La Mesolina

Giugno 1916

Ai primi di giugno le posizioni della Mesolina, in regione Fedaia, erano presidiate dal II battaglione del 51° Alpi, che aveva stabilito due posti avanzati alla cosiddetta "Collinetta della Morte": l'uno in trincea sulle "Rocce Nord" e l'altro su di uno sperone a sud-ovest della suddetta collinetta. Questa posizione era segnata sulla carta con l'indicazione di quota 2.340, ma i soldati l'avevano ribattezzata con questa macabra denominazione per i mortali agguati che ogni tanto gli austriaci vi compivano.
Il 2 giugno, si ebbe un'intensa attività dell'artiglieria austriaca contro le posizioni del Monte Padòn, Mesola, Sass del Mul e Seràuta. All'alba del 3 giugno, approfittando di una fittissima nebbia, una pattuglia di circa venti soldati austriaci attaccò il posto avanzato alle "Rocce Nord" della Mesola, subito dopo il cambio della guardia. Sulla posizione si trovava il Sottotenente Mario Gherardini della 7ª/II/51° con dodici uomini. L'attacco colse il reparto nella delicata fase di sistemazione: le vedette che si trovavano a qualche decina di metri oltre la trincea avvistarono gli attaccanti a distanza ravvicinata e aprirono il fuoco contro di loro. Gli austriaci si ripararono dietro ad alcuni roccioni e di là presero a lanciare bombe a mano contro il posto di osservazione colpendo a morte le due vedette. Contemporaneamente venne assalita la trincea e messi fuori combattimento i difensori, dopo un furioso corpo a corpo. Le perdite subite dagli italiani in questo agguato furono molto gravi: nessuno dei dieci soldati che difendevano la trincea si salvò, cinque rimasero uccisi in combattimento e gli altri cinque persero la vita precipitando nei sottostanti canaloni, nel disperato tentativo di sottrarsi alla cattura.

Dopo qualche tempo arrivarono altri dieci uomini di rinforzo e il Sottotenente Gherardini poté rafforzare la posizione. In quello stesso giorno, alle ore 11:00, l'artiglieria austriaca sparò una decina di colpi sulla quota 2.340; anche nei giorni seguenti questa posizione venne bombardata a intervalli regolari. Evidentemente era questo un obiettivo contro il quale gli austriaci si apprestavano a scatenare altre incursioni. Infatti, alcuni giorni dopo, il 9 giugno, alle ore 02:30, le sentinelle che vigilavano sul trincerone di quota 2.340 percepirono dei rumori sospetti e subito avvertirono il comandante della posizione, Sottotenente Alfonso Brancaccio. Questi, tratto in inganno dal fatto che in quelle ore doveva rientrare una pattuglia di collegamento con il posto avanzato sulle sperone sud-ovest, ordinò di non far fuoco sul reparto avanzante. Si trattava invece di un nucleo di circa quaranta soldati austriaci che si apprestavano ad attaccare la posizione italiana. L'attacco fu sferrato verso le 03:00 del mattino, mentre altri due gruppi, spostandosi verso le cosiddette "Rocce Nord" della Mesolina, operavano di fronte, e mentre dalla parte inferiore del ghiacciaio un nutrito fuoco di fucileria e di mitragliatrici appoggiava l'azione degli attaccanti. Dopo qualche tempo gli austriaci ebbero ragione del piccolo presidio italiano e il suo comandante, veniva fatto prigioniero. La pattuglia di collegamento, al comando dell'Aspirante Valentini, che stava ritirandosi dallo sperone sud-ovest della "Collinetta della Morte", non poté o non riuscí a intercettare la colonna attaccante.
Nel frattempo le artiglierie austriache del Belvedere, del Sasso di Mezzodí e del Ciamorciao, aprirono un violento fuoco d'interdizione sulle nostre posizioni e relativi accessi. La pronta reazione dei rinforzi, e in particolare il sangue freddo del Caporalmaggiore Guglielmo Bianchini che guidò la sua pattuglia alla riconquista della quota 2.340, costrinsero l'avversario a ripiegare sulle posizioni di partenza.

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