Autunno

Ottobre 1915

Sul finire dell'agosto 1915 il battaglione Belluno, dopo l'azione di Fontananegra, venne inviato a riposo per qualche giorno nei dintorni di Cortina d'Ampezzo. Nel frattempo veniva riconosciuta l'opportunità di costituire un plotone autonomo di alpini, destinato a particolari servizi di pattuglia e di ricognizione nella zona della Marmolada. Esso venne composto da sessanta alpini del suddetto battaglione, originari dell'alto Agordino e che avessero già qualche pratica del terreno sul quale sarebbero stati chiamati a svolgere la loro attività. Ne assunse il comando il Sottotenente Agno Berlese, avendo come sottufficiale il Sergente Filippo Bassot.

L'1 settembre 1915, il plotone autonomo lasciò la Valle Costeana e raggiunse la Val Cordevole, stabilendosi a Malga Ciapèla. Il giorno dopo, vennero formate due squadre: l'una avrebbe operato sul versante settentrionale della Marmolada e l'altra sul versante meridionale, alternandosi ogni settimana.
La squadra che operava nel versante settentrionale, ossia sul ghiacciaio, predispose la propria base in un cunicolo scavato nella neve nei pressi della Forcella Seràuta. Racconta l'alpino Anselmo Bonelli che faceva parte di questa squadra: "Si stava riparati alla meglio nella buca che avevamo scavato nella neve, ma l'umidità impregnava i nostri abiti e i sacchi a pelo, nei quali avremmo dovuto riposare, senza neppure toglierci gli scarponi. Al ritorno dalle ricognizioni, quando c'era la nebbia, ci orientavamo alla voce per non perderci e spesso si faticava a ritrovare - a turno - la nostra tana. Malgrado tanto disagio, non abbiamo mai perduto il nostro buon umore e il nostro senso del dovere".
Anche nell'alta Val d'Ombretta e al Passo d'Ombretta non esistevano ricoveri in muratura (il Rifugio Ombretta era situato molto piú in basso) e d'altra parte, per lo svolgimento del compito loro assegnato, la squadra doveva operare nell'alta Val Contrín, al di là del passo. Gli alpini si sistemarono quindi sull'ampia pietraia al piede della parete sud della Marmolada, a una certa distanza dalla omonima forcella.

Ai primi di ottobre, vigilia della terza battaglia dell'Isonzo, il Comando Supremo ordinava alla 4ª Armata di effettuare una serie di attacchi dimostrativi al fine di tenere impegnati gli austriaci, impedendogli di spostare le sue forze in altri settori. Pertanto il comando del IX Corpo d'Armata impartiva disposizioni per l'attacco alla Val Badia, attraverso il Passo di Campolongo e la Valparola. A sua volta il comando della 18ª Divisione dispose i suoi reparti in posizione per l'attacco alla linea Monte Sief - La Corte e Belvedere - Pescoi.
Il 10 ottobre il Capitano Silvio Magnaghi comandante del battaglione Val Cordevole veniva destinato ad altro settore, ed al suo posto subentrava il Maggiore Olivo Sala. In quegli stessi giorni l'aiutante maggiore Andreoletti veniva promosso capitano e destinato - in un primo tempo - al comando della brigata Calabria, in qualità di aiutante di campo. Ma per la sua stessa opposizione il trasferimento non avvenne.

Ai reparti della zona Marmolada, dipendenti tatticamente dal comando della brigata Alpi, venivano assegnati vari compiti: in particolare le truppe che occupavano il Passo di Ombretta dovevano impegnare l'avversario con azioni dimostrative per assicurare l'accesso alla Forcella Marmolada e all'omonimo ghiacciaio. Per tale via il plotone autonomo, unitamente a un drappello di guardie di finanza avrebbe dovuto puntare verso il Col de Bous, mentre alcune compagnie del 51°, dislocate al Passo Fedaia, con il concorso della 266ª, dovevano attaccare il Sasso di Mezzodí (Monte Mesola), tentando di avvolgerlo anche da nord per il Colle del Belvedere. La 266ª compagnia veniva trasferita da Fuchiade a Malga Ciapèla, in attesa di partecipare all'attacco del Sasso di Mezzodí, mentre alla 206ª compagnia restava affidato il compito di consolidare l'occupazione delle Creste di Costabella. Il 17 ottobre la 266ª compagnia muoveva da Malga Ciapèla per la Val Ciamp d'Arei, in direzione della Fedaia. Alle 04:15 essa risultava cosí disposta: un plotone al comando del Sottotenente Ivanoe Bonomi raggiunta la falda meridionale del Monte Mesola, si teneva pronto ad attaccare il trinceramento austriaco. Gli altri tre plotoni con il comandante di compagnia, sostavano appiattati fra le rocce nord-occidentali in attesa dell'ordine di attacco. Una squadra di quindici alpini si trovava, con una compagnia del 51°, in posizione sotto il costone nord del Mesola verso la Colletta del Belvedere, con il compito di aggirare da nord le posizioni avversarie. L'artiglieria di medio calibro e da campagna, aveva intanto aperto il fuoco su tutta la linea di attacco, tranne che sulla piana di Fedaia e sui Passi di Ombretta e Ombrettòla, dove si sarebbero svolte soltanto azioni dimostrative.
L'attacco ebbe inizio alle 04:55 e fu subito contrastato dal fuoco di fucileria e mitragliatrici. La 266ª compagnia che avanzava lungo il costone del Mesola venne arrestata da una parete rocciosa invalicabile. Il reparto destinato a procedere verso il Belvedere, riuscí ad attestarsi davanti ai reticolati nemici ma non riuscí a proseguire oltre. Anche il plotone autonomo che dalla Forcella Marmolada - come abbiamo visto doveva avanzare verso il Col de Bous, giunse in ritardo sul ghiacciaio, e anch'esso fu costretto ad arrestarsi.
L'azione che doveva svolgersi di sorpresa non poté svilupparsi com'era nelle previsioni. A questo punto il comando fece intervenire le batterie da campagna della Fedaia, nonché la sezione da 149 dei Crep di Ross, per battere sia il Belvedere sia il Col de Bous, ordinando nel contempo che l'operazione venisse ripresa al piú presto, con gli identici obiettivi, ma anche questa volta l'azione non poté concludersi positivamente.

Nell'alto Cordevole, invece, i reparti del 52° sboccando in forze a nord del Monte Padòn, riuscivano ad attestarsi sulle quote 2249 del Col Toront e 2210 di Monte Ornella. Abbastanza efficace l'esito delle azioni dimostrative affidate ai reparti del 51° ai Passi di Ombretta e Ombrettòla, e alla 206ª, alle Forcelle Tasca, Cadina e Uomo, nonché sulle Creste di Costabella.

Anche nella zona del Passo di S. Pellegrino, alpini e fanti rinnovavano gli attacchi di disturbo ed intensificavano le ricognizioni offensive.
Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre, il Sottotenente Mario Pasti, della 206ª, mosse con un forte gruppo di alpini, dal Sasso di Costabella, tentando di raggiungere il Banco della Campagnaccia, che però risultò ben difeso. Egli decise allora di piegare alquanto a sinistra, su di uno sperone roccioso, per tenere impegnati gli austriaci con improvvise scariche di fucileria, allo scopo di favorire l'avanzata di altre due pattuglie. Una di queste, al comando del Sottotenente Emilio Grasso del 49° Parma, muovendosi dall'altura dell'Uomo, aveva faticosamente attraversato le falde ghiaiose delle Creste di Costabella e risalito per un certo tratto un canalone retrostante il Banco della Campagnaccia. Il Sottotenente Grasso incaricò il Caporalmaggiore Zanin e altri due alpini che erano stati aggregati alla sua pattuglia, di inerpicarsi fino a raggiungere lo sbocco in cresta del canalone, dove si poteva dominare la posizione austriaca. I tre alpini, infatti, dopo una faticosa arrampicata, riuscivano a raggiungere la cresta. Da lassú si sporsero a scrutare il terreno sottostante, che dà sulla Val S. Nicolò e scorsero a brevissima distanza due vedette austriache, le quali messe in allarme diressero alcune affrettate fucilate sui nuovi venuti. Questi, a loro volta, impossibilitati a rispondere efficacemente, a causa dell'instabile equilibrio in cui si trovavano sul filo di cresta, dovettero ritirarsi cautamente, rientrando nel gruppo.
La terza pattuglia, comandata dal Sottotenente Cravero, pure del 49°, era nel frattempo riuscita a raggiungere la cresta rocciosa che si stacca dalla Cima della Campagnaccia, e qui attendeva l'arrivo della pattuglia del Sottotenente Grasso. Nel frattempo, scorto un reparto austriaco in movimento, lo attaccava e lo respingeva.
Queste ricognizioni, in sostanza, erano riuscite ad accertare che l'occupazione del Passo Le Selle non era stata ridotta come certe informazioni avevano asserito, ma semmai rafforzata con nuove opere difensive, sempre piú attentamente vigilate.

Intanto nell'altro settore quello settentrionale - le cattive condizioni climatiche, il freddo molto intenso, l'equipaggiamento personale non adeguato, avevano duramente provato gli alpini impegnati nell'attacco al Monte Mesola, nondimeno il comando della Divisione ordinò di ripetere l'attacco il giorno 20 ottobre, ma a causa del persistente maltempo l'azione venne ancora rinviata. Il giorno 23 ottobre, si riprese il combattimento, e le avanguardie della 266ª riuscirono a portarsi a non piú di una trentina di metri dai trinceramenti austriaci, ma anche questa volta non riuscirono ad aver ragione delle ben munite posizioni avversarie. Riconosciuta l'impossibilità di conseguire il risultato prefisso, il comandante riuní i plotoni in un avvallamento defilato al tiro dell'avversario; e lí alle ore 04:30 lo raggiunse l'ordine di ripiegare dietro un costone della Mesolina, e il giorno successivo quello di rientrare a Malga Ciapèla.
Il 25 ottobre la compagnia scese a riposo a Maè, donde piú tardi passò ad Alleghe.

Tutte queste azioni avevano procurato, se non apprezzabili successi, alcune precise e preziose informazioni circa le forze e le difese di cui disponevano gli austriaci. Constava, infatti, che esso aveva provveduto ad ammassare notevoli rinforzi, particolarmente nei punti piú deboli e piú minacciati. Gli austriaci, a causa della attività offensiva italiana furono costretti a continui spostamenti di forze per rafforzare il proprio schieramento in questo settore. Infatti, mentre alla data del 18 ottobre, sul fronte della 4ª Armata gli italiani avevano a disposizione 41 battaglioni di fanteria e circa 160 cannoni, gli austriaci disponevano di soli 7 battaglioni e mezzo (4.310 fucili), 36 mitragliatrici e 32 pezzi di artiglieria; ma ai primi di novembre le forze austriache erano salite a 22 battaglioni (11.802 fucili), 112 mitragliatrici e 55 cannoni.

Nei giorni seguenti, nell'alto Cordevole venivano ripresi gli attacchi sul Col di Lana, i quali portarono alla conquista del Cappello di Napoleone e della sella fra questa posizione e la sommità del Colle. Nella zona della Marmolada, la pressione continuò verso il Pescoi e il Monte Mesola, mentre in regione Ombretta e Costabella continuarono, tra il 27 e il 28 ottobre, le azioni dimostrative intese a tener impegnate le forze avversarie. Le ultime azioni si ebbero alla Fedaia e all'Ombretta il 7 novembre per appoggiare l'attacco mosso dalla 17ª e dalla 1ª Divisione contro il Col di Lana, che ebbe come risultato la temporanea occupazione di quella cima. Poi le operazioni in questo settore, come in tutti gli altri d'alta montagna, ebbero un periodo di stasi. L'inverno, il duro inverno alpino, era alle porte.

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