Sistemazioni
Giugno 1915
Le azioni fin qui descritte vengono definite dalla storiografia ufficiale come «Ricognizione offensiva del IX Corpo d'Armata».
Pur non portando a consistenti conquiste territoriali, esse conseguirono lo scopo prefissato, di accertare l'andamento della linea
difensiva austriaca e di rilevare l'entità delle forze che la presidiavano.
Con l'azione del 18 giugno si concludeva, anche per il settore Val Biois - Val Cordevole, il primo balzo offensivo delle forze italiane,
con risultati non del tutto soddisfacenti. Di conseguenza l'attività bellica sulle Creste di Costabella fu contenuta entro i limiti
imposti alle operazioni di tutto il settore della 4ª Armata. D'altra parte, l'eserico austriaco dava segno di aver ormai superato il
periodo iniziale, caratterizzato dalla scarsa consistenza delle sue forze e dalla possibilità di essere sorpreso. La sua resistenza
si era fatta più solida e tenace, segno non dubbio di una maggior disponibilità di uomini e di armamenti, che gli consentivano,
in alcuni punti, di abbandonare l'atteggiamento difensivo e di reagire con decisi contrassalti.
Anche da parte italiana si andava intensificando l'attività locale, i colpi di mano, le ardite ricognizioni, gli scontri di pattuglie,
azioni che, seppure limitate ed episodiche, avevano la loro importanza data la particolare conformazione del terreno.
Queste difficoltà imponevano un grande frazionamento di forze e determinavano di conseguenza la limitata entità delle azioni.
Dopo l'operazione del 18 giugno, ad esempio, la 206ª compagnia del battaglione Val Cordevole,
su di un totale di 274 uomini, aveva dislocato 101 alpini al Passo delle Cirelle, 53 all'Uomo, 45 sulle varie forcellette della
Cresta di Costabella, mentre il rimanente era occupato, qua e là, in altri pur indispensabili impieghi e servizi. Il battaglione
Belluno, invece, aveva riunito la 79ª compagnia al Rifugio Ombretta, mentre i
reparti della 106ª e della 77ª presidiavano il Passo d'Ombretta. Infine due compagnie del 51° Alpi
erano dislocate al Passo d'Ombrettòla, dove presto sarebbero state sostituite dagli alpini.
Il maltempo infieriva senza sosta sugli uomini, ormai esausti per le continue fatiche e per la mancanza di adeguato riposo. In particolare
gli alpini che si trovavano a presidiare il Passo delle Cirelle, sottoposti a un servizio quanto mai gravoso, si trovarono ben presto a mal partito.
Il 20 giugno il Sottotenente Camos, che comandava il distaccamento, fece presente questa critica situazione al comando di battaglione.
Alcuni giorni dopo, il comando settore Val Biois che era passato al colonnello Alessandro Saporiti, comandante del 60°
Calabria, consentiva che il numero degli alpini alle Cirelle venisse dimezzato a
cinquanta uomini, integrando il presidio con altrettanti soldati di fanteria. Lassù, ogni notte, un certo numero di uomini veniva comandato
in faticosi e rischiosi servizi di pattuglia. Anche gli austriaci svolgevano analoga attività, specialmente sul ghiacciaio della Marmolada
che veniva considerato «terra di nessuno» fra gli opposti schieramenti. Sui costoni rocciosi che intersecano l'ampia distesa ghiacciata,
essi avevano impiantato degli osservatori, soprattutto per dirigere il tiro delle loro artiglierie. Il più importante di questi posti
d'osservazione venne individuato sul Sass delle Dodici. Proprio di là provenivano i tiri di fucileria e le raffiche di mitraglia che
disturbavano così frequentemente le ricognizioni italiane sul ghiacciaio.
Si rese pertanto necessario controbattere questa attività, e tale compito venne affidato al battaglione Belluno,
i cui reparti occupavano le posizioni più vicine al ghiacciaio.
Attorno al 15 giugno una pattuglia guidata da un Sergente con tre Jäger bavaresi guidata dal Kaiserjäger Francesco Terschack (bavarese di origine ma residente a Cortina) si era mossa
sul ghiacciaio per osservare le posizioni italiane. Verso l'alba, i cinque uomini erano giunti in prossimità della Forcella Seràuta, senza aver
incontrato gravi ostacoli, e senza scorgere traccia degli italiani. Prima di rientrare alla base, essi pensarono di sostare brevemente in un
avvallamento della neve, al riparo dal vento gelido e tagliente. Non si erano, però, accorti che una pattuglia italiana, al comando del Caporale
Bassot li stava da qualche tempo spiando. Dalla Punta Seràuta, dove si trovavano gli alpini,
con cauto movimento aggirante essi si avvicinarono per quanto possibile alla pattuglia bavarese, la quale in quel momento, del tutto ignara dell'agguato,
stava riscaldando con mezzi di fortuna il caffè ghiacciato delle loro borracce. Quando il Bassot, giunto inavvertito alle spalle del gruppo, intimò
con tono perentorio il 'mani in alto', la sorpresa fu tale che nessuno osò reagire.
Qualche tempo dopo, il 21 giugno, un'altra pattuglia di tre alpini della 78ª compagnia, agli ordini del Sottotenente Agno Berlese, inviato per la
solita ricognizione sul ghiacciaio, scorse un reparto avversario abbastanza numeroso. Erano una quarantina di soldati, i quali avevano individuato,
a loro volta, l'esigua pattuglia, e cercavano di raggiungere rapidamente un costone roccioso, con il proposito di tenderle un'imboscata.
Gli alpini, però, avevano intuito i propositi degli avversari e, giocando d'astuzia, si sottrassero abilmente alla loro vista, riuscendo a raggiungere la
posizione prima degli altri. Qui essi attesero che gli austriaci giungessero a tiro e poi aprirono il fuoco. La colonna, scompigliata per la sorpresa,
batté in ritirata, lasciando sul terreno cinque morti e altrettanti feriti.
Questo fortunato episodio determinò, forse, il comando del IX Corpo d'Armata ad impartire, il 24 giugno, l'ordine di operazione avente per oggetto: «Pulizia
sulla Marmolada», nel quale veniva disposto l'invio sistematico sul ghiacciaio di pattuglie "composte da uomini animosi e ottimi tiratori, dirette da un
ufficiale ardito e pratico della Marmolada, dotate di viveri, munizioni e indumenti tali da consentire loro un'autonomia di quattro o cinque giorni, con
il preciso scopo d'impedire il servizio di osservazione dell'avversario e di effettuare una vera caccia all'uomo, irradiandosi in modo da spazzare
completamente la zona".
A seguito di queste nuove direttive, il 26 giugno, alle ore 02:00, una pattuglia di cinque alpini, sempre al comando del Sottotenente Berlese, alla
quale veniva aggregata la guida alpina Fermo Chenet di Sottoguda, lasciò Malga Ciapèla con adeguata provvista di munizioni, viveri e indumenti come
suggeriva il citato ordine d'operazione. La pattuglia prese a salire l'impervio Vallon d'Antermoia sino a raggiungere la Punta Seràuta dove si appostò
per le sue osservazioni, in attesa che calasse l'oscurità. Verso sera, per la Forcella Seràuta, la pattuglia si calò cautamente sul sottostante
ghiacciaio e, superando alcuni crepacci, si portò sul versante nord del Sass delle Dodici, sorprendendovi una pattuglia austriaca che vi si era annidata.
La mise in fuga e distrusse l'osservatorio che essa occupava.
Che gli austriaci fossero in fase di ripresa offensiva, lo si avvertì non solo dall'aumentata attività delle pattuglie, ma anche da alcuni isolati
tentativi di attacco alle postazioni italiane, i quali pur limitati e circoscritti, tenevano in tensione le truppe.
Il 27 giugno il Belluno lasciò le posizioni del Passo delle Cirelle e Passo Ombrettòla per cederle
a un battaglione del 51° Alpi, e scese a Caprile, per essere avviato in Valle Costeana.
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