Serafini Domenico
Capitano di complemento
2ª / I / 59° Brigata Calabria
Nato il 26 ottobre 1879 a Sora (CE)
Morto il 26 maggio 1916 sul Monte Sief
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Di sua spontanea volontà ed all'unico scopo di cooperare alla buona riuscita dell'operazione,
sotto intenso fuoco di artiglieria nemica, incurante del pericolo, incitava con entusiastiche
parole i militari dei reparti che dovevavo precederlo all'assalto fino a che, colpito in pieno da una
granata avversaria, cadde eroicamente sul campo.
Monte Sief, 26 maggio 1916
Note biografiche (Archivio Claudio Provana)
Domenicantonio (abbreviato in Domenico) nasce a Sora da Antonio, di professione orologiaio, e Giuseppa Roccatani.
Studia da avvocato e diventa esponente di spicco
del foro locale, tanto che tenta la carriera politica da consigliere provinciale, ma per una
manciata di voti fallisce la vittoria nel 1914. Partecipa anche ai soccorsi alla popolazione
locale in occasione del terremoto, aumentando così il legame e la stima che lo lega alla sua terra.
L'1 giugno del 1916 il colonnello
Petracchi, comandante il 59° Fanteria, scrive al Municipio
di Sora: "Prego la S.V.Ill.ma di volere, colle dovute cautele, partecipare alla famiglia del
Signor Capitano Serafini Domenico la di lui morteavvenuta sul campo di battaglia, valorosamente
combattendo alla testa della sua compagnia il giorno 26 Maggio. In una alle più vive condoglianze
voglia esprimere alla famiglia del compianto Capitano, anome mio e di tutti gli Ufficiali del
Reggimento, il senso di viva ammirazione che il valoroso comportamento di Lui ha destato in
tutti noi. La sua morte gloriosa, l'affetto di cui era circondato ed il senso di cordoglio che la
sua perdita ha destato in tutti: superiori, compagni e soldati; il senso di orgoglio che certamente
in tutti i cittadini desterà l'aver avuto come concittadino un così valoroso soldato, valgano
a lenire il dolore della famiglia."
Numerose sono le lettere che giungono dai colleghi. L'avvocato Luigi Trompeo, anch'egli al fronte,
scrive al cognato, onorevole Simoncelli: "Giorni sono è stato ucciso a Col di Lana - cioè oltre Col di Lana, al Sief, per essere
più precisi - il bravo e buon Capitano Serafini di Sora, avvocato, se non erro, a Cassino [Sora
era provincia di Roma all'epoca, NdR]. L'avevo conosciuto Tenente dei Bersaglieri; poi era stato
qualche mese capitano al mio Reggimento e in dicembre era passato al 59. Conduceva la sua compagnia
tra un inferno di fuoco, di rincalzo ad un'altra che attaccava una dura posizione; incitava ed
incuorava i soldati, già prossimi alla meta; uno shrapnel nemico gli frantumò una coscia e una
grossa scheggia, entrata in pieno petto, gli recise l'aorta. Chiamò il medico e, poveretto, cadde
e morì quasi subito. Ve ne parlo supponendo che lo abbiate conosciuto. E' una bella figura da
ricordarsi e cara. - Saluti ..."
Anche l'avvocato Lollini scrive da Roma: "L'avv. Domenico Serafini è caduto da prode, difendendo
il sacro suolo della Patria; ma il ricordo di Lui vivrà inestinguibile nel cuore di quanti conobbero
quella eletta natura di uomo e di cittadino. Non era possibile di avvicinarglisi senza amarlo.
Mente equilibrata e retta, cuore gentile e saldo, Egli del bello e del buono aveva la percezione
sicura, il desiderio ardente, il proposito fermo e inflessibile. Il popolo di Sora e d'ogni parte
del Circondario, che Lo pianse a calde lagrime, sente acutamente, anche nello smarrimento di
quest'ora di angoscia, e più sentirà in avvenire, ciò che con Lui il piombo austriaco gli ha
rapito. Egli era l'uomo del consiglio sicuro, era l'amico ed il sostenitore dell'oppresso, era il
lottatore per la causa della giustizia e del progresso civile e sociale. Come italiano e come
socialista m'inchino reverente sulla tomba di Lui, compreso di tristezza infinita, ma pur fidente
che i giovani di animo generoso raccoglieranno la fiaccola caduta dalla sua mano irrigidita dalla
morte e con essa illumineranno con vivida luce la via che il Popolo deve seguire per giungere a
quella meta di elevazione civile, politica e sociale a cui il nostro Estinto ardentemente
aspirava. Su in alto i cuori, o cittadini di Sora! La tomba testè dischiusasi ispira a nobili opere.
che ognuno ne tragga insegnamento ed esempio di bene! E' questo il migliore, è anzi l'unico modo
di rendere veramente onore al valoroso Estinto."
Non solo i colleghi del Foro porgono i loro omaggi ai parenti di Domenico, ma anche i commilitoni. Il
tenente Attilio Quercia scrive al cugino di Domenico, Emilio
Boimond: "Mi permetta di presentarmi a lei per compiere un triste dovere. La gloriosa fine
del suo cugino Capitano Serafini Domenico ci ha profondamente e sinceramente addolorati, benché
orgogliosi di Lui; ora permetta a me che fui suo subalterno ed amico, di esprimerle il dolore
di noi tutti ed il modo glorioso della sua fine. Pochi momenti prima dell'azione, Egli mi strinse
calorosamente la mano e con un nodo alla gola mi salutò. Dopo qualche ora, mentre con altri ufficiali
incitava, in un punto scoperto, i soldati di un'altra compagnia a seguire l'esempio dei loro ufficiali,
veniva colpito da una granata di piccolo calibro che lo feriva alla gamba destra. Cadde dicendo:
'Signor dottore, signor dottore!' Quasi immediatamente ne seguì una seconda che lo colpì in pieno,
ed Egli, il mio fratello maggiore, non potè che esclamare 'Ah!'. Cadde da eroe vero Egli che sì
intelligente e tanto idealismo e tanto senso della misura possedeva; Egli che seppe subitorendersi
simpaticissimo a superiori, colleghi e dipendenti, che lo amavano di amore sincero; Egli che sapeva
rendersi interprete fedele dei nostri sentimenti e che cercò sempre di appianare ogni angolosità e di
rendersi a tutti utile. Fui con Lui il giorno di Pasqua in un tragico momento e potetti apprezzare le belle
doti d'ingegno, di carattere e di onestà. Sempre pirma là dove era un pericolo; sempre pronto a lenire
le sofferenze altrui, a dare la parola di conforto, e l'esempio purissimo di abnegazione e sacrificio.
In questo momento io mi accorgo che non so esprimere il mio pensiero: la mia mente è velata dal dolore.
Forse tacendo, noi che fummo suoi compagni, che conoscemmo il suo carattere, e che siamo ancora suoi
ammiratori, rendiamo maggiore onore alla sua memoria, che rifulge di luce propria. La posizione, sulla quale
Egli si immolò alla Patria, ora porta il suo nome 'Ridotta Serafini'. Così vollero onorare la sua memoria i
superiori, ben sapendo quale grave perdita avesse subito il reggimento. Gradisca gli ossequi di chi mai potrà
dimenticare il Capitando ed il Cittadino Domenico Serafini."
Ulteriori informazioni sulla morte e sepoltura del capitano, arrivano dal dottor Paolo Ruotolo, capitano
medico della Sezione Sanità della 18ª Divisione, che il 23 giugno scrive a Bernardo, fratello di Serafini: "Gentilissimo
signore, ricevuta la sua lettera, ho curato, perché fosse stato possibile inviarle una fotografia della
tomba del suo povero ed eroico fratello Domenico. Noi tutti abbiamo nel cuore vivissimo ed imperituro il
ricordo di quella grande anima buona. Amato, stimato da tutti indistintamente, Egli era l'orgoglio dei
superiori, un esempio luminoso di bontà e di eroismo per tutti. Io lo seppi morto all'alba del 26 maggio,
mentre guidava col grido della vittoria nel cuore la sua bella compagnia verso il Sief. Piansi il mio buono e
grande amico, e nel pianto provvidi subito, perché la sua salma venisse trasportata con tutti i riguardi e
curai che venisse chiusa in apposita e robusta cassa di legno. Alla triste e luttuosa cerimonia ero presente
io, il Tenente Medico Nardi da Formia ed il Tenente Cappellano Don Gioacchino Rey[1] da Lenola, che benedisse
la salma. Vi era il suo fido attendente e qualche altro Ufficiale. Tutti versavano lagrime sincere di dolore
per una così nobile vita spenta per sempre! Dopo il Tenente Savona accorse affranto e insieme curammo il
traspoerto della salma in altra e più sicura località, provvedendo ancora per la cassa in zinco, sicuri che
un giorno non lontano, quelle spoglie benedette saranno tumulate nel suo paese natio per additare alle
generazioni presenti e venture il fastigio della gloria e dell'onore! E' sepolto sulla linea di confine,
nel camposanto accanto ad un'antica e nitida chiesetta. Saranno coltivati i fiori della riconoscenza e
dell'amicizia attorno alla sua cara e lagrimata tomba! Una robusta croce di ferro porta il suo nome eroico
che rimane imperituro e che oggi appartiene alla gloria della Patria nostra! Gradisca, egregio ed illustre
amico mio, i miei ossequi e i sensi della mia inalterabile stima."
NOTE
[1] Don Gioacchino Rey, cappellano della 18ª Sezione di Sanità, guadagnerà una MBVM sul Monte Asolone nel 1918.
Il cap. Serafini con la divisa da bersagliere
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Nato il 26 ottobre 1879 a Sora (CE)
Morto il 26 maggio 1916 sul Monte Sief
Decorazioni
Medaglia di Bronzo
Di sua spontanea volontà ed all'unico scopo di cooperare alla buona riuscita dell'operazione, sotto intenso fuoco di artiglieria nemica, incurante del pericolo, incitava con entusiastiche parole i militari dei reparti che dovevavo precederlo all'assalto fino a che, colpito in pieno da una granata avversaria, cadde eroicamente sul campo.Monte Sief, 26 maggio 1916
Note biografiche (Archivio Claudio Provana)
Domenicantonio (abbreviato in Domenico) nasce a Sora da Antonio, di professione orologiaio, e Giuseppa Roccatani.
Studia da avvocato e diventa esponente di spicco
del foro locale, tanto che tenta la carriera politica da consigliere provinciale, ma per una
manciata di voti fallisce la vittoria nel 1914. Partecipa anche ai soccorsi alla popolazione
locale in occasione del terremoto, aumentando così il legame e la stima che lo lega alla sua terra.
L'1 giugno del 1916 il colonnello
Petracchi, comandante il 59° Fanteria, scrive al Municipio
di Sora: "Prego la S.V.Ill.ma di volere, colle dovute cautele, partecipare alla famiglia del
Signor Capitano Serafini Domenico la di lui morteavvenuta sul campo di battaglia, valorosamente
combattendo alla testa della sua compagnia il giorno 26 Maggio. In una alle più vive condoglianze
voglia esprimere alla famiglia del compianto Capitano, anome mio e di tutti gli Ufficiali del
Reggimento, il senso di viva ammirazione che il valoroso comportamento di Lui ha destato in
tutti noi. La sua morte gloriosa, l'affetto di cui era circondato ed il senso di cordoglio che la
sua perdita ha destato in tutti: superiori, compagni e soldati; il senso di orgoglio che certamente
in tutti i cittadini desterà l'aver avuto come concittadino un così valoroso soldato, valgano
a lenire il dolore della famiglia."
Numerose sono le lettere che giungono dai colleghi. L'avvocato Luigi Trompeo, anch'egli al fronte,
scrive al cognato, onorevole Simoncelli: "Giorni sono è stato ucciso a Col di Lana - cioè oltre Col di Lana, al Sief, per essere
più precisi - il bravo e buon Capitano Serafini di Sora, avvocato, se non erro, a Cassino [Sora
era provincia di Roma all'epoca, NdR]. L'avevo conosciuto Tenente dei Bersaglieri; poi era stato
qualche mese capitano al mio Reggimento e in dicembre era passato al 59. Conduceva la sua compagnia
tra un inferno di fuoco, di rincalzo ad un'altra che attaccava una dura posizione; incitava ed
incuorava i soldati, già prossimi alla meta; uno shrapnel nemico gli frantumò una coscia e una
grossa scheggia, entrata in pieno petto, gli recise l'aorta. Chiamò il medico e, poveretto, cadde
e morì quasi subito. Ve ne parlo supponendo che lo abbiate conosciuto. E' una bella figura da
ricordarsi e cara. - Saluti ..."
Anche l'avvocato Lollini scrive da Roma: "L'avv. Domenico Serafini è caduto da prode, difendendo
il sacro suolo della Patria; ma il ricordo di Lui vivrà inestinguibile nel cuore di quanti conobbero
quella eletta natura di uomo e di cittadino. Non era possibile di avvicinarglisi senza amarlo.
Mente equilibrata e retta, cuore gentile e saldo, Egli del bello e del buono aveva la percezione
sicura, il desiderio ardente, il proposito fermo e inflessibile. Il popolo di Sora e d'ogni parte
del Circondario, che Lo pianse a calde lagrime, sente acutamente, anche nello smarrimento di
quest'ora di angoscia, e più sentirà in avvenire, ciò che con Lui il piombo austriaco gli ha
rapito. Egli era l'uomo del consiglio sicuro, era l'amico ed il sostenitore dell'oppresso, era il
lottatore per la causa della giustizia e del progresso civile e sociale. Come italiano e come
socialista m'inchino reverente sulla tomba di Lui, compreso di tristezza infinita, ma pur fidente
che i giovani di animo generoso raccoglieranno la fiaccola caduta dalla sua mano irrigidita dalla
morte e con essa illumineranno con vivida luce la via che il Popolo deve seguire per giungere a
quella meta di elevazione civile, politica e sociale a cui il nostro Estinto ardentemente
aspirava. Su in alto i cuori, o cittadini di Sora! La tomba testè dischiusasi ispira a nobili opere.
che ognuno ne tragga insegnamento ed esempio di bene! E' questo il migliore, è anzi l'unico modo
di rendere veramente onore al valoroso Estinto."
Non solo i colleghi del Foro porgono i loro omaggi ai parenti di Domenico, ma anche i commilitoni. Il
tenente Attilio Quercia scrive al cugino di Domenico, Emilio
Boimond: "Mi permetta di presentarmi a lei per compiere un triste dovere. La gloriosa fine
del suo cugino Capitano Serafini Domenico ci ha profondamente e sinceramente addolorati, benché
orgogliosi di Lui; ora permetta a me che fui suo subalterno ed amico, di esprimerle il dolore
di noi tutti ed il modo glorioso della sua fine. Pochi momenti prima dell'azione, Egli mi strinse
calorosamente la mano e con un nodo alla gola mi salutò. Dopo qualche ora, mentre con altri ufficiali
incitava, in un punto scoperto, i soldati di un'altra compagnia a seguire l'esempio dei loro ufficiali,
veniva colpito da una granata di piccolo calibro che lo feriva alla gamba destra. Cadde dicendo:
'Signor dottore, signor dottore!' Quasi immediatamente ne seguì una seconda che lo colpì in pieno,
ed Egli, il mio fratello maggiore, non potè che esclamare 'Ah!'. Cadde da eroe vero Egli che sì
intelligente e tanto idealismo e tanto senso della misura possedeva; Egli che seppe subitorendersi
simpaticissimo a superiori, colleghi e dipendenti, che lo amavano di amore sincero; Egli che sapeva
rendersi interprete fedele dei nostri sentimenti e che cercò sempre di appianare ogni angolosità e di
rendersi a tutti utile. Fui con Lui il giorno di Pasqua in un tragico momento e potetti apprezzare le belle
doti d'ingegno, di carattere e di onestà. Sempre pirma là dove era un pericolo; sempre pronto a lenire
le sofferenze altrui, a dare la parola di conforto, e l'esempio purissimo di abnegazione e sacrificio.
In questo momento io mi accorgo che non so esprimere il mio pensiero: la mia mente è velata dal dolore.
Forse tacendo, noi che fummo suoi compagni, che conoscemmo il suo carattere, e che siamo ancora suoi
ammiratori, rendiamo maggiore onore alla sua memoria, che rifulge di luce propria. La posizione, sulla quale
Egli si immolò alla Patria, ora porta il suo nome 'Ridotta Serafini'. Così vollero onorare la sua memoria i
superiori, ben sapendo quale grave perdita avesse subito il reggimento. Gradisca gli ossequi di chi mai potrà
dimenticare il Capitando ed il Cittadino Domenico Serafini."
Ulteriori informazioni sulla morte e sepoltura del capitano, arrivano dal dottor Paolo Ruotolo, capitano
medico della Sezione Sanità della 18ª Divisione, che il 23 giugno scrive a Bernardo, fratello di Serafini: "Gentilissimo
signore, ricevuta la sua lettera, ho curato, perché fosse stato possibile inviarle una fotografia della
tomba del suo povero ed eroico fratello Domenico. Noi tutti abbiamo nel cuore vivissimo ed imperituro il
ricordo di quella grande anima buona. Amato, stimato da tutti indistintamente, Egli era l'orgoglio dei
superiori, un esempio luminoso di bontà e di eroismo per tutti. Io lo seppi morto all'alba del 26 maggio,
mentre guidava col grido della vittoria nel cuore la sua bella compagnia verso il Sief. Piansi il mio buono e
grande amico, e nel pianto provvidi subito, perché la sua salma venisse trasportata con tutti i riguardi e
curai che venisse chiusa in apposita e robusta cassa di legno. Alla triste e luttuosa cerimonia ero presente
io, il Tenente Medico Nardi da Formia ed il Tenente Cappellano Don Gioacchino Rey[1] da Lenola, che benedisse
la salma. Vi era il suo fido attendente e qualche altro Ufficiale. Tutti versavano lagrime sincere di dolore
per una così nobile vita spenta per sempre! Dopo il Tenente Savona accorse affranto e insieme curammo il
traspoerto della salma in altra e più sicura località, provvedendo ancora per la cassa in zinco, sicuri che
un giorno non lontano, quelle spoglie benedette saranno tumulate nel suo paese natio per additare alle
generazioni presenti e venture il fastigio della gloria e dell'onore! E' sepolto sulla linea di confine,
nel camposanto accanto ad un'antica e nitida chiesetta. Saranno coltivati i fiori della riconoscenza e
dell'amicizia attorno alla sua cara e lagrimata tomba! Una robusta croce di ferro porta il suo nome eroico
che rimane imperituro e che oggi appartiene alla gloria della Patria nostra! Gradisca, egregio ed illustre
amico mio, i miei ossequi e i sensi della mia inalterabile stima."
NOTE
[1] Don Gioacchino Rey, cappellano della 18ª Sezione di Sanità, guadagnerà una MBVM sul Monte Asolone nel 1918.
Il cap. Serafini con la divisa da bersagliere