Azioni autunnali
Ottobre 1915
Dopo la partenza delle truppe del DAK, il loro posto venne preso dalle truppe dei reggimenti di
kaiserjäger che per circa 4 mesi difesero i punti più importanti del settore delle Dolomiti.
I compiti del Krafft vennero
assunti dal gen. Von Roth e le linee del settore di confine 9 passarono alla 96° Brigata di
Fanteria, composta dal 1° e 3° Kaiserjäger al comando del col.
Vonbank. Il comando del settore 9A
(Tofane) fu assunto dal col.
Lauer (3° Kaiserjäger) agli ordini del
col Von Sparber.
Al posto del 1° Jäger bavaresi, nella parte superiore di Val Travenanzes subentrò il I/3°
Kaiserjäger (magg. Graf) e al posto del II Jäger, il II/1° Kaiserjäger (magg. Högn).
Nella prima parte della valle rimasero la 2ª/162° Landstürm e 2 reparti di mitragliatrici tedesche;
nella seconda parte i 2 kommando (Barborka e Zeyer). Una batteria da montagna era piazzata sul
Monte Castello (3/14) ed un cannone (4/2) sulla cresta sud del Monte Casale.
Il primo attacco che i Kaiserjäger respinsero fu all'ala sinistra di Forcella Col dei Bos (1ª/3°);
da parte italiana in quei giorni era giunto nel settore il nuovo comandante, col.
Tarditi che riprese in considerazione
il vecchio piano di conquista del Castelletto. Il piano era lo stesso delle azioni del 24 e 28
settembre e con reparti di alpini del
Belluno e del
Val Chisone che investivano Forcella Col dei Bos
ed il Sasso Spaccato, mentre un gruppo tentava di risalire il canalone. A disposizione vennero
messi tutti i medi calibri del IX Corpo d'Armata che il giorno 16 ottobre concentrano il
fuoco sulle posizioni austriache. Nella notte per ben 3 ore l'artiglieria italiana batte la zona
del Castelletto e del Sasso Misterioso con pezzi anche da
210: le mitragliatrici sul Castelletto sono bene
nascoste nelle gallerie e continuano imperterrite a sparare, mentre il Sasso Misterioso ed il
vicino macereto tacciono. La 79ª a sinistra avanza con grande fatica fino ai reticolati ma i medi
calibri italiani hanno terminato le munizioni e la reazione austriaca è pronta e rabbiosa.
A destra, la 230ª trova un nuovo reticolato e non riesce nella posa dei tubi di gelatina: lo stesso
accade alla 78ª che tenta di inserirsi tra la 79ª e la 230ª. L'attacco al canalone centrale non ha
miglior esito.
I risultati sono così descritti dal Pieri: "Verso le quattro tutto era tornato in uno strano, quasi angoscioso silenzio, e l'alba del 17 ottobre illuminò le gloriose cime di Punta Marietta, della Tofana e di Col dei Bois, mentre le rocce del Castelletto apparvero di nuovo nel loro misterioso grigiore, sinistre, cupe, inesorabili, col terribile ghiaione ai loro piedi ancora cosparso dei cadaveri dei valorosi caduti."
Le cause principali del fallimento dell'attacco italiano si possono individuare nella neve (alta quasi un metro e mezzo), nel tiro di sbarramento austriaco e nei reticolati intatti, oltre al valore di 2 sottufficiali (secondo il Burtscher), Krikawa e Wittman che respinsero gli italiani sull'ala sinistra.
Nel tardo autunno i cannoni italiani fecero sentire la loro voce in particolare il cosiddetto "cannone del Pulpito" (in seguito divennero due) postato in una sporgenza rocciosa della Tofana II. Questo dominava gli accessi alle posizioni di Fontananegra e questa stessa. Altrettanto letale un cannone sulla Tofana I.
"Non si può non riconoscere agli artiglieri italiani il merito particolare di saper frequentemente scegliere i punti più efficaci ove collocare le loro artiglierie e di non risparmiare in tale bisogna nè tempo nè fatica. Oltre a ciò, gli italiani disponevano non soltanto di un numero di cannoni notevolmente maggiore, ma quasi sempre di pezzi d'artiglieria più moderni e precisi che quelli degli austriaci. (G. Burtscher)"
Il 17 ottobre parecchi ricoveri della riserva situati presso il Rifugio Wolf Glanvell furono distrutti dal'artiglieria italiana e si registrarono 1 morto e 13 feriti.
Il 25 ottobre il cannone del pulpito distrusse la sede del comando di battaglione che era sulle pendici del Grande Lagazuoi che venne quindi trasferito sulla Sella di Fanis e quindi in quella del Lagazuoi.
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