La conquista del Serauta

8 - 17 Aprile 1916

La cresta della Marmolada, dalla sua piú alta vetta (Punta Penía) si sviluppa a scogliera verso oriente con un susseguirsi di punte e di torri rocciose sino a raggiungere la quota 3.153, oggi denominata Marmolada d'Ombretta. Dopo di essa, all'estremo angolo sud-est del ghiacciaio, si trova un caratteristico intaglio, denominato dai nostri alpini Forcella a Vu e dagli austriaci «Fessura». Essa è delimitata dalla quota 3.065, oltre la quale la cresta della Marmolada si biforca: una parte continua verso est e, dopo lo sbocco in cresta di un canalone denominato Scésora, s'impenna nell'ardito corno del Piz Seràuta (quota 3.035), mentre dall'altra parte si estende un'ampia insellatura ghiaiosa, denominata impropriamente Forcella Seràuta, alla quale fa seguito la Punta Seràuta (quota 2.961), che segna il limite nord-orientale del ghiacciaio. Sottostante la conca della Forcella Seràuta si estende il Vallon d'Antermoia, al centro del quale sorge isolato un caratteristico corno roccioso chiamato "el Muge" ["Il mucchio", in dialetto agordino, per la sua somiglianza con un cumulo di fieno]. L'asperrimo vallone precipita quindi con un grandioso salto dirupato, sulla Val Ciamp d'Arei, per la quale la conca di Malga Ciapèla immette nel valico della Fedaia.

L'occupazione dell'accennata quota 3.065 del Seràuta, che costituisce come abbiamo visto la spalla occidentale della Forcella a Vu, avvenne nella gelida notte dell'8 aprile a opera di una squadra di dodici alpini della 206ª compagnia al comando del Tenente Giacomo Bargellesi. Essi erano stati inviati in zona dal Capitano Andreoletti, in quanto richiesti dal comando della brigata Alpi (settore Marmolada) preoccupato per una consistente infiltrazione austriaca sulla Forcella Seràuta. Questo il ricordo del Tenente: "Gli austriaci ci avevano preceduti nell'occupazione del Sasso di Mezzo cosicché - il 6 aprile - quando la pattuglia da me guidata, giunse in prossimità di quella posizione, venne accolta da una violenta sparatoria e costretta a retrocedere, trasportando - ferito un giovane sottotenente del 51° fanteria, che si trovava con noi. - Fu allora che il comando si affrettò a dare disposizioni per l'occupazione della zona Seràuta, dove nei giorni precedenti erano state notate pattuglie austriache in ricognizione. Fu di nuovo richiesto l'aiuto della 206ª compagnia, e il mio plotone in avanguardia a una compagnia di fanteria (Capitano Rossi) riuscí a occupare con azione di sorpresa, alle ore 12 dell'8 aprile, il costone fra le quote 3065 e 2875. Ricordo d'essermi io stesso spinto per primo fin oltre la quota 3065, scambiando fucilate con gli austriaci che corsero a rifugiarsi nella Forcella a Vu. Fatti segno a un violento bombardamento, gli alpini mantennero la posizione, che venne affidata il giorno dopo al Capitano Chelli del 51° fanteria venuto con i suoi uomini a darci il cambio".
Il giorno 11 aprile, l'Aspirante Antonio Liberati del 51° Fanteria, con venticinque uomini del I battaglione, diede il cambio al plotone del Sottotenente Pucci. Con loro era il Capitano Angelo Carpi, della 3ª compagnia dello stesso battaglione, il quale resosi conto della situazione provvide subito a far costruire con mezzi di fortuna una baracchetta per il ricovero degli uomini, che si alternavano bravamente ai lavori e alla difesa della posizione; trascorsero cosí, nelle disagiate condizioni in cui si trovavano, la notte e il giorno seguente, sferzati dalla tormenta di neve. Gli austriaci, com'era comprensibile, non si rassegnarono alla perdita di quella importante posizione e attendevano il momento favorevole per riconquistarla. Numerose pattuglie si spingevano fin sotto le linee italiane, ripiegando poi senza sparare un solo colpo di fucile.
Il 13 aprile, verso le ore 17:00, le artiglierie austriache aprirono improvvisamente il fuoco sulle posizioni italiane, che vennero colpite da una quarantina di granate. Il piccolo ricovero venne completamente demolito, senza causare vittime, perché i soldati - ritenendo imminente l'attacco - si erano appostati lungo il trinceramento. Cessato il fuoco, si dette inizio alla costruzione di un nuovo ricovero, in posizione piú riparata e maggiormente vicina alla linea di combattimento. Il bombardamento riprese piú tardi, verso le ore 22:30, mentre la nebbia e la tormenta rendevano piú difficile l'avvistamento dei reparti attaccanti. Alle ore 23:00, una formazione austriaca di circa ottanta uomini, con tute mimetiche bianche, sorprese la difesa. Per l'oscurità e le cattive condizioni atmosferiche, l'allarme venne dato quando il reparto austriaco era giunto a una cinquantina di metri dalle posizioni, ma nondimeno esso venne respinto. Gli austriaci, dopo aver fallito il primo tentativo, sferrarono un nuovo assalto alla baionetta costringendo gli italiani a ritirarsi. Il piccolo presidio ripiegò sino al Vallon d'Antermoia, nelle vicinanze del Muge, in attesa di rinforzi. Alla mezzanotte del 13 aprile, la quota 3.065 era nuovamente in possesso degli austriaci. Le perdite italiane non furono molto gravi: un disperso, un ferito rimasto prigioniero e due contusi fra i sette superstiti.

La notizia che l'importante posizione del Seràuta era stata nuovamente perduta destò preoccupazione e fece temere che l'austriaco, imbaldanzito dal successo, si accingesse a scendere su Malga Ciapèla, aggirando le posizioni dell'Ombretta e di Fedaia. Appena informato dell'attacco, il comandante del I battaglione del 51° Alpi ordinò al Capitano Carpi di accorrere con la sua compagnia, e il comando della brigata chiese nuovamente l'intervento della 206ª compagnia, che distaccò, come al solito, il 3° plotone del Sottotenente Bargellesi.
Il nuovo ordine di operazione del 51° dava per scontato che la posizione perduta doveva essere rioccupata ad ogni costo durante la notte tra il 14 e il 15 aprile. Venivano date le seguenti disposizioni: un plotone di circa trenta uomini, tra i quali una decina di alpini, doveva trasferirsi in giornata a Tabià Palazze, e durante la notte, partendo dalle posizioni del Sass del Mul, avrebbe dovuto risalire il ghiacciaio tenendosi rasente alle pendici di Punta Seràuta in direzione sud-ovest, portandosi a un centinaio di metri dalla posizione perduta. Alle ore due precise, esso avrebbe attaccato risolutamente, mentre i posti avanzati del Sass del Mul e del Sass delle Undici dovevano tenersi pronti per intervenire. La compagnia del Capitano Carpi avrebbe dovuto attaccare frontalmente la Punta Seràuta, mentre le artiglierie della Fedaia avrebbero dovuto aprire il fuoco alle ore 2,05.
Poiché le condizioni atmosferiche permanevano assai cattive e le truppe disponibili si assottigliavano di continuo a causa dei congelamenti, il Capitano Carpi insistette presso il comando del proprio reggimento, perché gli venissero fornite altre truppe di rinforzo. All'artiglieria chiese di anticipare di una decina di minuti il suo previsto intervento, al fine di appoggiare i primi movimenti della colonna attaccante, fin che essa fosse giunta a circa duecento metri dalle posizioni avversarie.

Alle ore 23:30 del 14 aprile il reparto del Sottotenente Bargellesi, al quale erano stati aggregati una trentina di fanti e una squadra di Guardie di Finanza, prendeva le mosse dal Muge. Secondo le ultime disposizioni, gli alpini, divisi in due gruppi, avrebbero attaccato il costone di quota 3.065, mentre le guardie di finanza avrebbero appoggiato l'attacco degli alpini sulla destra. I trenta soldati di fanteria, non del tutto rimessi dalle fatiche della notte precedente, avrebbero costituito la forza di rincalzo. L'avanzata si svolse al centro del vallone dell'Antermoia e fu assai lenta per le difficoltà del terreno e per le cattive condizioni atmosferiche. Alle ore 02:00 del 15 aprile, gli alpini avevano ultimato l'ammassamento sotto il costone della quota 3.065, avendo alle proprie spalle le guardie di finanza. Sulla zona imperversava una violenta bufera di neve e molti uomini erano visibilmente sfiniti. Mancavano notizie della pattuglia che doveva agire sulla destra del Sass del Mul, e anche il telefonista che doveva mantenere il collegamento con il grosso della colonna non si sapeva dove fosse. Il Capitano Carpi che si trovava con gli alpini, vista la necessità di poter disporre di adeguati rinforzi, ridiscese il Vallon d'Antermoia, per rendersi conto della situazione. Lo spettacolo che gli si presentò laggiú gli tolse ogni speranza: i due plotoni di fanteria che dovevano essere di rinforzo erano giunti lassú decimati dai congelamenti e in condizioni tali che solo una ventina di uomini potevano reggersi in piedi. Non si poteva fare alcun assegnamento su di loro: anche l'ufficiale che li comandava era stato ricondotto indietro semisvenuto. Il Capitano Carpi risalí nuovamente sino al plotone di alpini, che incominciavano anch'essi a soffrire per il freddo a causa della forzata immobilità in cui si trovavano. Si convinse una volta di piú che, in quelle condizioni, non era possibile iniziare alcun attacco e diede quindi ordine che tutti scendessero al Muge. Erano le 04:00 e cominciava ad albeggiare. Il comando prese atto della tragica situazione determinatasi al Seràuta e accolse la richiesta d'inviare altri rinforzi. In quella stessa mattinata del 15 aprile, giungeva al Muge anche la 1ª/51° al comando del Capitano Alba. L'operazione venne ripresa alle ore 11:30. In testa c'erano i trenta alpini con il Sottotenente Bargellesi, seguiti da due plotoni della 1ª/51° e da un plotone della 12ª/51° fanteria. Un altro plotone di rincalzo doveva rafforzare le posizioni appena queste fossero riconquistate. Alla squadra mandata ad occupare la quota 2.571 del Piz Seràuta, fu affidato il compito di molestare e tenere impegnati gli austriaci con frequenti scariche di fucileria.
Ebbe poi inizio il duplice attacco contro il costone di quota 3.065: un plotone del 51°, comandato dal Sottotenente Zucca, intraprese la salita in direzione del versante destro dell'Anticima di Punta Seràuta. Il plotone del Sottotenente Bargellesi e il plotone di fanteria dell'Aspirante Filipponi si mossero per l'altro versante del Vallon d'Antermoia in direzione della Scésora. La neve in quel tratto era dura come ghiaccio e offriva scarsi appigli agli scarponi chiodati. Il Sottotenente Bargellesi, in testa al suo reparto, era costretto a scalinare con la piccozza, alternandosi nella dura fatica con l'alpino Pierdanzàn, un vero specialista in tal genere di lavoro. La colonna, però, andava sempre piú assottigliandosi: parecchi soldati erano scivolati sul pendio ripidissimo e coperto di neve, precipitando in basso. Altri si erano accasciati spossati o colpiti da congelamento. Un altro plotone risalí a sua volta le rocce della Forcella Seràuta e riuscí a raggiungere anch'esso il costone di quota 3.065. Il Bargellesi, con alcuni alpini, si spinse oltre la quota 3.065 assalendo a fucilate un gruppo di austriaci che, dopo una breve resistenza, si ritirarono nello stretto intaglio della Forcella a Vu. Alle 16:55 il Capitano Carpi era in grado di riferire al comando del suo reggimento gli avvenimenti della giornata.
L'artiglieria austriaca, frattanto, aveva cominciato a bombardare con violenza le posizioni appena perdute, e ai colpi di cannone s'aggiunse ben presto un intenso fuoco di fucileria proveniente da numerose direzioni. A sostituire le truppe duramente provate dall'azione del 15 aprile, in serata giunsero altri reparti del 51°, tra cui due plotoni della 12ª compagnia agli ordini del Sottotenente Abrate e dell'Aspirante Micheletti. Questi reparti diedero il cambio ai fanti del Capitano Carpi e agli alpini del Sottotenente Bargellesi. Quest'ultimo era rimasto per due giorni e tre notti all'addiaccio, tanto da averne le orecchie semicongelate. I nuovi arrivati cercarono di sistemarsi alla meno peggio ma durante la notte vennero flagellati da una violentissima tempesta di neve. Il mattino dopo, il giovane ufficiale, del tutto inesperto della vita di montagna, stremato di forze, abbandonò con il suo plotone e con quello dell'Aspirante Micheletti la Forcella Seràuta e la quota 3.065, che vennero poco dopo occupate dagli austriaci. Giungeva nel frattempo al Muge, il Capitano Jacono con una compagnia di rincalzo. Visto lo sbandamento degli uomini che avrebbero dovuto difendere la posizione, intuí che gli austriaci si erano nuovamente impadroniti della Forcella Seràuta; cercò di riordinare i reparti per un contrattacco, ma gli austriaci respinsero senza troppe difficoltà il nuovo tentativo.

Il comando del 51° dispose per l'ennesima volta che l'azione per la riconquista della Forcella Seràuta venisse ripresa l'indomani, 17 aprile, agli ordini del Maggiore Carlo Porzio, comandante del I battaglione. Questi, alle ore 09:00, dopo aver incaricato i Capitani Chelli e Jacono di radunare i soldati sparsi qua e là, per aggregarli ai reparti giunti da poco, ordinò di procedere a un nuovo attacco. Gli austriaci, intanto, si erano disposti lungo tutto il crinale, e anche stavolta contennero l'assalto degli italiani. Alle 14:00, dopo un intenso bombardamento, l'attacco venne rinnovato con maggior accanimento, ma anche stavolta gli austriaci non cedettero. L'ufficiale che comandava il reparto (Sottotenente Abrate) colpito da una scarica di fucileria, precipitò sulle rocce scoscese per piú di seicento metri. I superstiti si ritirarono ancora una volta intorno al Muge. Nel frattempo la pattuglia che muovendo dal Sass del Mul avrebbe dovuto fiancheggiare l'azione principale era riuscita ad arrivare inosservata fin sotto la Forcella Seràuta, ossia quasi alle spalle degli austriaci, ma il mancato coordinamento e l'evidente insuccesso degli attacchi su per il Vallone d'Antermoia consigliarono anche a questo gruppo il rientro alla base di partenza.

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