Giannetti Giuseppe
Sottotenente di complemento
60° Brigata Calabria
Nato a Spoleto (PG) il 14 novembre 1893
Morto sul Col di Lana il 21 aprile 1916
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Ferito, continuava a combattere finché veniva nuovamente e mortalmente colpito presso le trincee
avversarie.
Col di Lana, 21 aprile 1916
Note biografiche (Archivio Claudio Provana, Danilo Morell, webmaster)
Figlio di Enrico, Regio Sub Economo[1], ed Eloisa Casati (definita "agiata" nel certificato di
nascita). Terminati gli studi di ragioneria presso l'Istituto Tecnico, offre la sua opera come
volontario ciclista grazie alla sua grande passione per lo sport.
Viene poi chiamato alle armi ed in pochi mesi ottiene i gradi da sottotenente nella
7ª compagnia del 60° Calabria.
Il suo reggimento è schierato nella zona del Col di Lana alla data in cui si verificò l’esplosione
della famosa mina che permise l’occupazione italiana della vetta.
Nei giorni successivi il regio esercito italiano cerca di spingere a fondo l’avanzata cercando di
raggiungere la Cima del Monte Sief ed il reggimento di Giuseppe entra in azione il 20 aprile 1916.
La I colonna formata dal IV Battaglione, dalla Cima del Col di Lana doveva puntare lungo la cresta
del Sief. Contemporaneamente la II colonna, formata dal II battaglione e di cui faceva parte la
compagnia di Giuseppe, doveva puntare contro il montucolo austriaco e Fèrdole. La 7ª compagnia di
Giuseppe, insieme alla 6ª, si trovava nelle trincee del montucolo italiano quando ha inizio
l’attacco il 21 aprile. La 6ª e 7ª compagnia riescono ad oltrepassare i reticolati e ad occupare un
trinceramento dell’antistante montucolo austriaco. Durante l’assalto Giuseppe viene ferito ad un
polpaccio ma continua ad avanzare finchè una seconda pallottola lo colpisce alla gola senza
lasciargli scampo.
Secondo l'atto di morte, Giuseppe muore alle 24:30, in seguito a colpo di fucile
alla gola. La salma viene raccolta e tumulata dal cappellano don
Settimio Pambianco;
verrà sepolto a Pian di Salesei, dove tuttora riposa nella tomba N. 274.
Così lo ricorda il Giornale d'Italia[2] nel numero dell'8 maggio: "Piacente giovane dal portamento
consuetamente distinto ed affidabile, sempre pronto a dar tutta l’opera sua per ogni buona
iniziativa paesana, come a frequentare e ravvivare con una signorile e piacevole distinzione di
modi i trovi cittadini «Peppino» Giannetti aveva tutti amici, solo amici tra noi; e senza contrasti
verso di essi fluiva una corrente di simpatia."
Il capitano Paribeni esprime così il suo cordoglio: "
Come vorrei soddisfare degnamente al Suo desiderio di sentire da me cose riguardanti il suo povero
de ottimo Peppino! Ma che cosa dirle che non sia già chiaramente sentita dal suo animo di Padre?
Nei pochi (ahimè, troppo pochi!) mesi che lo conobbi e che lo ebbi compagno in quella incredibile
fantastica vita di guerra di montagna non potei che ammirare la saldezza eroica del suo animo
congiunta alla più schietta e cordiale giovialità. Compieva semplicemente i suoi doveri terribili e
tornava poi all’amabile scherzo coi suoi colleghi inconscio della grandezza dei sacrifici offerti
alla Patria, come del resto fanno tutti i giovani eroi che vivono lassù tra Dio e la morte.
Rammento che pochi giorni dopo il suo arrivo al reggimento, la notte del 6 gennaio avemmo un
notevole attacco austriaco alle nostre posizioni di Cima Lana che ci costò qualche perdita; ebbene
il suo Peppino che per la prima volta si trovava in mezzo al fuoco ed al pericolo rimase saldo e
calmo tra i suoi soldati come un guerriero di antica data. La ferma bontà del suo contegno lo fece
amare moltissimo anche dai soldati che ne piansero sinceramente la perdita: ebbi modo di constatarlo
personalmente con i feriti che mi seguirono all’ospedale di Belluno; dimenticavano i loro dolori
per parlare con affetto e rimpianto del loro ufficiale caduto. Credo, caro Signore, che tanto larga
eredità di affetto in poco tempo raccolta sia una continuità di vita del suo Peppino tra noi che lo
amammo e ammirammo e che ora ne veneriamo la memoria gloriosa.
Il dolore disperato ed inconsolabile è un mancare a questo sentimento di fiducia e forse
dispiacerebbe al caro assente che ci osserva da un mondo più sereno.
Egli vive tra noi in spirito, e questa fede valga a consolare chi principalmente fu colpito dalla
Sua dipartita. La prego, caro Signore di ricordarmi come uno dei più sinceri amici del povero
Peppino e di gradire l’espressione dei miei sentimenti di simpatia e di stima. Devotissimo Capitano
Giulio Cesare Paribeni"
Anche il sottotenente Caccia non può fare a meno di ricordare il giovane commilitone caduto
sul Col di Lana: "La tragica gloriosa scomparsa del caro Peppino mi ha profondamente e
crudelmente addolorato e piango il dolce amico perduto. Il rimpianto e il vuoto che ha lasciato al
battaglione è grande come grande era la sua bontà, la sua gentilezza e il suo coraggio. È caduto
valorosamente alla presa del Montucolo Austriaco sul Col di Lana. Sia gloria e pace a Lui. In
questo momento doloroso sia di conforto alla Sua Signora ed a Lei il pensiero della grandezza del
Suo sacrificio. Con stima mi creda suo Sottotenente Caccia, Aiutante magg. In 2° del battaglione,
22 Giugno 1916."
Dopo la sua morte, il padre raccoglie in un volumetto i ricordi di del figlio caduto e provvede a
spedirlo a varie autorità e cariche pubbliche di rilievo. Nel frontespizio del
volume, Enrico Giannetti esprime tutto il suo dolore: "Figlio mio,
La tua giovane e preziosa vita alla Patria – al padre tuo, alla tua mamma, alle tue sorelle lo
strazio crudele!
Ma nello strazio – l’orgoglio altissimo della tua fine gloriosa.
E per la tua gloria e per la tua bontà, tu non cadrai nell’obblìo.
Chi pur non ti conobbe leggendo in questi fogli proverà forse un senso di ammirazione e di pietà; e
fissando il tuo ritratto andrà mestamente col pensiero a deporre un fiore sulla tua povera tomba!
Di là, mio adorato Peppino, dall’eterno Regno della letizia ove ascendesti per Supremo destino,
volgi a noi il tuo sguardo dolce e sereno, raccogli le nostre lacrime, e col sorriso degli Angeli
dacci conforto!
21 Ottobre 1916 IL TUO PAPÀ"
In molti rispondono.
Tra questi il colonnello De Angelis
(comandante del Reggimento) scrive al padre di Giuseppe: "Rivedo in effigie, egregio
Signor Giannetti, la simpatica ed eroica figura del suo adorato Figlio, e il mio pensiero
vola a quel giorno in cui Egli immolando la sua giovane esistenza additava la mèta ai suoi
fanti, alcuni dei quali avevano i capelli brizzolati ma non il cuore gagliardo quanto il Suo!
Commosso la ringrazio e le stringo fortemente la mano."
Anche il Ministro della Guerra, il generale Paolo Morrone (che aveva comandato la 4ª Armata), ha
occasione di scrivere al padre di Giuseppe: "Egregio Signore, alle molte e belle attestazioni di
compianto e di ammirazione che in morte di suo Figlio d'ogni parte le sono pervenute e che Ella
con pietosa intenzione ha voluto raccogliere e pubblicare a maggior gloria del Suo Eroe, unisco
l'espressione della mia sincera condoglianza e considerazione, e vivamente la ringrazio di avermi
inviato una copia dell'opuscolo che ricorda l'immagine e le gesta del bravo e valoroso sottotenente
Giannetti."
Anche il sottosegretario di Stato Luigi
Vittorio Alfieri risponde all'invio: "Egregio signore, con sincera commozione ho letto
quanto Ella ha raccolto a memoria del valoroso suo Figliuolo, caduto sul Col di Lana,
e ne ho conosciuto la effigie; - dall'aspetto ancor di fanciullo il suo Peppino avevanol'animo di un
Eroe. Nessuna epigrafe può del giovane ufficiale dire più degnamente di ciò che scrisse
il Suo colonnello: 'Alla testa de' suoi soldati, benché ferito continuò a combattere finché
cadde da Prode'. A Lei, alla famiglia desolata ma orgogliosa di un simile Figlio, la mia commossa
ammirazione."
La vicenda di Giuseppe arriva fino alla Regina Madre, per l'interessamento della Dama di Corte,
contessa Maria Cristina Pes dei Marchesi di Villamarina: "Egregio Signore, ho rassegnato a
Sua Maestà la Regina Madre l'opuscolo della S.V. pubblicato in memoria del di Lei Figlio
Giuseppe Sottotenente di Fanteria gloriosamente caduto combattendo sul Col di Lana. E l'Augusta
Signora nel prendere coscienza dell'opera generosa da Lui compiuta in pro della Patria con lo
stesso sacrificio della sua promettente giovinezza, aveva parole di vivo compianto per la
memoria di Lui e di esaltazione per la Sua eroica fine. Nel farmi quindi interprete di questi
sentimenti della Maestà Sua e delle espressioni di condoglianza che Sua Maestà voleva significate
a lei ed alla desolata Madre, le porgo egregio Signore, gli atti della mia distinta osservanza."
NOTE
[1] Il Regio Economato, abolito con i Patti Lateranensi del 1929, risaliva come istituto al
Tardo Medioevo ed aveva lo scopo di limitare le ingerenze della Chiesa negli affari dello Stato.
[2] Nato da un progetto di Sidney Sonnino e Antonio Salandra, fondato nel 1901.
Il s.ten. Giuseppe Giannetti
© frontedolomitico.it Tutti i diritti riservati. | Design ispirato da: HTML5 UP
Nato a Spoleto (PG) il 14 novembre 1893
Morto sul Col di Lana il 21 aprile 1916
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Ferito, continuava a combattere finché veniva nuovamente e mortalmente colpito presso le trincee avversarie.Col di Lana, 21 aprile 1916
Note biografiche (Archivio Claudio Provana, Danilo Morell, webmaster)
Figlio di Enrico, Regio Sub Economo[1], ed Eloisa Casati (definita "agiata" nel certificato di
nascita). Terminati gli studi di ragioneria presso l'Istituto Tecnico, offre la sua opera come
volontario ciclista grazie alla sua grande passione per lo sport.
Viene poi chiamato alle armi ed in pochi mesi ottiene i gradi da sottotenente nella
7ª compagnia del 60° Calabria.
Il suo reggimento è schierato nella zona del Col di Lana alla data in cui si verificò l’esplosione
della famosa mina che permise l’occupazione italiana della vetta.
Nei giorni successivi il regio esercito italiano cerca di spingere a fondo l’avanzata cercando di
raggiungere la Cima del Monte Sief ed il reggimento di Giuseppe entra in azione il 20 aprile 1916.
La I colonna formata dal IV Battaglione, dalla Cima del Col di Lana doveva puntare lungo la cresta
del Sief. Contemporaneamente la II colonna, formata dal II battaglione e di cui faceva parte la
compagnia di Giuseppe, doveva puntare contro il montucolo austriaco e Fèrdole. La 7ª compagnia di
Giuseppe, insieme alla 6ª, si trovava nelle trincee del montucolo italiano quando ha inizio
l’attacco il 21 aprile. La 6ª e 7ª compagnia riescono ad oltrepassare i reticolati e ad occupare un
trinceramento dell’antistante montucolo austriaco. Durante l’assalto Giuseppe viene ferito ad un
polpaccio ma continua ad avanzare finchè una seconda pallottola lo colpisce alla gola senza
lasciargli scampo.
Secondo l'atto di morte, Giuseppe muore alle 24:30, in seguito a colpo di fucile
alla gola. La salma viene raccolta e tumulata dal cappellano don
Settimio Pambianco;
verrà sepolto a Pian di Salesei, dove tuttora riposa nella tomba N. 274.
Così lo ricorda il Giornale d'Italia[2] nel numero dell'8 maggio: "Piacente giovane dal portamento
consuetamente distinto ed affidabile, sempre pronto a dar tutta l’opera sua per ogni buona
iniziativa paesana, come a frequentare e ravvivare con una signorile e piacevole distinzione di
modi i trovi cittadini «Peppino» Giannetti aveva tutti amici, solo amici tra noi; e senza contrasti
verso di essi fluiva una corrente di simpatia."
Il capitano Paribeni esprime così il suo cordoglio: "
Come vorrei soddisfare degnamente al Suo desiderio di sentire da me cose riguardanti il suo povero
de ottimo Peppino! Ma che cosa dirle che non sia già chiaramente sentita dal suo animo di Padre?
Nei pochi (ahimè, troppo pochi!) mesi che lo conobbi e che lo ebbi compagno in quella incredibile
fantastica vita di guerra di montagna non potei che ammirare la saldezza eroica del suo animo
congiunta alla più schietta e cordiale giovialità. Compieva semplicemente i suoi doveri terribili e
tornava poi all’amabile scherzo coi suoi colleghi inconscio della grandezza dei sacrifici offerti
alla Patria, come del resto fanno tutti i giovani eroi che vivono lassù tra Dio e la morte.
Rammento che pochi giorni dopo il suo arrivo al reggimento, la notte del 6 gennaio avemmo un
notevole attacco austriaco alle nostre posizioni di Cima Lana che ci costò qualche perdita; ebbene
il suo Peppino che per la prima volta si trovava in mezzo al fuoco ed al pericolo rimase saldo e
calmo tra i suoi soldati come un guerriero di antica data. La ferma bontà del suo contegno lo fece
amare moltissimo anche dai soldati che ne piansero sinceramente la perdita: ebbi modo di constatarlo
personalmente con i feriti che mi seguirono all’ospedale di Belluno; dimenticavano i loro dolori
per parlare con affetto e rimpianto del loro ufficiale caduto. Credo, caro Signore, che tanto larga
eredità di affetto in poco tempo raccolta sia una continuità di vita del suo Peppino tra noi che lo
amammo e ammirammo e che ora ne veneriamo la memoria gloriosa.
Il dolore disperato ed inconsolabile è un mancare a questo sentimento di fiducia e forse
dispiacerebbe al caro assente che ci osserva da un mondo più sereno.
Egli vive tra noi in spirito, e questa fede valga a consolare chi principalmente fu colpito dalla
Sua dipartita. La prego, caro Signore di ricordarmi come uno dei più sinceri amici del povero
Peppino e di gradire l’espressione dei miei sentimenti di simpatia e di stima. Devotissimo Capitano
Giulio Cesare Paribeni"
Anche il sottotenente Caccia non può fare a meno di ricordare il giovane commilitone caduto
sul Col di Lana: "La tragica gloriosa scomparsa del caro Peppino mi ha profondamente e
crudelmente addolorato e piango il dolce amico perduto. Il rimpianto e il vuoto che ha lasciato al
battaglione è grande come grande era la sua bontà, la sua gentilezza e il suo coraggio. È caduto
valorosamente alla presa del Montucolo Austriaco sul Col di Lana. Sia gloria e pace a Lui. In
questo momento doloroso sia di conforto alla Sua Signora ed a Lei il pensiero della grandezza del
Suo sacrificio. Con stima mi creda suo Sottotenente Caccia, Aiutante magg. In 2° del battaglione,
22 Giugno 1916."
Dopo la sua morte, il padre raccoglie in un volumetto i ricordi di del figlio caduto e provvede a
spedirlo a varie autorità e cariche pubbliche di rilievo. Nel frontespizio del
volume, Enrico Giannetti esprime tutto il suo dolore: "Figlio mio,
La tua giovane e preziosa vita alla Patria – al padre tuo, alla tua mamma, alle tue sorelle lo
strazio crudele!
Ma nello strazio – l’orgoglio altissimo della tua fine gloriosa.
E per la tua gloria e per la tua bontà, tu non cadrai nell’obblìo.
Chi pur non ti conobbe leggendo in questi fogli proverà forse un senso di ammirazione e di pietà; e
fissando il tuo ritratto andrà mestamente col pensiero a deporre un fiore sulla tua povera tomba!
Di là, mio adorato Peppino, dall’eterno Regno della letizia ove ascendesti per Supremo destino,
volgi a noi il tuo sguardo dolce e sereno, raccogli le nostre lacrime, e col sorriso degli Angeli
dacci conforto!
21 Ottobre 1916 IL TUO PAPÀ"
In molti rispondono.
Tra questi il colonnello De Angelis
(comandante del Reggimento) scrive al padre di Giuseppe: "Rivedo in effigie, egregio
Signor Giannetti, la simpatica ed eroica figura del suo adorato Figlio, e il mio pensiero
vola a quel giorno in cui Egli immolando la sua giovane esistenza additava la mèta ai suoi
fanti, alcuni dei quali avevano i capelli brizzolati ma non il cuore gagliardo quanto il Suo!
Commosso la ringrazio e le stringo fortemente la mano."
Anche il Ministro della Guerra, il generale Paolo Morrone (che aveva comandato la 4ª Armata), ha
occasione di scrivere al padre di Giuseppe: "Egregio Signore, alle molte e belle attestazioni di
compianto e di ammirazione che in morte di suo Figlio d'ogni parte le sono pervenute e che Ella
con pietosa intenzione ha voluto raccogliere e pubblicare a maggior gloria del Suo Eroe, unisco
l'espressione della mia sincera condoglianza e considerazione, e vivamente la ringrazio di avermi
inviato una copia dell'opuscolo che ricorda l'immagine e le gesta del bravo e valoroso sottotenente
Giannetti."
Anche il sottosegretario di Stato Luigi
Vittorio Alfieri risponde all'invio: "Egregio signore, con sincera commozione ho letto
quanto Ella ha raccolto a memoria del valoroso suo Figliuolo, caduto sul Col di Lana,
e ne ho conosciuto la effigie; - dall'aspetto ancor di fanciullo il suo Peppino avevanol'animo di un
Eroe. Nessuna epigrafe può del giovane ufficiale dire più degnamente di ciò che scrisse
il Suo colonnello: 'Alla testa de' suoi soldati, benché ferito continuò a combattere finché
cadde da Prode'. A Lei, alla famiglia desolata ma orgogliosa di un simile Figlio, la mia commossa
ammirazione."
La vicenda di Giuseppe arriva fino alla Regina Madre, per l'interessamento della Dama di Corte,
contessa Maria Cristina Pes dei Marchesi di Villamarina: "Egregio Signore, ho rassegnato a
Sua Maestà la Regina Madre l'opuscolo della S.V. pubblicato in memoria del di Lei Figlio
Giuseppe Sottotenente di Fanteria gloriosamente caduto combattendo sul Col di Lana. E l'Augusta
Signora nel prendere coscienza dell'opera generosa da Lui compiuta in pro della Patria con lo
stesso sacrificio della sua promettente giovinezza, aveva parole di vivo compianto per la
memoria di Lui e di esaltazione per la Sua eroica fine. Nel farmi quindi interprete di questi
sentimenti della Maestà Sua e delle espressioni di condoglianza che Sua Maestà voleva significate
a lei ed alla desolata Madre, le porgo egregio Signore, gli atti della mia distinta osservanza."
NOTE
[1] Il Regio Economato, abolito con i Patti Lateranensi del 1929, risaliva come istituto al
Tardo Medioevo ed aveva lo scopo di limitare le ingerenze della Chiesa negli affari dello Stato.
[2] Nato da un progetto di Sidney Sonnino e Antonio Salandra, fondato nel 1901.
Il s.ten. Giuseppe Giannetti