L'attesa austriaca
Aprile 1916
I soldati della 5ª e 6ª compagnia del 2° Kaiserjäger (cap.
Homa e ten.
Tschurtschenthaler) che si
alternavano sulla cima, avevano in quei giorni l'impressione di vivere sulla cima di un vulcano
pronto ad esplodere. Ma gli alti comandi austriaci la ritenevano solo un'azione dimostrativa e non
davano troppo peso agli avvenimenti che si susseguivano.
Il 15 aprile il bombardamento italiano riprese per durare fino al 17,
scaraventando sul Col di Lana qualcosa come 2000 proiettili al giorno (più di un colpo ogni minuto!) compresi i grossi calibri. Alla fine le posizioni austriache furono ridotte ad un ammasso di rovine; la trincea principale era stata spianata al livello del suolo. I sentimenti dei difensori sono così descritti dal cap. Homa:
"Era meraviglioso vedere con quale calma e contegno ufficiali e soldati accudivano ai loro
servizi e con quanta lena riparavano le trincee distrutte. I posti di vedetta erano i più esposti e
pericolosi: coloro che vi si fossero trovati durante lo scoppio della mina non avevano alcuna
possibilità di rimanere in vita. Ad essi, ogni tanto, portavamo viveri di conforto e bevande forti.
In nessuno di loro c'era il minimo segno d'indisciplina: la ferrea volontà di adempiere al proprio
dovere tenne ognuno al suo posto, fino all'ultimo respiro."
Nella notte tra il 12 ed il 13 aprile era montata in servizio la 5ª compagnia con 2
ufficiali ed 86 uomini. Il 14 aprile i vari posti di ascolto smisero di udire ed il
cap. Homa (prevedendo 48 ore mancanti all'esplosione circa) provvide ad informare i suoi uomini e
chiese al comando di poter rimanere oltre il turno di 3 giorni, al fine di evitare che la mina
esplodesse in concomitanza con il cambio. Questo il suo racconto di quei terribili momenti ...
"Le trincee erano quasi sparite, ma su queste macerie facevano buona guardia i bravi e fedeli
Kaiserjäger. Neanche i ricoveri vennero risparmiati dalla distruzione: la grande baracca venne
sgomberata e gli uomini occuparono la galleria grande, la caverna per l'ascolto e quella adibita a
cucina.
Giunse la notte in cui tutti erano convinti di saltare in aria: i cuori di quei poveri uomini
divennero pesanti.
Alle ore 20.30 riprese più intenso il fuoco delle artiglierie che, nel pomeriggio, avevano un
po' calato il tono. I loro obiettivi erano questa volta la Rothschanze (Montucolo Austriaco), la
cresta e la vetta del Monte Sief. Alle ore 21 il fuoco cessò e per tutta la notte non si udì più
nulla. I nervi erano tesi al massimo, perchè ad ogni istante eravamo in attesa dello scoppio della
mina, ma i soldati continuarono ugualmente a riparare le trincee distrutte. Dopo alcune ore di
tensione, le vedette osservarono che, lungo il sentiero di cresta proveniente dal Sief, vi erano
alcuni soldati che stavano arrivando, ma non si poteva distinguere chi fossero. Un attimo dopo,
vidi giungere il tenente Tschurtschenthaler accompagnato da un portaordini."
Il cambio quindi avvenne ugualmente, in modo graduale, onde evitare che si radunassero troppi
uomini nella posizione minacciata; dopo 3 ore il cambio era ultimato. Il 17 aprile erano dunque
presenti in vetta 6 ufficiali e 140 uomini della 6ª/2° Kaiserjäger con 1 ufficiale e 10 artiglieri
addetti al pezzo da 70 mm. Con loro 1 ufficiale e 6 osservatori d'artiglieria, 60 zappatori, 1
ufficiale e 12 mitraglieri, 2 lanciamine con 8 uomini e 2 portaordini. In totale 9 ufficiali e 238
soldati erano le "vittime predestinate".
Il mattino del 17 il fuoco delle artiglierie italiane riprese con estrema violenza fin
dal primo mattino; alle 7.30 esplose il primo
210 sulla vetta. Alle 9 un colpo si abbatte nelle
vicinanze della baracca degli ufficiali, ed alle 11 una granata fece franare l'ingresso della
grotta e le esalazioni prodotte dallo scoppio resero l'aria irrespirabile; solo agitando grosse
coperte per molto tempo l'aria tornò ad essere respirabile. Il cambio delle vedette avveniva ogni
due ore; queste percorrevano di corsa le trincee semidistrutte; quindici uomini uscirono per il
servizio di vigilanza, ma solo la metà vi fecero ritorno, più morti che vivi. Gli altri non vennero
più ritrovati.
"Gli uomini che rientravano dall'estenuante servizio di vedetta si rannicchiavano senza dire una
parola in un angolo della grande caverna, dove circa un centinaio di uomini stavano accovacciati
l'uno accanto all'altro, talmente stretti che se qualcuno fosse venuto meno per qualche malore,
nessuno se ne sarebbe accorto.
I compagni lasciavano liberi per loro i posti migliori, quelli più indietro, dove si sentiva meno
il rimbombo delle cannonate."
Verso le 21 alcuni zappatori e kaiserjäger agli ordini del serg. Schmelzer uscirono per riparare le
trincee. Alle 22 venne ristabilito il collegamento telefonico: il ten. Tschurtschenthaler chiese
l'autorizzazione ad abbandonare temporaneamente la posizione impegnandosi con parola d'onore a
riconquistare ad ogni costo la vetta dopo l'esplosione. Il magg. Gastaiger la negò, e promise
l'invio di un buon numero di zappatori per rimettere in ordine le posizioni. Alle 22.30 la
comunicazione venne interrotta perchè al ten. Tschurtschenthaler vennero notificati movimenti
sospetti entro le linee italiane. Tutti i soldati si precipitarono nelle trincee ma intorno regnava
solo un inquietante silenzio.
"L'intero fronte era in allarme: dalla vetta della Marmolada al Passo Falzarego tutti vegliavano
in attesa. Centinaia di occhi indagatori frugavano le tenebre della notte, fissi nel punto in cui
si ergeva la nera mole del Col di Lana.
Dopo qualche tempo, si accesero - tutto a un tratto - numerosi riflettori italiani, i cui fasci di
luce illuminarono a giorno la vetta e le pendici del Col di Lana. Per il momento, con un tale gioco
di luci, nessun attacco italiano poteva venire sferrato. C'era però il pericolo di un improvviso
bombardamento contro le forze austriache asserragliate sulla cima della posizione. Perciò
l'ufficiale diede ordine che il grosso della truppa lasciasse le trincee, per rifugiarsi nella
caverna, mentre coloro che rimanevano all'esterno dovevano ripararsi in buche e fossati.
Egli stesso, dopo essersi trattenuto ancora per qualche tempo sulla prima linea senza notare niente
di sospetto, ritornò nella caverna dove fece installare il telefono da campo. Sulla posizione
rimasero due soli plotoni con i rispettivi ufficiali."
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