autonomi e a volte riuniti
occasionalmente in Gruppi alpini, formati di un numero variabile di battaglioni (secondo
l'ampiezza del settore) appartenenti a diversi Reggimenti e contraddistinti da una lettera
dell'alfabeto.
Soltanto fra la fine del 1917 ed il marzo del 1918 i Gruppi alpini sono costituiti organicamente
con tre battaglioni alpini, due compagnie mitraglieri, un gruppo d'artiglieria da montagna,
un reparto cannoncini.
I Gruppi raggiungono gradatamente il numero di 20 ed agiscono spesso isolatamente ma a volte
anche inquadrati in unità superiori, i Raggruppamenti, per assolvere compiti operativi.
All'inizio della Prima Guerra Mondiale è costituita la 5ª Divisione alpina (che comprendeva
anche unità non alpine) che operava nella Regione Alta Val Camonica - Alta Valtellina - Passo
del Tonale - Adamello. Verso la fine del durissimo conflitto si costituiscono altre tre
Divisioni di "penne nere", la 52°, la 75° e l'80° su due raggruppamenti ciascuna.
Bersaglieri
Con la proposizione per la formazione di una compagnia di bersaglieri e col Brevetto Reale,
si fissano gli scopi per la costituzione del nuovo corpo. Il capitano dei Granatieri Guardie,
Alessandro La Marmora, propone una consistente innovazione nel panorama militare piemontese.
All'epoca della restaurazione post-napoleonica la fanteria di linea incorpora 2 compagnie
di cacciatori d'ordinanza, detti bersaglieri, con 8 anni di ferma. I reggimenti provinciali
(milizia territoriale soggetta a 2 anni di leva ma a 12 di congedo e riserva) invece hanno
2 compagnie granatieri, 4 di fucilieri, e 1 di cacciatori.
Nel 1831, quando sale al trono Carlo Alberto, il corpo dei cacciatori d'ordinanza viene
soppresso. Restano solo i cacciatori dei reggimenti provinciali, che si formano alla
"Scuola dei Bersaglieri" . Il fregio sul cappello di questi militari è costituito da un
corno da caccia con due fucili incrociati, poiché la maggior parte dei coscritti sono uomini
pratici d'armi, già guardaboschi al servizio della nobiltà nella vita civile.
La parola bersagliere era già stata usata da un corpo civico (guide) di Brescia nel 1805,
sciolto senza aver partecipato a fatti d'arme.
Quando, nell'organico dei reggimenti provinciali, i cacciatori scendono ad una compagnia
sola nel terzo battaglione (problemi legati al reperimento d'uomini), il segretario alla
guerra Pes di Villamarina cerca di correre ai ripari proponendo lo studio del suo sottoposto
La Marmora sulle altre fanterie europee. Tuttavia la scarsità di fondi in cui si dibatte il
Regno, non permette neanche l'abbozzo del progetto.
Nel 1835 La Marmora, ritenendo che i tempi siano ormai maturi, presenta direttamente al Re
la sua proposizione, ottenendone un'inaspettata accoglienza. Carlo Alberto, stufo dei continui
stravolgimenti che il Pes porta al suo esercito, senza neanche esserne avvisato (anche per
motivi finanziari), accetta il progetto e ne ordina l'adozione. Così il 30 gennaio 1836
la dottrina d'impiego dei futuri bersaglieri prende corpo: "compiere guerra minuta, avanguardia
o esplorazione, fiancheggiamento, infestare le comunicazioni e i convogli nemici, andare per
siti montuosi alla scoperta di facili piste anche sul confine".
Regia Guardia di Finanza
La Guardia Doganale assunse nel 1881 la denominazione di "Regia Guardia di Finanza", che meglio
corrispondeva alla fisionomia istituzionale del Corpo, ormai estesa quasi integralmente alla
tutela dell'intero sistema fiscale.
Seguì un processo di graduale acquisizione di una collocazione autonoma nell'ambito
dell'amministrazione finanziaria, ed insieme di una compiuta configurazione militare,
culminata nel 1906 con la costituzione di un comando generale direttamente dipendente dal
Ministro delle Finanze, ed affidato ad un generale dell'esercito.
All'integrazione nelle forze armate corrispose anche la realizzazione di un'adeguata
organizzazione addestrativa e di una struttura operativa estesa all'intero territorio nazionale
ed alla Colonia Eritrea.
Il nuovo secolo vide pure l'acquisizione dei primi automezzi, un sostanziale potenziamento
del naviglio, la sperimentazione dell'impiego del mezzo aereo per la vigilanza costiera e la
costituzione di nuclei di sciatori.
Nel 1911 fu consegnata alla Guardia di finanza la bandiera di guerra, e quasi subito il Corpo
fu chiamato a concorrere alle operazioni per la conquista della Libia e del Dodecanneso ed
alla vigilanza costiera per la repressione del contrabbando di guerra.