La partenza del Capitano Andreoletti

Febbraio 1917

Il 19 febbraio 1917, il Capitano Andreoletti abbandonava di propria iniziativa e senza avvertire i propri diretti superiori il comando della 206ª compagnia all'Ombretta. Per comprendere intimamente i motivi di questa grave decisione, occorre soprattutto considerare la rivalità che esisteva fra lui e il Capitano Luigi Nuvoloni, ufficiale in servizio permanente effettivo. Questa reciproca antipatia era sorta sin dai primi giorni di costituzione del battaglione Val Cordevole, probabilmente perché il Nuvoloni, che comandava la 266ª compagnia ed era superiore di grado, mal sopportava che presso il comando di battaglione ci fosse un ufficiale di complemento che palesemente godeva della stima e dell'apprezzamento dei superiori.

Con le iniziative della «Zona Nord» a opera del Colonnello Peppino Garibaldi e la costituzione della «Zona Contrín» alle dirette dipendenze del comando di battaglione si andava delineando un nuovo assetto territoriale del settore. Tutto questo andava a detrimento delle competenze già acquisite dal Capitano Andreoletti e tale stato di cose non poteva certo fargli piacere. Quando il 27 dicembre 1916 il Capitano Nuvoloni fu nominato comandante del battaglione, diramò un ordine del giorno in cui si affermava - fra l'altro - che la 206ª compagnia non era mai stata impegnata in veri e propri combattimenti e faceva degli ingiusti confronti con la compagnia (la 266ª) da lui comandata. L'ordine del giorno avrebbe dovuto esser portato a conoscenza degli alpini della compagnia ma il Capitano Andreoletti, ritenuto offensivo per il suo reparto il documento, lo restituí al suo estensore con i commenti del caso e con l'esplicita dichiarazione che non l'avrebbe mai portato a conoscenza dei suoi uomini in quanto lesivo del loro onore. Nessuna reazione da parte del comandante di battaglione, ma certamente questi avrebbe reagito alla prima occasione favorevole per lui.

Agli inizi di febbraio del 1917 il Colonnello Peppino Garibaldi, comandante della «Zona Nord» di Val Biois, riprese in esame il piano d'attacco al Col Ombèrt, che già lo scorso settembre non era riuscito a svolgere interamente. Di conseguenza, anche questa volta pervenne al comando del settore Ombretta-Seràuta la disposizione del IX Corpo d'Armata, per la quale il settore stesso passava alle temporanee dipendenze del Colonnello Garibaldi. Qualche giorno dopo il nuovo comandante giunse al Rifugio Ombretta al fine di esporre al Capitano Andreoletti le direttive e i mezzi d'attuazione della prossima operazione. Egli intendeva, cioè, far occupare la Contrinhaus, muovendo dal Passo delle Cirelle, avendo sul fianco destro a protezione da eventuali attacchi provenienti da Forcella Marmolada - due plotoni della 206ª compagnia, che dovevano agire dimostrativamente dal Passo d'Ombretta. L'obiettivo della manovra era pur sempre il Col Ombèrt, la posizione austriaca dominante la vallata. Nel corso della riunione il Capitano Andreoletti espose una serie di obiezioni, sia sull'impostazione dell'operazione sia sulle direttive del suo svolgimento, non nascondendo i suoi fondati dubbi sul successo della stessa. La discussione fra i due si fece sempre piú animata, suscitando disagio e nervosismo fra i presenti; sicché alla fine il Capitano Andreoletti pose al suo interlocutore alcune esplicite domande: "Come fai a disporre lo svolgimento del tuo disegno operativo senza una personale conoscenza del terreno sul quale ti proponi di operare? Conosci bene la Val Contrín e gli apprestamenti difensivi di cui dispone? Hai mai visto qualche volta quel terreno, dal Passo di Ombretta o da quello di Ombrettòla?". - Alla fine dell'animato dibattito il Colonnello Garibaldi accolse l'invito rivoltogli e dichiarò di essere disposto a raggiungere - anche subito - uno dei due passi suggeriti. Questo scambio di parole a botta e risposta – in tono alquanto concitato, si svolgeva in un'atmosfera sempre piú tesa e drammatica. Scartato, per varie considerazioni, il Passo d'Ombretta, si convenne che il sopralluogo si sarebbe svolto al Passo d'Ombrettòla, piú direttamente collegato al terreno ove si sarebbero svolte le varie fasi della progettata operazione. Vennero impartite immediate disposizioni affinché il colonnello potesse raggiungere, al piú presto e con il minor disagio possibile, il passo, usufruendo eccezionalmente della teleferica a motore. Nessuno poteva prevedere quel che invece accadde al mezzo meccanico: a circa metà percorso la teleferica si arrestò improvvisamente, e il carrello con il suo carico rimase a ballonzolare, sospeso nel vuoto, a una decina di metri dal sottostante ghiaione. Seguirono momenti d'intensa preoccupazione, poi accorsero le squadre di soccorso che, dopo lunghe e complicate manovre, a mezzo di corde, scalette e arpioni, riuscirono a liberare l'ospite e i suoi accompagnatori dall'incomoda posizione, riportandoli a terra sani e salvi.
Trascriviamo alcune pagine di un diario strettamente personale del Capitano: "Si può dire che da quel giorno, dopo quell'incontro e la discussione seguitane, poco prima del malaugurato incidente teleferico, è maturata in me la decisione di abbandonare l'Ombretta, sottraendomi cosí - anzi tutto e sopra tutto alla dipendenza del colonnello Garibaldi, e piú precisamente al binomio Garibaldi-Nuvoloni, che sentivo apertamente ostile. Tale drastica decisione era in incubazione nella mia mente già da qualche tempo e mi faceva soffrire, ma quel giorno fu veramente determinante. Sentivo nel mio intimo che non avrei potuto dare una onesta e fattiva collaborazione al disegno del colonnello Garibaldi. Sentivo che non avrei saputo tacere e tanto meno dissimulare il mio motivato dissenso. D'altra parte mi rendevo conto che nei loro confronti (Garibaldi-Nuvoloni) io non ero, e non potevo non essere, che un subordinato, e non dovevo dimenticare che eravamo in tempo di guerra e un atto d'insubordinazione poteva costarmi molto caro."

Nei giorni che seguirono il Capitano Andreoletti si apprestò a mettere in esecuzione il suo piano. Avrebbe, cioè, lasciato il Rifugio Ombretta senza alcuna formalità, anzi senza che alcuno se ne accorgesse, come se dovesse recarsi in ricognizione al Seràuta, o scendere a valle per conferire con qualche comando, o recarsi in licenza. Il suo fedele attendente Fontanive, secondo le precise disposizioni impartitegli, aveva raccolto e allestito per il trasporto il bagaglio personale del suo ufficiale, senza far parola con i commilitoni. Il 19 febbraio il capitano, cupo in viso come non mai, abbandonava il Rifugio Ombretta e la Marmolada, seguito dal suo attendente.

Nei mesi seguenti ebbe incarichi speciali, fra cui quello di studiare una "linea di sosta" tra il Civetta (Val Maè) e il Col degli Uccelli (Val Cismon) nel caso di un ripiegamento dell'Armata, come infatti avvenne nel novembre di quello stesso anno. Aveva cosí inizio per lui un nuovo periodo della sua vita di soldato, in cui avrebbe conosciuto la guerra sotto un diverso e ben piú tragico aspetto, partecipandovi anche piú a fondo, come in seguito avvenne al Monte Tomba e al Monfenera, al Col Moschin e al Col del Gallo, e in Cismon liberata.

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