Il primo sbalzo
15-16 Luglio 1915
Alle 5 (alle 6 o alle 5:30 secondo altri) inizia il fuoco dell'artiglieria: circa 40 pezzi di vario
calibro tra cui anche i 280 ed i 305 di Federavecchia, sparano sulle trincee di Monte Piana e della
Piramide Carducci.
Alle 7 giunge a Forcella Bassa il colonnello Parigi
con il suo aiutante ed il capitano medico per stabilire il comando tattico. Un'ora dopo parte da
Forcella Bassa il battaglione del I° cap.
Gregori che si ferma in posizione di attesa dove finisce la mulattiera, 100 metri sotto il
ciglio sud, sotto i baraccamenti del comando italiano di Monte Piana (sede oggi del Rif. Bosi).
Alle 9 un razzo lanciato da Villa Loero (su Col S. Angelo, tra il Paludetto ed il Lago di Misurina)
dà il segnale per lo scatto delle fanterie.
Due compagnie del I/55° escono dalle trincee puntando sulla linea della Piramide Carducci; dal
Monte Rudo, Col di Specie e Pratopiazza inizia il tiro dell'artiglieria austriaca, sotto il quale
passano anche le altre due compagnie di rincalzo.
"Il soldato su quel pianoro scoperto vede levarsi di fronte, vicina, la mole possente e sinistra
del Rautkofel, coi cannoni celati in caverne, che sparano sicuri, incontrobattibili, da quelle loro
latèbre. Se obliqua lo sguardo a destra, vede una carattersitica torre isolata, piccola quanto
maligna (basterebbe a maledirla quel suo pestifero nome: Schwabenalpenkopf), che coi suoi pezzi
nascosti tra gli anfratti rocciosi lo insidia di fianco mentre egli cerca riparo di fronte. Se
volge lo sguardo sull'altro fianco ed indietro, vede, al di là della Val di Landro, tutta una vasta
conca, terribilmente armata, che continua senza interruzione a sparare."
Le formazioni rade e sottili fecero sì che in tutta la "corsa" si registrarono 13 morti e 90/100
feriti (quasi tutti leggeri).
La compagnia di alpini prende la via del Vallon dei Castrati e distacca un plotone (s.ten.
Pavoni) a battere la mulattiera che
sale dalla q.1469 (q.1490 secondo Berti) di Val della Rienza. Adempiuto al suo compito, il plotone
si ricongiungerà al resto della compagnia il 17 luglio.
Verso le 13, il I/55° giunge alla Piramide Carducci e la trova sgombra; tutti gli arrivati
iniziarono a scavarsi delle buche, per cui non si poterono più muovere verso destra contro le vere
opere austriache da espugnare.
Passarono così il pomeriggio del 15 luglio e la mattina del 16 luglio. Quando il
magg. Bosi dalla Piramide Carducci tornò
al comando con la convinzione che il I/55° non potesse agire ulteriormente, trovò che il colonnello
da Forcella Bassa premeva per telefono, ed il cap.
Rossi che, visti gli indugi della fanteria,
aveva ritirato i suoi alpini sulle linee di partenza. Si stabilì quindi che alle 12 sarebbero
scattati gli uomini del III/55°. Dopo l'esperienza del giorno precedente, si discusse se la
marcia/corsa di avvicinamento dovesse essere eseguita per il "cranio spelato" o per il Vallon dei
Castrati. Al ten. esploratore Matter
piaceva la seconda ipotesi, ma il magg.
Bosi optò per la prima, confortato
dall'ottimismo del I° cap. Gregori:
"Lascia fare a me, Bosi; torno ora da una ricognizione che mi ha permesso di vedere benissimo la
trincea nemica sconvolta dal nostro fuoco; ciò che importa è di fare presto; a mezzogiorno scattano
dalla nostra linea la 9ª e la 11ª, a quattrocento metri seguono la 10ª e la 12ª; quando saremo
giunti alla Forcella farò suonare l'assalto e in pochi minuti tutto sarà finito."
Ma quando la 9ª e la 11ª saltarono fuori dai ripari (alle 12.30, allo squillo di una tromba!),
furono accolte da un fitto concentramento di artiglieria che le costrinse a rallentare di molto
l'avanzata e quando giunsero presso la Forcella dei Castrati (erano circa le 15.30) erano già
notevolmente ridotte in slancio ed organico; lo stesso magg.
Bosi viene ferito alla coscia da una
scheggia di granata, ma non si allontana dal suo posto.
L'artiglieria italiana tacque inspiegabilmente per tutto il tempo, ma improvvisamente anche quella
austriaca tacque (si suppone che fossero terminate le munizioni) tanto che sulle due compagnie di
rincalzo non venne sparato nessun colpo. Nonostante l'inattesa fortuna, il cap.
Gregori non tentò l'atto risolutivo
prima del calar della notte, e fece addossare le compagnie di rincalzo a quelle di prima linea per
far passare la notte.
Nella notte Bosi e Gregori si incontrano:
Appena vi furono giunti, Bosi disse con tono amaro ed accorato: - Ah, Gregori, m'avevi dato tanta speranza col tuo baldo ottimismo di stamani! Ma poi ... - e dopo un istante di pausa: - Io ho dato assicurazione al colonnello che in giornata Monte Piano sarebbe preso. Che posso risponder ora alle sue premure? Ma quel che più m'addolora è un biglietto del capitano Rossi. Egli mi scrive che, se la fanteria non si spiccia, assalirà da solo co' suoi alpini -. Il capitano Gregori ascoltava col viso atterrato. D'un tratto proruppe:
- Maggiore, io sono pronto.
- A che ora intendi attaccare?
- Subito.
- Gregori, non precipitare, ora - soggiunse calmo e grave il maggiore - Converrà aspettar l'alba.
- Va bene - concluse Gregori - all'alba attaccheremo.
Quando giunge anche il cap. Rossi, i tre stabiliscono che all'alba la 9ª e la 12ª passassero la Forcella dei Castrati, mentre la 10ª e la 11ª restassero nelle immediate vicinanze ( Meneghetti: "grave errore tenere i rincalzi in zona battuta, con il pericolo di non poterla passare di giorno").
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