Chiumello Pompeo
Sottotenente (matr. 42594/18)
1ª cp. / I / 24° Brigata Como
Nato il 14 dicembre 1893 a Vigevano (PV)
Morto il 21 maggio 1916 sulla Strada verso M. Croce di Comelico
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della Guerra
Figlio de prof. Giuseppe Chiumello e di Claudina Roveda, Pompeo nasce a Vigevano, in provincia di
Pavia, il 14 dicembre del 1893. Dopo le scuole inferiori, percorre gli studi tecnici e ottiene,
nel 1912, dall’Istituto Tecnico di Novara, il diploma di ragioniere. Arruolatosi nel 1913 per
anticipare il servizio militare, ed essere così libero per l’esercizio della professione, vine
mandato a Milano aggregato all’8° Fanteria. Decisosi a frequentare il corso allievi ufficiali,
passa al 68° Reggimento ed il 1° di febbraio del 1915 presta giuramento, a Novara, conseguendo il
grado di sottotenente.
La Grande Guerra
Passato al 24° Fanteria, parte per il confine. Il 22 aprile è a Polpet, nei pressi di Ponte nelle
Alpi, proveniente in ferrovia da Vicenza ed il 10 maggio prende la strada per Pieve di Cadore. Il
giorno 15 alloggia a San Vito presso l’albergo Dolomiti, quindi si accampa col suo battaglione
nei pressi di Chiappuzza, in attesa di varcare il confine. “A noi, qui, non par neppure di
essere in guerra” scrive alla famiglia, “il buon umore regna tra ufficiali e soldati. Ieri
sera ci fu un allarme. Si credette che gli austriaci venissero a trovarci, perché si spararono
fucilate sulla nostra sinistra, invece tutto passò liscio. Il mio pensiero più grande è che voi vi
preoccupiate troppo di me. Vi dico che sto bene, c’è entusiasmo e ritornerò certamente a casa”.
Il 27 maggio una pattuglia guidata dal sottotenente Matter era
scesa a Cortina d’Ampezzo dal Passo Tre Croci, trovando il centro abitato sgombero dalle truppe
austriache. Al mattino di due giorni più tardi, anche il sottotenente Chiumello vi mette piede e
da Pocol, il 3 giugno, scrive a suo padre: “Carissimo babbo, dal 29 maggio siamo entrati con
grande gioia in Cortina. Il giorno precedente abbiamo avuto ad Acquabona la visita di S.M. il Re,
acclamato entusiasticamente. [...] Inutile dirti la commozione provata nell’entrare in una
cittadina del tutto italiana. Mi pareva di rivivere, dopo quasi 12 giorni che non si vedeva anima
viva. A Cortina il mio battaglione è stato il primo ad entrare tra le truppe. La vita era spenta.
Sono quasi tutti alberghi chiusi, pasticcerie chiuse, botteghe di ogni specie che, a poco a poco,
cominciano a riprendere il loro lavoro. [...] Durante questi giorni il nostro più grande nemico è
stata la pioggia. [...] L’acqua ci ha disturbato tutta la notte, è entrata nella tenda, ma noi
abbiamo dormito ugualmente, benché bagnati. Oggi siamo in una posizione magnifica, a Pocol,
quattro case a 1543 metri, e di qui abbiamo assistito ad un duello tra la nostra artiglieria e
quella austriaca”.
Già il 9 giugno la compagnia del sottotenente Chiumello è impiegata contro la linea di resistenza
austriaca di Som Pauses e Pompeo, dalla “zona di guerra”, comunica a casa il suo stupore per le
nevicate che, nonostante la stagione, imbiancano ancora le valli dolomitiche e, nei limiti del
consentito, fornisce alcune notizie sull’andamento dei combattimenti: “Le operazioni qui da noi
procedono lentamente, ma bene. I forti austriaci sono demoliti ed ora sono quasi circondati. Si
servono di tutti gli stratagemmi quegli animali. Qualche giorno fa sono stati fatti dei prigionieri
bavaresi con ufficiali, tutti giovani, ben equipaggiati, e disciplinatissimi. [...] Abbiamo quei
maledetti austriaci di fronte, a poca distanza, i quali non rispettano nessuno. Tirano su feriti
e sanità, e si fissano sulle rocce, dappertutto. Avrei un’infinità di cose da scrivervi e spero di
potervele raccontare colla mia voce. Scrivendole parrebbero fandonie!”.
Dopo aver partecipato ai tentativi d’assalto verso la Punta del Forame, impegnato ora sul Monte
Cristallo, ai primi di agosto Pompeo comunica a suo padre: “[...] Mi trovo isolato dal mondo.
Immaginati che sono a 3126 m. e per raggiungere tale vetta si fece un vero e proprio raid: abbiamo
adoperato per tre volte la corda per salire. Mi pare di essere in pieno inverno. [...] La mia
salute è ottima, nonostante si dorma in una casetta da noi stessi costruita con sassi, casetta per
modo di dire, è un quadrato di sassi coperto da un telone. Le fatiche e le privazioni sono grandi
ma sopportate con entusiasmo”.
E poi ancora, dopo aver occupato una posizione avversaria, scrive: “Abbiamo vissuto parecchi
giorni sulla neve; abbiamo tagliato il ghiaccio per procedre avanti ed abbiamo sopportato le
fatiche volentieri. [...] Dopo essersi ritirati hanno lasciato di tutto, dai fucili e munizioni
alle coperte, binocoli, sigarette, cioccolato, bombe a mano e razzi illuminanti. [...] Ora ti
scrivo alle 2 del mattino, bagnato fradicio di neve, dopo una passeggiata notturna semiacrobatica
ad oltre 2.300 metri. Pare incredibile come si sopportino tali fatiche. Io stesso me ne meraviglio.
Per fortuna il riflettore nemico ci mandava fasci di luce illuminandoci il cammino, ed anche razzi
luminosi ci mettevano sulla buona via. Di notte quei signori non dormono e fanno agire il
riflettore, e razzi, e sparacchierie a casaccio. [...] Molte volte ridiamo di loro. Ora è una
finta vedetta contro la quale si accaniscono e sparano gran quantità di fucilate. Oppure sono
batterie finte, di legno, un pochino in vista; si spara di notte qualche mortaretto, ed allora
arrivano quantità di granate!”.
Esaurito il suo compito alla Cresta Bianca del Cristallo, a 2.939 metri di quota, la compagnia
del sottotenente Chiumello discende a Son Forca per raggiungere, il 24 di agosto, il Passo Tre
Croci. Da lì, dopo una sosta di poche ore, imbocca la strada che, attraversando la conca di
Cortina, la porta in Val Costeana. Nel mese di settembre presta servizio in zona Tre Sassi ed il
giorno 31, lasciate le trincee, discende a Vervei per il meritato riposo.
Rientrato dalla prima linea, il sottotenente Chiumello ha finalmente il tempo di esprimere, tra
l’altro, il su apprezzamento per i soldati che lo hanno affiancato durante i combattimenti sul
Cristallo ed ai piedi delle Tofane: “I nostri soldati sono ammirevoli, qui da noi pochissimi si
ammalano perché l’aria è purissima. [...] Il bisogno aguzza il cervello: si sono costruiti delle
baracche che offrono una certa solidità. Con pentole di latta di conserva, vecchie, chissà dove
procurate, si sono costruiti la loro stufa. Così, con del grasso ed uno straccio, con pentole di
carne conservata, si sono fatte delle lanterne. Le buche sono chiuse da una porticina di rami e
frasche di pino. Ogni buca ricovero ha le proprie feritoie, da dove i soldati possono sparare.
Per letto quattro tronchi di pino tenuti insieme da fili di ferro intrecciato che fanno da
elastico per il materasso sollevato da terra di pochi cemtimetri [...]".
Nei suoi appunti del 3 ottobre annota inoltre: “Sono comandato con 100 uomini a portare viveri
a Cima Bois. Strada orribile, fatiche gravi fa la truppa per arrivare lassù! Sono circa 6 ore di
strada sotto la neve. Ci si arriva con scale a piuoli”.
Nel mese di dicembre Pompeo può finalmente godere di una licenza che gli pemette di tornare ad
abracciare i sioi cari e, rientrando in linea il 12 di gennaio, si raccomanda alla famiglia perché
non stia in pena lui: “La partenza è stata un po’ meno bella dell’arrivo [...] speriamo che gli
eventi maturino presto e colla vittoria finale possa Nino vostro tornare a riabbracciarvi. [...] Mi
trovo ad Auronzo e per qualche giorno sarò lontano dalla trincea”.
Il 29 di marzo il reggimento si trasferisce in Val Padola ed il 18 aprile, in prossimità della
Pasqua, Pompeo pensa ai suoi famigliari: “Questa mia recherà in famiglia gli auguri e i saluti
affettuosi, per Pasqua, del figlio e fratello lontano. Passando qui in trincea questo giorno di
festa, io sarò col pensiero vicino a voi tutti, seduto a tavola con la mamma dinanzi ed alla
sinistra dell’amato babbo. Tenetemi dunque presente”. E scriverà ancora Pompeo, fino all’ultima
lettera spedita il 18 maggio, perché qualche giorno più tardi, lungo la strada di Monte Croce di
Comelico, una maledetta granata scoppierà a poca distanza da lui ferendolo mortalmente.
A Zancurto, presso il torrente Pissandolo, con una mesta cerimonia il corpo del sottotenente
Chiumello viene sepolto dai suoi fanti, ed al comandante del Battaglione, Virgilio Pizio, spetta
l’ingrato compito di indirizzare al genitore le sue condoglianze:
“Chiarissimo Professore,
alle parole del Cap. Franconieri, che ha avuto ai di lui ordini diretti il povero suo compianto
figliolo Pompeo, aggiungo tutta l’espressione del mio compianto per l’immatura perdita che ha tolto
a Lei un figlio, a noi un caro e simpatico commilitone, alla Patria uno dei più validi difensori.
Tutto il mio battaglione ha pianto sulla tomba del suo caro figlio e stia sicuro che sarà nostra
cura di tenere sempre in ordine la sua tomba che ho voluta in territorio italiano giacché,
malauguratamente, egli cadde oltre confine naturale e non politico. Nella speranza che il compianto
generale nostro possa servire a lenire il suo grande dolore, mi è grato confermarLe tutta la mia
stima e devozione”.
Pompeo Chiumello
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Nato il 14 dicembre 1893 a Vigevano (PV)
Morto il 21 maggio 1916 sulla Strada verso M. Croce di Comelico
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della Guerra
Figlio de prof. Giuseppe Chiumello e di Claudina Roveda, Pompeo nasce a Vigevano, in provincia di Pavia, il 14 dicembre del 1893. Dopo le scuole inferiori, percorre gli studi tecnici e ottiene, nel 1912, dall’Istituto Tecnico di Novara, il diploma di ragioniere. Arruolatosi nel 1913 per anticipare il servizio militare, ed essere così libero per l’esercizio della professione, vine mandato a Milano aggregato all’8° Fanteria. Decisosi a frequentare il corso allievi ufficiali, passa al 68° Reggimento ed il 1° di febbraio del 1915 presta giuramento, a Novara, conseguendo il grado di sottotenente.La Grande Guerra
Passato al 24° Fanteria, parte per il confine. Il 22 aprile è a Polpet, nei pressi di Ponte nelle Alpi, proveniente in ferrovia da Vicenza ed il 10 maggio prende la strada per Pieve di Cadore. Il giorno 15 alloggia a San Vito presso l’albergo Dolomiti, quindi si accampa col suo battaglione nei pressi di Chiappuzza, in attesa di varcare il confine. “A noi, qui, non par neppure di essere in guerra” scrive alla famiglia, “il buon umore regna tra ufficiali e soldati. Ieri sera ci fu un allarme. Si credette che gli austriaci venissero a trovarci, perché si spararono fucilate sulla nostra sinistra, invece tutto passò liscio. Il mio pensiero più grande è che voi vi preoccupiate troppo di me. Vi dico che sto bene, c’è entusiasmo e ritornerò certamente a casa”.Il 27 maggio una pattuglia guidata dal sottotenente Matter era scesa a Cortina d’Ampezzo dal Passo Tre Croci, trovando il centro abitato sgombero dalle truppe austriache. Al mattino di due giorni più tardi, anche il sottotenente Chiumello vi mette piede e da Pocol, il 3 giugno, scrive a suo padre: “Carissimo babbo, dal 29 maggio siamo entrati con grande gioia in Cortina. Il giorno precedente abbiamo avuto ad Acquabona la visita di S.M. il Re, acclamato entusiasticamente. [...] Inutile dirti la commozione provata nell’entrare in una cittadina del tutto italiana. Mi pareva di rivivere, dopo quasi 12 giorni che non si vedeva anima viva. A Cortina il mio battaglione è stato il primo ad entrare tra le truppe. La vita era spenta. Sono quasi tutti alberghi chiusi, pasticcerie chiuse, botteghe di ogni specie che, a poco a poco, cominciano a riprendere il loro lavoro. [...] Durante questi giorni il nostro più grande nemico è stata la pioggia. [...] L’acqua ci ha disturbato tutta la notte, è entrata nella tenda, ma noi abbiamo dormito ugualmente, benché bagnati. Oggi siamo in una posizione magnifica, a Pocol, quattro case a 1543 metri, e di qui abbiamo assistito ad un duello tra la nostra artiglieria e quella austriaca”.
Già il 9 giugno la compagnia del sottotenente Chiumello è impiegata contro la linea di resistenza austriaca di Som Pauses e Pompeo, dalla “zona di guerra”, comunica a casa il suo stupore per le nevicate che, nonostante la stagione, imbiancano ancora le valli dolomitiche e, nei limiti del consentito, fornisce alcune notizie sull’andamento dei combattimenti: “Le operazioni qui da noi procedono lentamente, ma bene. I forti austriaci sono demoliti ed ora sono quasi circondati. Si servono di tutti gli stratagemmi quegli animali. Qualche giorno fa sono stati fatti dei prigionieri bavaresi con ufficiali, tutti giovani, ben equipaggiati, e disciplinatissimi. [...] Abbiamo quei maledetti austriaci di fronte, a poca distanza, i quali non rispettano nessuno. Tirano su feriti e sanità, e si fissano sulle rocce, dappertutto. Avrei un’infinità di cose da scrivervi e spero di potervele raccontare colla mia voce. Scrivendole parrebbero fandonie!”.
Dopo aver partecipato ai tentativi d’assalto verso la Punta del Forame, impegnato ora sul Monte Cristallo, ai primi di agosto Pompeo comunica a suo padre: “[...] Mi trovo isolato dal mondo. Immaginati che sono a 3126 m. e per raggiungere tale vetta si fece un vero e proprio raid: abbiamo adoperato per tre volte la corda per salire. Mi pare di essere in pieno inverno. [...] La mia salute è ottima, nonostante si dorma in una casetta da noi stessi costruita con sassi, casetta per modo di dire, è un quadrato di sassi coperto da un telone. Le fatiche e le privazioni sono grandi ma sopportate con entusiasmo”.
E poi ancora, dopo aver occupato una posizione avversaria, scrive: “Abbiamo vissuto parecchi giorni sulla neve; abbiamo tagliato il ghiaccio per procedre avanti ed abbiamo sopportato le fatiche volentieri. [...] Dopo essersi ritirati hanno lasciato di tutto, dai fucili e munizioni alle coperte, binocoli, sigarette, cioccolato, bombe a mano e razzi illuminanti. [...] Ora ti scrivo alle 2 del mattino, bagnato fradicio di neve, dopo una passeggiata notturna semiacrobatica ad oltre 2.300 metri. Pare incredibile come si sopportino tali fatiche. Io stesso me ne meraviglio. Per fortuna il riflettore nemico ci mandava fasci di luce illuminandoci il cammino, ed anche razzi luminosi ci mettevano sulla buona via. Di notte quei signori non dormono e fanno agire il riflettore, e razzi, e sparacchierie a casaccio. [...] Molte volte ridiamo di loro. Ora è una finta vedetta contro la quale si accaniscono e sparano gran quantità di fucilate. Oppure sono batterie finte, di legno, un pochino in vista; si spara di notte qualche mortaretto, ed allora arrivano quantità di granate!”.
Esaurito il suo compito alla Cresta Bianca del Cristallo, a 2.939 metri di quota, la compagnia del sottotenente Chiumello discende a Son Forca per raggiungere, il 24 di agosto, il Passo Tre Croci. Da lì, dopo una sosta di poche ore, imbocca la strada che, attraversando la conca di Cortina, la porta in Val Costeana. Nel mese di settembre presta servizio in zona Tre Sassi ed il giorno 31, lasciate le trincee, discende a Vervei per il meritato riposo.
Rientrato dalla prima linea, il sottotenente Chiumello ha finalmente il tempo di esprimere, tra l’altro, il su apprezzamento per i soldati che lo hanno affiancato durante i combattimenti sul Cristallo ed ai piedi delle Tofane: “I nostri soldati sono ammirevoli, qui da noi pochissimi si ammalano perché l’aria è purissima. [...] Il bisogno aguzza il cervello: si sono costruiti delle baracche che offrono una certa solidità. Con pentole di latta di conserva, vecchie, chissà dove procurate, si sono costruiti la loro stufa. Così, con del grasso ed uno straccio, con pentole di carne conservata, si sono fatte delle lanterne. Le buche sono chiuse da una porticina di rami e frasche di pino. Ogni buca ricovero ha le proprie feritoie, da dove i soldati possono sparare. Per letto quattro tronchi di pino tenuti insieme da fili di ferro intrecciato che fanno da elastico per il materasso sollevato da terra di pochi cemtimetri [...]".
Nei suoi appunti del 3 ottobre annota inoltre: “Sono comandato con 100 uomini a portare viveri a Cima Bois. Strada orribile, fatiche gravi fa la truppa per arrivare lassù! Sono circa 6 ore di strada sotto la neve. Ci si arriva con scale a piuoli”.
Nel mese di dicembre Pompeo può finalmente godere di una licenza che gli pemette di tornare ad abracciare i sioi cari e, rientrando in linea il 12 di gennaio, si raccomanda alla famiglia perché non stia in pena lui: “La partenza è stata un po’ meno bella dell’arrivo [...] speriamo che gli eventi maturino presto e colla vittoria finale possa Nino vostro tornare a riabbracciarvi. [...] Mi trovo ad Auronzo e per qualche giorno sarò lontano dalla trincea”.
Il 29 di marzo il reggimento si trasferisce in Val Padola ed il 18 aprile, in prossimità della Pasqua, Pompeo pensa ai suoi famigliari: “Questa mia recherà in famiglia gli auguri e i saluti affettuosi, per Pasqua, del figlio e fratello lontano. Passando qui in trincea questo giorno di festa, io sarò col pensiero vicino a voi tutti, seduto a tavola con la mamma dinanzi ed alla sinistra dell’amato babbo. Tenetemi dunque presente”. E scriverà ancora Pompeo, fino all’ultima lettera spedita il 18 maggio, perché qualche giorno più tardi, lungo la strada di Monte Croce di Comelico, una maledetta granata scoppierà a poca distanza da lui ferendolo mortalmente. A Zancurto, presso il torrente Pissandolo, con una mesta cerimonia il corpo del sottotenente Chiumello viene sepolto dai suoi fanti, ed al comandante del Battaglione, Virgilio Pizio, spetta l’ingrato compito di indirizzare al genitore le sue condoglianze:
“Chiarissimo Professore, alle parole del Cap. Franconieri, che ha avuto ai di lui ordini diretti il povero suo compianto figliolo Pompeo, aggiungo tutta l’espressione del mio compianto per l’immatura perdita che ha tolto a Lei un figlio, a noi un caro e simpatico commilitone, alla Patria uno dei più validi difensori. Tutto il mio battaglione ha pianto sulla tomba del suo caro figlio e stia sicuro che sarà nostra cura di tenere sempre in ordine la sua tomba che ho voluta in territorio italiano giacché, malauguratamente, egli cadde oltre confine naturale e non politico. Nella speranza che il compianto generale nostro possa servire a lenire il suo grande dolore, mi è grato confermarLe tutta la mia stima e devozione”.
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