La conclusione dell'attacco italiano

18-20 Luglio 1915

La mattina del 18 luglio sembrò che presso i comandi fosse tramontata l'idea della prosecuzione dell'attacco di viva forza e si propendesse per l'offensiva metodica; tesi questa caldeggiata dal gen. Fabbri. Il gen. Montuori era invece più propenso ad un'azione di forza contro Monte Piano.

Il cap. Rossi fece accampare gli alpini sul pendio tra il lato sud del rettangolo del Fosso Alpino ed i pinnacoli di roccia che lo sostengono sul Vallon dei Castrati; fece inoltre portare le cucine alla testata di quest'ultimo in modo che il fumo potesse salire a "confortare" le truppe del cap. Mortara. Dispose anche che la 10ª/55° si schierasse a quadrato attorno alla 96ª; disse poi che bisognava scavare trincee difensive e camminamenti di approccio alla ridotta austriaca ma non fece portare nè picconi nè badili.
In questi due giorni (18 e 19 luglio) si registra solo uno scambio di colpi tra le opposte artiglierie. Il 18 luglio, pattuglie italiane fanno saltare il campo minato di fronte alle posizioni austriache ed una granata italiana in un colpo riesce a causare 18 morti. Il 19 luglio viene centrata anche una batteria austriaca di Malga Specie (15 morti). Da parte austriaca si provvede all'invio di rinforzi (cap. Groschl del X/III Landesschützen):
 - destra: (una cp. del) il IX/III Landesschützen
 - centro: una compagnia ed una sezione mitragliatrici
 - sinistra: metà (cp.) del X/III Landesschützen
Verso le 23 gli austriaci tentano un contrattacco ma vengono respinti.

Prima dell'alba si provvide al cambi da parte italiana; la 9ª e la 12ª vennero sostituite dalla 1ª e 2ª del I/55° e dalla 7ª/56°, al comando del cap. Mortara. Così ricorda l'episodio il soldato Brusatin: "Noi scendemmo diradati e sfatti. A Col S. Angelo sono addensate le barelle. Spettacolo terrificante. I feriti, i moribondi son muti, solo sommessi monosillabi dai portatori. Povera umanità! Poveri noi! Passa Bertaggia col fucile infranto [...]. Entriamo al Grand Hotel per cercare qualcosa da mangiare, per celarsi alla vista delle montagne che ci fanno paura. Siamo sfatti, affranti, affamati. Ci danno qualcosa di caldo. Qualcuno alzando il cucchiaio trema. Ci stendiamo sulla paglia muti. D'improvviso un ordine severo. Ci alziamo tutti: 'Sgomberate immediatamente. Arrivano i feriti e sono centinaia'. Usciamo."

La mattina del 19 luglio il comando di brigata a Misurina (gen. Fabbri) comunicò l'ordine di riprendere l'attacco di forza: nel pomeriggio il magg. Gavagnin emanò il seguente ordine:

Nelle prime ore della notte di oggi verrà attaccata la trincea di Monte Piano.
In conseguenza dispongo:
1° L'attacco venga iniziato in seguito ad ordine del sottoscritto segnalato mediante razzo.
2° Le Compagnie che dovranno operare saranno provviste di maschere e formeranno due gruppi: il 1° al comando del capitano del 56° fanteria signor Mortara, il 2° al comando del 7° alpini sig. Rossi (1° gruppo: 7ª compagnia del 56° 12ª del 55°, sez. mitragliatrici del 56°; 2° gruppo: 96ª compagnia alpina; 6ª del 56°, plotone allievi ufficiali, sez. mitragliatrici del 55°).
3° Le compagnie 1ª e 2ª del 55° al comando del capitano Di Lena, in rincalzo dei due gruppi operanti in prima linea, prenderanno posizione non appena l'oscurità lo permetterà, ma non oltre le ore 21.30; il capitano Di Lena prenderà inoltre il comando della 10ª compagnia del 55°, meno un plotone, che sarà collocato dal capitano Rossi a tergo delle truppe operanti.

Attacco 20 luglio L'attacco finale del 20 luglio

I capitani Rossi, Mortara e Di Lena tennero consiglio presso il campo degli alpini la sera del 19 luglio e stabilirono che:
a. il cap. Rossi dirigesse l'azione dei due gruppi;
b. la 12ª/55° giunta alla testata del Vallon dei Castrati (al comando di un sottotenente) rimanesse tra i rincalzi così suddivisi: la 2ª e 10ª a sinistra (cap. Rossi) e la 1ª e 12ª a destra (cap. Di Lena);
c.le truppe di prima linea scattassero all'alba.
Il Rossi dispose altresì:
 - che il comandante della 10ª assumesse il comando dei rincalzi e gli assegnò il compito di difesa del tergo degli alpini assalitori;
 - che il plotone allievi ufficiali della brigata (s.ten. Cavallero) si ponesse al centro tra gli alpini e la compagnia del cap. Mortara.
Queste modifiche non furono rese note al magg. Gavagnin che alle 24 (le 22 nella versione del Berti) fa lanciare il razzo verde dell'attacco. Dopo 2 ore, non vedendo alcun movimento, manda ai capigruppo il contrordine: questo giunge al cap. Mortara, ma non al Rossi ed al plotone allievi che, seguiti dalla 6ª/56° (cap. Sammartino) irrompevano verso due varchi (il più ampio misura 8 metri) aperti il 20 luglio alle 3 con 6 tubi di gelatina nel reticolato austriaco dal genio (cap. Chimirri) e dal plotone esploratori del I/55° (s.ten. Ruini). Allora il cap. Di Lena, di sua iniziativa, mandò tra i rincalzi del settore di sinistra anche la 12ª, così il comandante della 10ª si trovò con alle dipendenze 3 compagnie. Ma alle 9 (all'alba nella versione di Berti) giunge il cap. Chimirri del Genio con l'ordine verbale del cap. Rossi che una parte dei rincalzi andasse subito all'assalto. Infatti gli alpini avevano tagliato fuori il camminamento che univa la trincea avanzata alla ridotta e ne avevano catturato il presidio. Poi tutti si erano fermati di fronte al fuoco della ridotta (il plotone di testa, quello degli allievi Ufficiali, perse 27 uomini su 45 tra i quali il comandante, s.ten. Cavallero) per cui il Rossi aveva chiesto al Mortara di attaccare il lato destro ed aveva chiesto ai rincalzi di agire contro il sinistro.
Il cap. Mortara però mandò la sua 7ª/56° (al comando di un sottotenente) in direzione della trinceretta già occupata dagli alpini. Credendo che i suoi siano penetrati nella ridotta, il Mortara incita la 1ª/55° a lanciarsi all'assalto guidata dal ten. Puttini, dal s.ten. Brevedan (poi caduto) e dal caporale Bergato.

Alla sinistra il compito si presentò più arduo al comandante della 10ª perchè l'ordine riferito dal Chimirri contraddiceva le disposizioni precedenti e non precisava la direzione dell'assalto. Non si sapeva inoltre che truppe mandare all'assalto, visto che:
 - la 10ª aveva tre plotoni in "dislocazione protettiva";
 - la 12ª era giunta da poco ed aveva forze ridotte ed un solo ufficiale (s.ten. Capuzzo);
 - la 2ª (s.ten. Ganzerla) era al centro del Fosso Alpino dalla sera prima ma con forze esigue.
Il comandante della 10ª optò per condurre personalmente la 2ª lasciando la 10ª al s.ten. Sutto; si portò dietro anche il 1°/10ª (ten. Meneghetti), sorpassò di slancio la 6ª/56° e, vista l'estrema destra degli alpini, puntò verso l'intervallo tra questi ed il dirupo nord-est del monte, per lanciarsi contro l'estrema sinistra della ridotta austriaca. Vengono conquistate di slancio anche la seconda e la terza linea di trinceramenti austriaci; gli alpini giungono fino alla posizione di un pezzo da campagna.
Ma i difensori, avvedutisi del movimento italiano, lasciarono pochi uomini al centro per battere i varchi e si spostarono sui fianchi per tempestare con fucili e mitragliatrici (validamente supportati dall'artiglieria, soprattutto da due cannoni da montagna dei cannonieri Schwarz e Schragl che sparano da 2-300 metri contro gli italiani) i fanti italiani avanzanti. Per l'artiglieria austriaca non si tratta che di concentrare il tiro su un bersaglio facile, a portata di tutti i pezzi. Per le batterie italiane si tratta invece di individuare i pezzi austriaci abilmente dissimulati e di ripartire su di esse il tiro e la capacità di fuoco.
Il cap. Rossi, vista l'impossibilità di proseguire, ordina il ripiegamento ("Faccia ritirar gli uomini a gruppi di quattro o cinque per volta, dalla destra. Gli altri continuino a sparare. Punto di raccolta le cucine degli alpini"); durante il movimento fu ferito ad una spalla e lasciò il comando del settore sinistro al comandante della 10ª. Il ten. Puttini verso le 7 respinse con il fuoco di squadre ben appostate forti nuclei austriaci (cap. Groschl e ten. Hasenohrl) che già uscivano dai ripari per inseguire, ed il comandante della 10ª protesse il ripiegamento con i 3 plotoni rimasti sulla difensiva ai margini del Fosso Alpino.
In totale l'azione costò agli attaccanti 104 morti, 578 feriti e 151 dispersi.

Il gen. Fabbri, il 20 luglio trasmette il seguente elogio del comandante della 10ª Divisione (gen. Montuori): "In sei giorni di accanito combattimento per la conquista di M. Piana le truppe della brigata Marche, della 96ª compagnia alpini e del genio, hanno spiegato le migliori doti di resistenza e di valore. Ad esse io prego di esternare il mio più vivo elogio e la piena mia riconoscenza."
Aggiunge il gen. Fabbri: "Ed io, che in questi giorni ho seguito ora per ora le vicende delle truppe combattenti nella zona di M. Piana e nelle valli adiacenti, posso con sicura coscienza ripetere l'elegio tributato dal signor Comandante della Divisione, esprimendo i sentimenti di orgoglio per avere ai miei ordini simili truppe. Anche alla sezione di sanità e ai reparti di sanità che prestarono l'opera loro pietosa in favore dei feriti, porgo il mio vivi elogio per l'ammirevole servizio prestato, che sarà mia cura segnalare alle Autorità Superiori."

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