Attacco a Punta Berrino
9 Luglio 1916
Verso i primi di gennaio la vita su Punta Berrino divenne talmente insopportabile che la
posizione venne definita la "bolgia infernale N. 2". Il 28 gennaio, il comandante della
brigata Reggio (gen. Masperi), informato che il
Val Chisone aveva ricevuto l'ordine di presidiare solo la
Cengia, si lamentò della trascuratezza riservata a Punta Berrino, tanto che il successivo
30 gennaio la Punta ritornava alle dipendenze del magg.
Martini che subito osservò che:
"[...] gli indispensabili lavori si ritiene necessario eseguirli nell'ordine sottonotato:
1) Sostituire, con grossi cavi metallici, le funi di sostegno attualmente distese lungo il
canalone d'accesso, soggette a continui guasti per lo scoppio di bombe.
2) Ricoprire la ridotta, acciocché possa resistere agli effetti delle bombe ad alta potenzialità,
con cinque strati di tronchi d'abete e cospargere quello superiore con abbondante quantità di
terra.
3) Preparare un centinaio di piccoli cavalli di frisia, per gettarli, di notte e nelle giornate
nebbiose, attorno la ridotta.
4) Costruire, tra l'accantonamento alto e la ridotta, un solido camminamento, con numerose feritoie
rivolte a est e ovest e ricoprirle nella parte superiore con due strati di grossi tronchi d'abete
e con altrettanti sacchi di terra.
5) Incominciare, contemporaneamente agli altri e senza por tempo in mezzo, i seguenti lavori di
mina:
a) apertura di due gallerie di m 2x2, con numerose feritoie e qualche cannoniera che, intervallata
di 34 m, partano dal lato sud e, procedendo in linea retta a est e a ovest dell'attuale ridotta,
vadano a sbucare sopra il salto di riva destra del Canalone di Travenanzes. Così, collegando in
seguito, con altre due gallerie lunghe ciascuna 30 m, le due estremità, si potrà avere la nuova
ridotta destinata a sfruttare tutte le formidabili risorse offensive e difensive della posizione;
b) migliorare l'intero percorso del canalone d'accesso, scavandovi, opportunamente
scaglionate, cinque grotte-rifugio e costruendovi dieci briglie per trattenervi momentaneamente
una parte delle slavine di neve o detriti"
Tale progetto non potè essere messo in atto se non dopo parecchi mesi: tra i più gravi ostacoli la
mancanza di materiale di mina e le avversità del clima.
A patire dal 1 luglio, si notò un'insolita attività austriaca specialmente su Forcella Lagazuoi, dove gruppi di ufficiali osservavano con i binocoli Punta Berrino segnando dati sulle carte topografiche. Le loro intenzioni apparvero ovvie e si provvide da parte italiana a rinforzare i blindamenti ed a richiamare l'attenzione dei reparti a lato (rincalzi).
L'8 luglio il cap. Raschin, per creare un diversivo o per prendere in contropiede gli italiani che stavano per attaccare il Castelletto, scatenò un violentissimo bombardamento (s.ten. Seyfried, con un obice da 10 cm) contro Punta Berrino, sconvolgendone le difese e spianando così la strada per l'attacco della fanteria. Il presidio italiano era costituito da un plotone della 229ª (cap. Filipponi) cui verso sera se ne unì un altro (s.ten. Forcellini). Alle 14 il magg. Martini telefonò ai reparti laterali raccomandando di sorvegliare con attenzione lo svolgersi da fatti, e si accordò con il comando fotoelettriche dell'Averau per tenere illuminata la montagna. Un plotone venne distaccato non lontano dalla cresta per rincalzo e trasporto dei feriti. Verso sera, ai tiri dell'artiglieria si sostituirono quelli delle mitragliatrici e dei fucili, che proseguirono fino alle 1 del 9 luglio. Alle 23.30 due gruppi di Kaiserjäger (elementi del 167° Landstürm e dell'Alpine Detachement N.1; secondo il Pieri vi erano anche elementi della Streifkompanie 6) si misero in marcia; l'alf. Stark avanzò contro il lato occidentale, mentre l'altro plotone contro il lato est. Ma l'attacco non fu simultaneo ed il plotone Stark giunse un'ora dopo, venendo scorto e respinto con lancio di sassi e schegge. Alle 2.45 (1.30 nella versione del Pieri) la posizione venne di nuovo attaccata da tre diverse direzioni. Ma dopo 40 minuti di mischia anche questo attacco venne respinto, grazie anche al fuoco delle due mitragliatrici appostate sulla sommità del salto occidentale di Cima Falzarego. Ma nel giro di mezz'ora gli austriaci lanciarono altri due attacchi senza però ottenere nulla di più. Da parte italiana c'è da registrare la mancanza di cooperazione dell'artiglieria, cui era stato ordinato di dare tutto l'appoggio ad un'azione sulle Tofane. Comunque il totale delle perdite italiane non superò la decina tra contusi e feriti.
La notte seguente e la successiva gli italiani ripristinarono per quanto possibile la posizione, ma la mattina del 10 luglio la 229ª con un'arma della 18ª sezione mitragliatrici si trasferì su Cima Falzarego per unirsi alla colonna Sirchia che attaccava Forcella Travenanzes.
Dalle 16 dell'11 agosto e fino al tramonto infuriò su Punta Berrino un forte bombardamento. Nel corso della notte si tentò di porre rimedio ai danni, ma verso le 2 un reparto di 9 kaiserjäger (alf. Greiter) tentò di riprendere un posto di vedetta italiano, presidiato dall'alpino Fiandino della 230ª che resistette da solo fino alla morte; solo nel 1921 gli venne riconosciuta la medaglia d'argento.
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