Attacchi italiani contro Croda Rossa
8 e 16 Giugno 1916
Nel mese di giugno si scatenò su tutto il fronte delle dolomiti una massiccia offensiva. Il gen.
Caputo scrisse nel suo Ordine del Giorno:
"Sarebbe veramente una vergogna se una divisione forte come la nostra non riuscisse a
raggiungere l'obiettivo assegnatole, perchè arrestata dalle posizioni ancora difese dal nemico
[...] A pochi chilometri di distanza c'è il paese di Dobbiaco, dove transitano numerosi convogli
di truppe diretti dal Trentino in Polonia. Soldati, voglio che la divisione, che ho l'onore di
comandare, raggiunga proprio questo paese. Ma per arrivare a Dobbiaco è indispensabile anzitutto
conquistare le posizioni nemiche che ci fronteggiano. Soldati, in questa guerra forse nessuna
divisione italiana ha avuto sinora un compito tanto importante e con così grandi prospettive di
gloria come quello che ci è stato affidato. Con incrollabile fermezza voglio quindi raggiungere ad
ogni costo il mio obiettivo."
Il 5 giugno vengono notati movimenti da Forcella Giralba alla Busa di Fuori; il successivo
6 giugno, 3 plotoni di alpini avanzano verso l'Elfersande ma vengono fermati dalla batteria
del ten. Milla schierata a Lavina Bianca. Il 7 giugno vengono inviati al presidio di
Forcella Undici (comandato dall'asp. Tichy) 30 uomini di rinforzo.
Il giorno 8 giugno, alle 3.30, 6 plotoni della 28ª (
Fenestrelle) noncuranti del fuoco che li investe
avanzano a balzi verso le posizioni austriache: shrapnel, mitragliatrici e fucili fanno una vera e
propria strage e l'attacco si arresta. Verso le 6 riprende però la spinta offensiva degli italiani
che si sono disposti su più righe; riescono a superare la base di q. 2.814 e si trovano davanti e
sopra la forcella. La rabbiosa reazione dei difensori li costringe a ripiegare verso le 8.
L'attacco costò agli italiani una quarantina tra morti e feriti, mentre i difensori austriaci
lamentarono una decina di perdite. La ritorsione italiana venne affidata all'artiglieria che colpì
con rabbia Forcella Undici e la Croda Rossa.
Dalla fine di maggio la difesa della Croda Rossa era stata affidata al 7° Distaccamento Alpino
(ten. Bruckner) che si era distinto sulla cresta del Col di Lana dopo l'esplosione della mina, e
sul Forame.
Alle 9 del 16 giugno l'artiglieria italiana "inviò i suoi saluti mattutini"; ma a differenza
del solito si unirono i pezzi di Forcella Popera, dei Collesei ed i pezzi da 150 del Passo di Monte
Croce. Intanto a Forcella U si sono radunati 20 volontari della 29ª (s.ten.
Castagnero e
Gorla) che partono alle 15, ma vengono
decimati nel momento in cui si approssimano alle postazioni austriache. Secondo il
Berti tutti i componenti della pattuglia
furono uccisi, mentre nella versione di Ebner le vittime furono 15. Rimane comunque un dato di
fatto che le perdite austriache furono in confronto assai esigue: 4 morti e 8 feriti (pari al 10%
degli effettivi). Questo a riprova della peculiarità della guerra in montagna, soprattutto se si
pensa che tutta la squadra italiana fu fermata praticamente da un sol uomo (il Landesschützen
Orler) che dalla sua posizione sparava sugli alpini che ad uno ad uno gli si presentavano di fronte
a non più di 10/15 metri.
All'inizio di agosto, con riferimento all'episodio appena citato, arrivò un dispaccio della
Cancelleria Imperiale che recitava:
"Sua Maestà apostolica imperiale e reale ha appreso con estremo interesse l'esito dei
combattimenti sulla Croda Rossa di Sesto e si degna graziosissimamente la sua più alta e
riconoscente soddisfazione per le numerose prove di eccelse virtù militari."
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