Berrini Gianpaolo
Sottotenente di complemento
7° Alpini, battaglione Pieve di Cadore
Nato il 25 febbraio 1896 ad Angera (CO)
Morto il 24 agosto 1917 a Mesniak
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Comandante di un plotone skiatori, si distinse sempre nel combattimento, per fermezza e coraggio.
In una particolare circostanza condusse tre volte all'attacco il proprio reparto in difficili
condizioni, dando prova di sprezzo del pericolo ed essendo di bello esempio ai dipendenti
per slancio ed alto sentimento del dovere.
Croda dell'Ancona, 15 giugno 1916
Medaglia d'Argento
Portando le mitragliatrici davanti alle truppe d’assalto, contribuiva a rendere lo slancio più
potente. Ferito proseguiva nell’azione fino a suo compimento.
Quota 2668 – Piccolo Lagazuoi, 20 giugno 1917
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della guerra
Di famiglia benestante, figlio dell’Ingegner Carlo Berrini e di Annunciata Cattaneo, Gian Paolo
nasce ad Angera, sulle rive del Lago Maggiore, il 25 febbraio del 1896. Precoce negli studi, a
15 anni frequenta a Milano i corsi ginnasiali presso l’Istituto Giovanni Berchet conseguendo nel
1915 la licenza liceale.
La Grande Guerra
Appena diplomato si arruola come volontario nel 5° Alpini venendo destinato al battaglione Vestone,
allora schierato a guardia dello sbocco della Val di Ledro nel trentino sud-occidentale. Dopo aver
frequentato il corso ufficiali passa, da sottotenente, al battaglione Pieve di Cadore del 7° Alpini
e fin da subito è impiegato nelle azioni contro le postazioni austriache del Cristallino d’Ampezzo.
Dopo il suo primo combattimento, il 17 ottobre del 1915 scrive a casa: “Vi assicuro che sono
felice di aver ricevuto il battesimo del fuoco, ed un battesimo che mi ha molto ammaestrato. Gli
Austriaci erano in alto, protetti dai forti e dalle rocce a picco, che costituivano meravigliose
trincee. Noi si serrò sotto, e fra qualche giorno l’importante posizione sarà nostra. Io, non so
perché, rimasi calmo anche sotto il fuoco più assordante, tanto che il Capitano, encomiando tutti
noi, in faccia alla compagnia, sotto il piombo nemico, citò il mio nome come quello di un calmo,
sempre sorridente. Era meraviglioso: ci fu un momento nel quale pioveva dal cielo, e dalla montagna
venivano proiettili di fucile, le mitragliatrici sparavano, gli schrapnells e le granate si incontravano
sibilando nel cielo, ed io, dietro un piccolo appostamento, facevo tiri di precisione fra le rocce, e
per questo cercavo gli appostamenti nemici col cannocchiale. Fu una cosa che mi provò anche alle fatiche,
giacché per quattro notti e per quattro giorni non chiusi occhi e non riposai”.
Seguendo le vicende del suo battaglione, verso la fine del primo anno di guerra, nonostante le interminabili
nevicate ed il costante pericolo di valanghe, il sottotenente Berrini presidia la Forcella Longeres dove,
col suo plotone, è stato mandato a svolgere arditi pattugliamenti.
Passato il rigido inverno, il 1° di giugno scrive alla famiglia: "[...] Ebbene, vi dirò che se quando
partii da Milano ero un entusiasta, pur tuttavia l’ignoranza assoluta di cosa sia la guerra, la partenza
per luoghi ove io mi immaginavo non vi fosse che morte, mi dava un certo senso di vuoto, di sgomento, e
per sopraffare questi sentimenti occorse la mia buona volontà, sostenuta dalla giustezza della causa per
la quale sarei forse anche morto; ora invece, dopo un anno di guerra, del quale la massima parte l’ho
passata al fronte, debbo confessare che sono più entusiasta di prima, che i miei sentimenti di volontario
sono aumentati e che sempre desidero e desidererò incontrarmi con gli odiati nemici”.
Pochi giorni più tardi il sottotenente Berrini è alla guida di una pattuglia di sciatori per concorrere
alla conquista della Croda dell’Ancona, il ripido e dirupato bastione che si leva, parallelo alla valle,
tra Podestagno ed Ospitale di Cadore. Dopo gli infruttuosi tentativi d’assalto svoltisi nei giorni precedenti,
la notte sul 15 giugno due plotoni della 67ª compagnia, un plotone della 75ª ed una compagnia del 91°
Basilicata muovono verso il costone occidentale del monte mentre la
68ª ed la compagnia sciatori, attaccano il trincerone che scende obliquamente lungo il fianco Sud-Est.
Nella notte sul 16 il trincerone viene conquistato ma, riattaccati, gli alpini lo devono presto abbandonare.
I resti delle due compagnie ritornano subito all’assalto e con slancio riprendono la posizione. All’alba la
situazione ridiventa insostenibile e battuti alle spalle dall’artiglieria e dalle mitragliatrici, i superstiti
sono costretti nuovamente a ripiegare. La 68ª è ridotta a 43 uomini, gli sciatori sono rimasti in 23. Per
il suo comportamento al comando del suo plotone di sciatori, Berrini viene decorato con una medaglia di bronzo.
Dopo aver frequentato uno specifico corso di formazione, viene promosso tenente e posto al comando della 3ª
sezione mitragliatrici che coopera col battaglion Cadore. Nel giugno del 1917, dopo aver assistito alla
deflagrazione della mina di quota 2668 sul Piccolo Lagazuoi, agli ordini del capitano
Slaviero è tra i primi ad uscire sul cratere per contribuire all’assalto contro
le postazioni austriache. Mentre ancora le rocce sono scosse dai crolli causati dall’esplosione, gli alpini balzano
fuori da una galleria appositamente scavata poco sotto la vetta: sono due plotoni della 75ª compagnia guidati dai
sottotenenti Marinetti e Saetta ed i mitraglieri del tenente Berrini. Gli austriaci, ritiratisi nottetempo in
luogo sicuro, seppur sorpresi rispondono prontamente al fuoco col tiro incrociato delle mitragliatrici ma gli alpini,
nonostante tutto, s’insediano sull’Anticima rafforzando le posizioni conquistate. Per l’audacia ed il senso del dovere
dimostrati dal tenente Berrini che, seppur ferito, ha persistito nel portare a termine l’azione, gli viene concessa
una medaglia d’argento. Poco dopo aver ricevuto l’onorificenza, così scrive a sua madre: "[...] credo pure tu,
mamma cara, contenta, come credo papà soddisfatto. Io non faccio false modestie: sono felice, felice anche perché
credo che al Battaglione Cadore ho fatto due azioni importanti e due volte sono stato proposto, felice perché la
mia coscienza di Alpino d’Italia mi dice che questa medaglia non è usurpata”.
Il fronte dell'Isonzo
Una settimana più tardi agli alpini del Cadore giunge l’ordine di lasciare le Dolomiti per schierarsi sull’Isonzo
e, seppur ancora non perfettamente guarito, anche il tenente Berrini parte coi suoi mitraglieri coi quali il 17 agosto
si accampa in prossimità della Selletta del Monte Hrad, in faccia all’altipiano della Bainsizza. Nelle prime ore
del mattino del 20 agosto il battaglione Cadore, assieme al Belluno ed al
Monte Antelao, attraversa l’Isonzo su un ponte di barche gettato nei pressi
di Doblar. Il passaggio è fortemente disturbato dal tiro di mitragliatrici proveniente da una galleria ferroviaria
situata in prossimità della sponda sinistra ed il tenente Berrini, con alcune squadre della 75ª compagnia, provvede
efficacemente allo sgombero dell’area catturando prigionieri e facendo ricco bottino di armi, munizioni e materiali
di ogni genere. Nei due giorni seguenti, risalendo ripidi costoni a salti di roccia, ricoperti da folta boscaglia,
il battaglione si porta sulla destra dello schieramento, verso le pendici del Na Raunih ad incalzare gli austriaci
in ritirata, ed ancora una volta il tenente Berrini si dimostra determinato ed efficiente riuscendo a catturare un
intero reparto nemico. Il 23 agosto Gian Paolo scrive, tra l’altro, ai suoi genitori: "[...] Avete visto che bei
bollettini vengono dall’Isonzo? Noi siamo soddisfatti ed orgogliosi". Muovendosi verso Nord-Est, il Cadore si
porta alla testata del vallone di Siroka Njiva inviando pattuglie verso le case di Mesniak che trovano vuote. Il
nemico, però, è celato nella pineta subito sopra il villaggio e quando gli esploratori rientrano, gli austriaci
ridiscendono ad occupare le case. Nel primo pomeriggio gli alpini avanzano, ma vengono sorpresi da un nutrito
tiro di fucileria e mitragliatrici che causa numerose vittime. Sono in molti a cadere, morti o feriti, e tra
quelli che non si rialzano c’è anche il tenente Berrini che all’età di 21 anni ha sacrificato la sua giovane
vita per tener fede ai propri ideali.
Gli sarà concessa una seconda medaglia d’argento in quanto "Esempio costante di slancio e sprezzo del pericolo,
concorreva arditamente alla cattura di un reparto nemico rafforzato in una galleria. Successivamente si portava
con mirabile slancio all’attacco di retroguardie avversarie trincerate saldamente, e dopo due giorni di lotta
catturava un intero reparto, con un ufficiale. Cadeva da prode durante un’ulteriore fase dell’azione. Mesniak,
24 agosto 1917" e sul Monte della Croce, nelle proprietà di famiglia a Taino, gli verrà dedicato un
monumento alla memoria.
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Nato il 25 febbraio 1896 ad Angera (CO)
Morto il 24 agosto 1917 a Mesniak
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Comandante di un plotone skiatori, si distinse sempre nel combattimento, per fermezza e coraggio. In una particolare circostanza condusse tre volte all'attacco il proprio reparto in difficili condizioni, dando prova di sprezzo del pericolo ed essendo di bello esempio ai dipendenti per slancio ed alto sentimento del dovere.Croda dell'Ancona, 15 giugno 1916
Medaglia d'Argento
Portando le mitragliatrici davanti alle truppe d’assalto, contribuiva a rendere lo slancio più potente. Ferito proseguiva nell’azione fino a suo compimento.Quota 2668 – Piccolo Lagazuoi, 20 giugno 1917
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della guerra
Di famiglia benestante, figlio dell’Ingegner Carlo Berrini e di Annunciata Cattaneo, Gian Paolo nasce ad Angera, sulle rive del Lago Maggiore, il 25 febbraio del 1896. Precoce negli studi, a 15 anni frequenta a Milano i corsi ginnasiali presso l’Istituto Giovanni Berchet conseguendo nel 1915 la licenza liceale.La Grande Guerra
Appena diplomato si arruola come volontario nel 5° Alpini venendo destinato al battaglione Vestone, allora schierato a guardia dello sbocco della Val di Ledro nel trentino sud-occidentale. Dopo aver frequentato il corso ufficiali passa, da sottotenente, al battaglione Pieve di Cadore del 7° Alpini e fin da subito è impiegato nelle azioni contro le postazioni austriache del Cristallino d’Ampezzo.Dopo il suo primo combattimento, il 17 ottobre del 1915 scrive a casa: “Vi assicuro che sono felice di aver ricevuto il battesimo del fuoco, ed un battesimo che mi ha molto ammaestrato. Gli Austriaci erano in alto, protetti dai forti e dalle rocce a picco, che costituivano meravigliose trincee. Noi si serrò sotto, e fra qualche giorno l’importante posizione sarà nostra. Io, non so perché, rimasi calmo anche sotto il fuoco più assordante, tanto che il Capitano, encomiando tutti noi, in faccia alla compagnia, sotto il piombo nemico, citò il mio nome come quello di un calmo, sempre sorridente. Era meraviglioso: ci fu un momento nel quale pioveva dal cielo, e dalla montagna venivano proiettili di fucile, le mitragliatrici sparavano, gli schrapnells e le granate si incontravano sibilando nel cielo, ed io, dietro un piccolo appostamento, facevo tiri di precisione fra le rocce, e per questo cercavo gli appostamenti nemici col cannocchiale. Fu una cosa che mi provò anche alle fatiche, giacché per quattro notti e per quattro giorni non chiusi occhi e non riposai”.
Seguendo le vicende del suo battaglione, verso la fine del primo anno di guerra, nonostante le interminabili nevicate ed il costante pericolo di valanghe, il sottotenente Berrini presidia la Forcella Longeres dove, col suo plotone, è stato mandato a svolgere arditi pattugliamenti.
Passato il rigido inverno, il 1° di giugno scrive alla famiglia: "[...] Ebbene, vi dirò che se quando partii da Milano ero un entusiasta, pur tuttavia l’ignoranza assoluta di cosa sia la guerra, la partenza per luoghi ove io mi immaginavo non vi fosse che morte, mi dava un certo senso di vuoto, di sgomento, e per sopraffare questi sentimenti occorse la mia buona volontà, sostenuta dalla giustezza della causa per la quale sarei forse anche morto; ora invece, dopo un anno di guerra, del quale la massima parte l’ho passata al fronte, debbo confessare che sono più entusiasta di prima, che i miei sentimenti di volontario sono aumentati e che sempre desidero e desidererò incontrarmi con gli odiati nemici”.
Pochi giorni più tardi il sottotenente Berrini è alla guida di una pattuglia di sciatori per concorrere alla conquista della Croda dell’Ancona, il ripido e dirupato bastione che si leva, parallelo alla valle, tra Podestagno ed Ospitale di Cadore. Dopo gli infruttuosi tentativi d’assalto svoltisi nei giorni precedenti, la notte sul 15 giugno due plotoni della 67ª compagnia, un plotone della 75ª ed una compagnia del 91° Basilicata muovono verso il costone occidentale del monte mentre la 68ª ed la compagnia sciatori, attaccano il trincerone che scende obliquamente lungo il fianco Sud-Est. Nella notte sul 16 il trincerone viene conquistato ma, riattaccati, gli alpini lo devono presto abbandonare. I resti delle due compagnie ritornano subito all’assalto e con slancio riprendono la posizione. All’alba la situazione ridiventa insostenibile e battuti alle spalle dall’artiglieria e dalle mitragliatrici, i superstiti sono costretti nuovamente a ripiegare. La 68ª è ridotta a 43 uomini, gli sciatori sono rimasti in 23. Per il suo comportamento al comando del suo plotone di sciatori, Berrini viene decorato con una medaglia di bronzo.
Dopo aver frequentato uno specifico corso di formazione, viene promosso tenente e posto al comando della 3ª sezione mitragliatrici che coopera col battaglion Cadore. Nel giugno del 1917, dopo aver assistito alla deflagrazione della mina di quota 2668 sul Piccolo Lagazuoi, agli ordini del capitano Slaviero è tra i primi ad uscire sul cratere per contribuire all’assalto contro le postazioni austriache. Mentre ancora le rocce sono scosse dai crolli causati dall’esplosione, gli alpini balzano fuori da una galleria appositamente scavata poco sotto la vetta: sono due plotoni della 75ª compagnia guidati dai sottotenenti Marinetti e Saetta ed i mitraglieri del tenente Berrini. Gli austriaci, ritiratisi nottetempo in luogo sicuro, seppur sorpresi rispondono prontamente al fuoco col tiro incrociato delle mitragliatrici ma gli alpini, nonostante tutto, s’insediano sull’Anticima rafforzando le posizioni conquistate. Per l’audacia ed il senso del dovere dimostrati dal tenente Berrini che, seppur ferito, ha persistito nel portare a termine l’azione, gli viene concessa una medaglia d’argento. Poco dopo aver ricevuto l’onorificenza, così scrive a sua madre: "[...] credo pure tu, mamma cara, contenta, come credo papà soddisfatto. Io non faccio false modestie: sono felice, felice anche perché credo che al Battaglione Cadore ho fatto due azioni importanti e due volte sono stato proposto, felice perché la mia coscienza di Alpino d’Italia mi dice che questa medaglia non è usurpata”.
Il fronte dell'Isonzo
Una settimana più tardi agli alpini del Cadore giunge l’ordine di lasciare le Dolomiti per schierarsi sull’Isonzo e, seppur ancora non perfettamente guarito, anche il tenente Berrini parte coi suoi mitraglieri coi quali il 17 agosto si accampa in prossimità della Selletta del Monte Hrad, in faccia all’altipiano della Bainsizza. Nelle prime ore del mattino del 20 agosto il battaglione Cadore, assieme al Belluno ed al Monte Antelao, attraversa l’Isonzo su un ponte di barche gettato nei pressi di Doblar. Il passaggio è fortemente disturbato dal tiro di mitragliatrici proveniente da una galleria ferroviaria situata in prossimità della sponda sinistra ed il tenente Berrini, con alcune squadre della 75ª compagnia, provvede efficacemente allo sgombero dell’area catturando prigionieri e facendo ricco bottino di armi, munizioni e materiali di ogni genere. Nei due giorni seguenti, risalendo ripidi costoni a salti di roccia, ricoperti da folta boscaglia, il battaglione si porta sulla destra dello schieramento, verso le pendici del Na Raunih ad incalzare gli austriaci in ritirata, ed ancora una volta il tenente Berrini si dimostra determinato ed efficiente riuscendo a catturare un intero reparto nemico. Il 23 agosto Gian Paolo scrive, tra l’altro, ai suoi genitori: "[...] Avete visto che bei bollettini vengono dall’Isonzo? Noi siamo soddisfatti ed orgogliosi". Muovendosi verso Nord-Est, il Cadore si porta alla testata del vallone di Siroka Njiva inviando pattuglie verso le case di Mesniak che trovano vuote. Il nemico, però, è celato nella pineta subito sopra il villaggio e quando gli esploratori rientrano, gli austriaci ridiscendono ad occupare le case. Nel primo pomeriggio gli alpini avanzano, ma vengono sorpresi da un nutrito tiro di fucileria e mitragliatrici che causa numerose vittime. Sono in molti a cadere, morti o feriti, e tra quelli che non si rialzano c’è anche il tenente Berrini che all’età di 21 anni ha sacrificato la sua giovane vita per tener fede ai propri ideali.Gli sarà concessa una seconda medaglia d’argento in quanto "Esempio costante di slancio e sprezzo del pericolo, concorreva arditamente alla cattura di un reparto nemico rafforzato in una galleria. Successivamente si portava con mirabile slancio all’attacco di retroguardie avversarie trincerate saldamente, e dopo due giorni di lotta catturava un intero reparto, con un ufficiale. Cadeva da prode durante un’ulteriore fase dell’azione. Mesniak, 24 agosto 1917" e sul Monte della Croce, nelle proprietà di famiglia a Taino, gli verrà dedicato un monumento alla memoria.
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