Nazione D'Andrea Emanuele

Grado Soldato

Mostrina  7° Alpini, 268ª cp. battaglione Val Piave

Ritratto

Nato il 28 gennaio 1894 a Vigo di Cadore (BL)

Decorazioni

Decorazione Medaglia di Bronzo

Sotto il fuoco nemico, preso sulle spalle l’ufficiale ferito, del quale era attendente, non volle essere aiutato da alcuno e, da solo, lo portò al posto di medicazione.
Monte Piana, 7 giugno 1915

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Prima della guerra

Era nato a Pelos, una frazione di Vigo di Cadore, quando suo parde Giuseppe - che di mestiere faceva il calzolaio - aveva già compiuti i 42 anni. Lucia De Martin lo aveva messo al mondo in una fredda domenica di gennaio, a mezzogiorno in punto, dopo che, come ogni giorno, si era svegliata di buonora per accendere il fuoco in cucina, badando poi alla stalla e al suo pollaio. Sarebbe anche andata a Messa a S. Bernardino, ma a metà mattina era stata presa dalle doglie ed allora si era sistemata sul letto e aveva mandato il marito a chiamare la levatrice. Così era nato Emanuele.

La Grande Guerra

Il ragazzo cresce buono e volenteroso ed ha già cominciato a dare una mano a suo padre, in bottega, quando lo chiamano militare. A Pieve di Cadore lo assegnano alla 268ª compagnia del Val Piave ed alla vigilia della guerra contro l’Austria gli affidano il compito di far da attendente a un sottotenente veneziano che di nome fa Antonio De Toni e che gli racconta di essere, addirittura, un professore dell’Università di Padova. Emanuele è fiero di rendersi utile al suo ufficiale che ben presto gli diventa amico, e lo accompagna curando le sue faccende ed affiancandolo anche quando, nel primo mese di guerra, si muove col suo plotone a perlustrare gli avamposti austriaci in Val Bona o in Val Popena perché, come tutti ben sanno, un attendente fa il doppio lavoro, badando all’ufficiale e compiendo il suo dovere di alpino combattente.
Ai primi di giugno sale anche lui sul Monte Piana dove la 268ª compagnia del Val Piave va a dare il cambio a quelli della 96ª del Cadore. Gli alpini partono da Misurina che è ancora notte e quando arrivano in cima comincia già ad albeggiare. Il tempo è bello quel giorno, ma un deplorevole incidente, accaduto nella notte sul 6 giugno, guasta il morale di tutti. Mentre dormiva, dopo il suo turno di vedetta, un alpino del primo plotone è scivolato lungo un pendio irto di sporgenze schiantandosi poi nel fondo di un burrone. Quando tirano su a fatica quel povero corpo, lo trovano ridotto come un “Ecce Homo” ed il suo sergente, Luigi Silla, non sa darsi pace. Quel giorno, anche la bevuta che De Toni ha preparato per festeggiare il suo compleanno lascia a tutti l’amaro in bocca.
Verso sera il tempo cambia: scende la nebbia e comincia a piovere. Alle 4 di mattina le artiglierie austriache aprono il fuoco e, causa la foschia e gli scrosci d’acqua, per una buona ora non si riesce neppure a capire da provengano le cannonate. Poi, finalmente, si fanno sentire anche le batterie italiane che rispondono al fuoco da Forcella Longeres. Troppo tardi però, perché due compagnie di Landesschützen e Standschützen, salite di notte da Carbonin, sono già arrivate sul pianoro Sud del Monte Piana e nonostante la neve che ancora ricopre il terreno, all’improvviso si lanciano all’assalto. Pur colta di sorpresa, la 268ª compagnia parte al contrattacco ma il brutto tempo impedisce una chiara visione del campo di battaglia. L’azione si frantuma nel corpo a corpo di piccole unità, plotoni contro plotoni. Quelli del tenente Cavallari e del sergente Silla occupano una trincea appena abbozzata nel terreno ed aprono il fuoco contro un gruppo di attaccanti, vicinissimo. Due tenenti, i fratelli De Pluri, con i loro plotoni accorrono verso la piramide Carducci e Giuseppe avvisa suo fratello che altre forze nemiche stanno avanzando da destra; poco dopo viene colpito a morte da una pallottola di mitragliatrice. Giovanni De Pluri ed Antonio De Toni spostano i loro uomini come da indicazioni ricevute, ma il tenente De Toni viene colpito all’addome da un proiettile. Anche Emanuele D’Andrea ha partecipato all’azione ed ora, visto cadere il suo ufficiale, indifferente ai colpi che lo sfiorano, se lo carica sulle spalle esortando i suoi compagni a rimanere sul posto per arginare l’attacco. Curvo sotto il suo compassionevole fardello, corre verso il posto di medicazione ma la ferita si rivela profonda e preoccupante. Al fianco dei barellieri Emanuele accompagna il suo tenente fin giù a Misurina e poi, in ambulanza, fino all'ospedale 039 in Val Marzon.
Verso sera De Toni si aggrava e dopo 36 ore di sofferenze, il suo volto viene coperto col risvolto del lenzuolo. L’indomani Emanuele assiste al suo funerale, una mesta processione che per le vie di Auronzo lo porta al cimitero; poi torna sconsolato al suo dovere di alpino. Per il suo impegno Emanuele D’Andrea sarà premiato con una medaglia di bronzo che non varrà comunque a consolarlo della perdita di un amico, il gentile ufficiale che era stato affidato alle sue premure.

ritratto Emanuele D'Andrea