La seconda mina austriaca

14 Gennaio 1917

Un intero anno passò sul Lagazuoi in relativa calma; l'attenzione austriaca era maggiormente mirata al Col di Lana ed alle Tofane, dove la pressione italiana si era fatta sempre più forte ed erano state fatte esplodere con successo due mine. Fu forse anche questa constatazione che indusse gli austriaci a tentare di conquistare Cengia Martini con lo stesso mezzo.
I lavori iniziarono il 25 luglio 1916 ma gli italiani se ne accorsero solo il 10 ottobre quando il magg. Martini nel corso di una ricognizione sul Nuvolau scorse terra smossa 50 metri ad est dell'Appostamento degli Archi. Agli inizi il Martini non intuì la portata del progetto austriaco che divenne chiara in seguito ad attente e metodiche osservazioni del ten. Gimpel dal posto fisso di q.2.350 del Nuvolau (munito di binocolo a 40 ingrandimenti).
Il 17 ottobre (per mezzo dell'aiutante maggiore Sartore) ed il 19 ottobre lo stesso Martini espose al comandante del settore la necessità di preparare una contromina, mentre nel frattempo si dovevano disturbare i lavori austriaci (con l'uso dei riflettori e dell'artiglieria). Il mattino del 23 ottobre il ten. Malvezzi (dopo un'osservazione condotta con i ten. Sartore e Cadorin) riferì le sue opinioni al col. Tarditi che subito decise per lo scavo della galleria di contromina.

Guerra di mine Mina austriaca contro Cengia Martini

La direzione fu affidata al ten. Malvezzi, coadiuvato dai ten. Cadorin, Tazzer e Maraviglia. Si calcolò che il tempo rimasto fosse di 40 giorni, basandosi sulle esperienze precedenti.
Nello stesso pomeriggio una compagnia di Volontari di Feltre (ten. Beretta e Del Vesco) fece pervenire alla base del Canalone Falzarego una notevole quantità di gelatina. Durante la notte un riflettore dall'Averau iniziò ad intervalli regolari ad illuminare l'Appostamento degli Archi per agevolare il tiro delle sezioni mitragliatrici di q.2.107 e 2.350 del Nuvolau. L'unica difficoltà fu il piazzamento di 2 pezzi da 149 a q.2.350: infatti il colonnello comandante dell'artiglieria non riteneva probabile la mina austriaca, ma invitato ad osservare con i suoi occhi, dispose immediatamente il piazzamento dei pezzi q.2.176 del Nuvolau.
L'artiglieria italiana nelle giornate del 28 ottobre e 2 novembre bombardò a lungo l'intero sistema di posizione austriache specialmente nei punti del cantiere della mina.
Il 28 novembre il Martini indicò al magg. Nasi (comandante del 2° settore di artiglieria) i bersagli da battere prima e dopo dell'esplosione. Venne anche installata un'altra stazione di intercettazione telefonica (oltre a quella di Base Canalone Falzarego): richiesta il 2 dicembre, fu impiantata sulla Cengia il 3 gennaio dal ten. Canali del 7° Alpini; il suo operato fu però spesso disturbato dai rumori delle vicine perforatrici (sia italiane che austriache). Nel frattempo gli austriaci si accorsero dei lavori italiani e richiesero 2 pezzi da 65 che però non ottennero.

In definitiva le molestie degli italiani e del tempo causano grandi ritardi ai lavori austriaci: il 20 dicembre la galleria italiana (costruita 3 metri sopra quella austriaca) era ormai giunta a soli 2 metri dal suo obiettivo. Ma alle 19 del 14 gennaio:
"un enorme blocco di roccia si staccò, con scroscio immane, dalla sovrastante muraglia, proprio sul lato ovest della nostra "trincea avanzata". Contemporaneamente, dalle scarpate più alte, presero a rotolare diverse frane costituite da detriti e anche grossi macigni, che asportarono un buon tratto della nostra linea di reticolati, inabissandosi poi con rumore assordante. Ma gli effetti sulla nostra posizione furono pressoché nulli, poiché lo spostamento d'aria prodotto dalla grande massa d'esplosivo, invece di agire verso l'alto e far crollare quindi il nostro appostamento, trovò uno sfogo attraverso la controgalleria italiana, essendosi facilmente infranto il diaframma ormai sottilissimo che divideva le due gallerie. Per giunta, a causa del forte intasamento della camera di scoppio, si determinava nella galleria austriaca un contraccolpo così accentuato da provocare il crollo parziale, non senza qualche vittima. Tosto sull'intera cengia si scatenò il consueto violentissimo tiro di proiettili e granate d'ogni calibro, comprese numerose e precise raffiche sparate da una mitragliatrice appostata dietro la feritoia recentemente aperta a ovest di quota 2.668. Folti gruppi di tiratori si affacciavano anche sulle creste sovrastanti, tormentando con tiri ai fianchi e alle spalle i difensori della posizione.
Da parte nostra, con le armi di reparto già pronte e puntate, fu subito aperto, a onta dell'oscurità della notte e della densissima polvere che frattanto si era sollevata, un intenso fuoco in varie e opposte direzioni, mentre l'artiglieria del settore - come da precedenti intese - batteva l'ampia vetta del Piccolo Lagazuoi, la "Trincea occidentale" e "l'Appostamento degli archi". Com'era già avvenuto l'anno precedente, la scena del combattimento rimase illuminata sino alle ore 22 dai sinistri bagliori dei proiettili incendiari, dai fasci di luce dei riflettori e dall'incessante pioggia di razzi, senza che gli austriaci tentassero questa volta alcun attacco di fanteria. Però, come previsto, anche questa seconda mina non produsse eccessivi danni alle nostre postazioni. Si trattò di uno scoppio quasi a vuoto, perché la pressione smossa dall'esplosione sfiatava attraverso il tratto di roccia che, già assottigliato per lo scavo della contromina, si disintegrò sotto la spinta dei gas dell'imponente carica della mina austriaca. Per tale motivo, l'esplosione provocò soltanto profonde incrinature nelle pareti della nostra galleria, lasciando illesi i minatori ancora intenti allo scavo. Invece, a causa del forte intasamento della camera di scoppio, il conseguente contraccolpo sull'opposta galleria austriaca riuscì tanto forte da determinarne il crollo, seppellendo sotto le macerie il personale tecnico che aveva trovato riparo in caverna.
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