La fine dell'anno
Luglio-Dicembre 1916
Dato il possesso italiano delle Tre Dita e di q.2905 della Tofana II, gli austriaci sono costretti
ad abbandonare l'estremo orlo del gradino sopra Val Travenanzes.
Al crepuscolo del 5 agosto partono il ten.
Carugati con la rivoltella, il ten.
Sabelli (che cadrà sul Masarè) col
fucile ed il ten. medico Celli a mani
nude. Riscono ad individuare la via di salita degli austriaci alla Nemesis. Nel mentre una
pattuglia austriaca di tre uomini sta salendo verso la cima; vengono sorpresi dai tre ufficiali
italiani. Uno cade, uno è ferito ed il terzo riesce a fuggire. I tre italiani tagliano il filo
telefonico tra la Nemesis ed il Trincerone Verde, sistemano un piccolo posto a bloccare la via di
salita (che prenderà il nome dal ten.
Sabelli, suo materiale organizzatore) e se ne tornano verso Fontananegra. A questo punto la
Nemesis è virtualmente intenibile per gli austriaci, che sono battuti da tutti i lati, senza vie
di accesso; si attende solo la resa del presidio, ma dopo tre giorni ancora nessuna notizia.
La sera del 9 agosto il ten.
Carugati con due alpini della 75ª ritorna
su q.2905; alle 23 viene raggiunto dal ten.
Omio che è sceso dalla cima della Tofana
III con 14 alpini. Tutti concordano che la Nemesis pare definitivamente abbandonata e viene
scoperto un palo conficcato nel camino nord che è evidentemente servito agli austriaci per
abbandonare la posizione indisturbati. I due ufficiali ed i 16 alpini a mezzanott elasciano q.2905
e giungono alla selletta della Nemesis, guardano il camino Nord e trovano le tracce degli austriaci
fuggiti. Vengono lasciati di guardia 3 alpini, mentre gli altri risalgono il pendio ghiaioso fino
alle rocce terminali. Raggiunte queste il grosso della pattuglia sale ad aggirarle a sinistra;
Carugati ed un altro alpino le scalano
frontalmente ed arrivano fino alle baracche austriache sul rovescio della cima.
"La torva 'Nemesis', la minacciosa vendicatrice austriaca, ha perduto il diritto a conservar
quel suo nome oltracotante e ostile. Un altro nome già si grida dal fondo del Masarè plaudendo,
nome che è tutto nostro, caro egualmente agli alpinisti e agli alpini, il nome di chi ha cancellato
quella macchia tra i monti: 'Punta Carugati."
Altri sconti si verificarono per il possesso della 8 Wache (o Sasso Mondin) che rappresentava lo
sbarramento anteriore della valle. Lo sbarramento meridionale venne trasferito nella Posizione
Anschober e tenuto dal 27° IR (ten. Rudolf) e dal Alpinen Detachement 10.
Persa la linea nel mezzo del Masarè, gli austriaci si ritirarono su una linea più bassa: la
Lauerwache o Trincerone Verde.
Nelle prime ore della ntte del 21 agosto sono pronti allo scatto la 75ª del
Pieve di Cadore (cap.
Slaviero), due plotoni della 267ª del
Val Piave, la 127ª del
Monte Albergian ed una compagnia del 41° Fanteria
(questo lo schieramento secondo
Berti, altri testi riportano la presenza
della sola 75ª). Narra il Berti:
"Chi ha vissuta quella notte conserva nei ricordi l'impressione strana, irreale, quasi
coreografica, del combattimento nel fondo buio di quella cerchia dantesca, strozzata fra le due
enormi pareti incombenti della Tofana I e della Tofana III.
Lo sfilamento dei reparti della prima ondata d'assalto e l'attestamento nelle nostre trincee
avanzate, eseguiti colla maggiore cautela, non rompono minimamente l'alto silenzio della notte
rupestre."
Alle 22:45 l'artiglieria inizia a tempestare i rovesci della posizione austriaca; anche quella
austriaca inizia a rispondere ma non colpisce gli italiani che sono troppo vicini alle trincee
austriache. Dopo la prevista mezz'ora di preparazione, il capitano del battaglion
Cadore spara con la sua Very un razzo verde. E' il
segnale per l'artiglieria che allunga il tiro. A destra, il ten.
Sabelli piomba con i suoi uomini
sul fianco della difesa austriaca, ma viene ucciso. L'azione però riesce; vengono catturati 39
austriaci (tranne lo jäger Larcher della Streifkompanie 6 che poi però morì in seguito ad una
ferita). Le perdite italiane sono di 6 morti e 38 feriti.
Gli stessi alpini prendono q.2886 della Tofana III mentre quelli del
Belluno e del
Monte Pelmo occupano tutti i rimanenti sassi di Val
Travenzanzes, ovvero il Sasso Piramidale, il Sasso di Sbarramento ed il Sasso Mondin (così
chiamato dal nome dell'aspirante che lo occupa il 6 settembre). Ma già il giorno
8 settembre un nucleo di kaiserjäger sloggia di là gli italiani che sono costretti ad
abbandonare anche un lanciabombe.
Carugati,
Vallepiana e
Polin cercano sulla parete nord della
Tofana I un posto ove collocare un presidio che impedisca nel futuro simili sorprese. A 150 metri
dalla base si trovò una cengia con una grotta naturale ed uno spiazzo sistemabile a difesa:
Polin la occupa con 15 uomini, una
mitragliatrice ed un lanciabombe. Tale cengia verrà ricordata col nome di Cengia Polin, e venne
presidiata fino alla fine con innumerevoli sforzi (fuoco austriaco e valanghe) dai volontari
feltrini. Il 17 settembre gli austriaci vengono definitivamente scacciati dal Sasso Mondin.
Il 24 agosto il t.col. Busch (che aveva sostituito il Pasetti) diede ordine di abbandonare
le posizioni su Cima Falzarego e Val Travenanzes per arroccarsi nella Sella del Lagazuoi. Il giorno
stesso l'artiglieria italiana bombardò i ricoveri dell'Alpinen Detachement 1 sul versante
occidentale della Tofana III, provocando sensibili perdite.
Nella notte tra il 20 ed il 21 ottobre scomparve un intero posto di guardia avanzato sul
Gasserdepot (13 uomini secondo Burtscher,
18 secondo Pieri), catturato dagli italiani
(s.ten. Soave del
Monte Pelmo) grazie alle informazioni di due disertori.
Tarditi meditò anche una grande azione
contro la forcella tra i due Lagazuoi ma i preparativi portarono via tutto il mese di ottobre ed a
novembre l'azione fu resa impossibile dalle abbondanti nevicate. Il 9 novembre una valanga
seppellisce la baracca della mensa ufficiali sotto Col dei Bos: rimangono sepolti 18 ufficiali. Due i
morti (asp. Cunico e
Azzano), 9 feriti e 7 sopravvissuti tra i quali
il cap. Reverberi.
Si ripresero quindi i lavori in galleria, costruendo ricoveri e postazioni per artiglieria e
mitragliatrici, soprattutto nel punto che ne aveva maggiormente bisogno, ovvero il piccolo Lagazuoi.
< Precedente Successivo >