Sala Giovanni
Capitano
7° Alpini, battaglione Val Piave
Nato il 12 novembre 1883 a Borca di Cadore (BL)
Morto il 17 luglio 1965 a Merano (BZ)
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Organizzò e condusse a termine con costanza e sprezzo del pericolo, nel cuor dell'inverno,
l'occupazione di una impervia posizione, vincendo difficoltà ritenute insormontabili. Eludendo
poi, meravigliosamente, l'attiva vigilanza del nemico, riuscì, alla testa di un manipolo di
arditi, a piombare di sorpresa, scendendo lungo una parete quasi a picco, su una posizione del
nemico della quale si impossessò: mirabile esempio di calma e coraggio.
Cima Undici Passo della Sentinella, 16 aprile 1916
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della guerra
Giovanni Sala nasce a Borca di Cadore il 12 novembre del 1883. Entrambi i suoi genitori,
Giovanbattista e Bortola, portano lo stesso cognome[1].
All'età di vent'anni è chiamato alle armi essendosi scambiato col fratello Oreste per il quale,
volontariamente, Giovanni ha assunto gli obblighi di leva. Viene quindi ammesso al ritardo del
servizio militare in quanto studente presso la Scuola forestale di Vallombrosa. Diplomatosi nel
1905, il 31 gennaio dell'anno successivo giunge al 5° reggimento alpini in qualità di allievo
ufficiale di complemento.
Il 1° maggio diventa caporale e, continuando nella ferma - inquadrato nel Battaglione "Vestone" -
il 1° agosto gli viene conferito il grado di sergente. Decide quindi di iscriversi alla Facoltà di
Agraria a Pisa dove si laurea nel 1910. Nel frattempo, un anno prima, era stato nominato
sotto-ispettore forestale a Sassari. Nel 1911 si reca alla scuola forestale di Tharandt in
Sassonia per approfondire i propri studi e tornato in Sardegna, coopera alla realizzazione di
importanti lavori di rimboschimento nelle foreste demaniali del Goceano[2].
Nell'imminenza della guerra Giovanni Sala ha già ottenuto il grado di sottotenente di complemento
e viene quindi richiamato alle armi col grado di tenente e assegnato al Battaglione "Val Piave" con
l'incarico di comandare la sezione mitragliatrici.
La Grande Guerra
All'inizio delle ostilità è a Misurina agli ordini della 10ª Divisione, quindi in Val dell'Acqua,
a Monte Cengia e più tardi a Forcella Longeres al seguito della sua compagnia. Il 4 giugno il
Battaglione è quindi impiegato a Forcella Lavaredo e a Monte Piana dove gli alpini, al costo di
gravi perdite, respingono e contrattaccano il nemico.
Ai primi di novembre del 1915 la 10ª Divisione viene trasferita sull'Isonzo e sostituita dal
Settore Padola-Visdende alle dipendenze del generale
Augusto Fabbri, già comandante della Brigata
Marche nel Settore Lavaredo.
Alle Tre Cime Giovanni Sala ha già avuto modo di farsi apprezzare dal generale
Fabbri e fresco di
nomina a capitano, gli viene chiesto di unirsi al neo costituito reparto Comando insediato a Santo
Stefano in Comelico.
Il Passo della Sentinella
In quel distretto, per lo schieramento italiano, il Passo della Sentinella costituisce una
pericolosa "spina nel fianco". Gli austriaci lo chiamano "la finestra sulla valle" perché da esso
si domina tutta la Val Padola fin giù a Dosoledo e a Candide e da lassù nulla sfugge loro dei
movimenti avversari. Al primo momento dell'avanzata gli italiani lo avevano occupato e poi, per
qualche ignoto motivo, lo avevano abbandonato e gli austriaci vi si erano insediati. Tre attacchi
sanguinosissimi erano stati sferrati per riconquistarlo, ma da quella posizione dominante,
fiancheggiata dai torrioni delle due cime adiacenti, tutti e tre gli assalti erano stati facilmente
respinti.
Fin dal suo arrivo il generale Fabbri è più che mai convinto dell'importanza di occupare quel
passo al più presto e per avere maggiori delucidazioni e consigli sul come affrontare al meglio
l'impresa, si consulta anche col tenente Antonio Berti, noto alpinista e ottimo conoscitore di
tutta quell'area. Il generale si persuade che l'attacco, per essere efficace, debba avvenire non
frontalmente ma dall'alto e non d'estate ma d'inverno, quando l'impresa è ritenuta pressoché
impossibile.
Ai primi di dicembre Fabbri è nominato Capo di Stato Maggiore della 4ª Armata ed a sostituirlo
viene inviato il generale Giuseppe Venturi. Ben presto comunque, anch'egli si convince
dell'urgenza di conquistare il Passo della Sentinella e sposa appieno l'impostazione tattica del
Fabbri.
Nonostante la neve abbondantissima - caduta già dai primi di ottobre - e le bassissime temperature,
le posizioni raggiunte fino allora dagli alpini e dai fanti vengono rinforzate e stabilmente
presidiate, mentre alcune pattuglie sono mandate in perlustrazione e ad occupare, ove e quando
possibile, le principali forcelle che si affacciano sul Passo.
Ai primi di gennaio il capitano Sala è stato incaricato dal generale
Venturi di condurre le
operazioni e affiancato dal sottotenente Giovanni Lorenzoni, il
giorno 10 compie un sopralluogo
al Creston Popera. I due ufficiali si rendono subito conto che la riuscita dell'impresa dipenderà
soprattutto dalla preventiva occupazione di Cima Undici e inoltre che gli accostamenti che
precederanno l'attacco dovranno compiersi con circospezione e nel massimo silenzio; il balzo
finale dovrà avvenire simultaneamente da diverse direzioni e risultare inatteso.
Esponendo l'esito delle sue osservazioni al generale
Venturi, Sala lo avverte che per una tale
impresa sarà necessario l'intervento di personale esperto e molto pratico di montagna. Durante il
sopralluogo al Creston Popera, Lorenzoni gli aveva già parlato di un abile alpinista, un volontario
trentino che si trovava in quel periodo a Belluno presso il deposito del 7° Alpini. Quando
Venturi
gli propone di mettere proprio lui al suo servizio, Sala accetta molto volentieri l'offerta.
L'alpinista è Italo Lunelli ma come irredento trentino ha assunto il nome di Raffaele Da Basso.
Dopo aver ispezionato assieme il teatro delle operazioni, il capitano Sala e l'aspirante Da Basso
si recano ad Auronzo ed ottengono dal maggiore Setti, sottocapo di Stato Maggiore, la fornitura di
tutto il materiale necessario.
Per tutto l'inverno, tonnellate e tonnellate di attrezzature di ogni specie (legname, corde,
viveri, vestiario, combustibili, armamenti e munizioni) vengono trasportate a soma di mulo fino a
Forcella Giralba e da lì a spalla confluiscono alle posizioni approntate sulle forcelle e sulle
cime, in caverne, baracche e tane nella neve. E' un lavoro lungo e faticoso, compiuto senza tregua
nelle rigide notti invernali, non di rado sotto fitte nevicate o nella nebbia, in modo da non farsi
scoprire dagli austriaci. Il terreno in cui si muovono gli alpini è tra i più difficili: dove non
c'é la neve ci sono lastroni di ghiaccio che ricoprono la roccia e le slavine, o vere e proprie
valanghe, si distaccano facilmente dall'alto col pericolo di travolgere uomini e materiali.
Vengono stese le linee telefoniche ed installata una stazione eliografica, e nei primi giorni di
aprile gli artiglieri del gruppo "Belluno", comandati dal tenente Paolo Stiz, trasportano un pezzo
da 65/17 della 23ª Batteria nei pressi di Cima Undici alla quota di 3045 metri. Dopo aver
intensamente collaborato a tutte le fasi di preparazione, l'aspirante Da Basso (Italo Lunelli)
organizza un reparto[3] di scalatori addestrandolo per l'attacco finale; il capitano Sala forma due
plotoni di alpini, tutti volontari, mettendoli rispettivamente agli ordini dei sottotenenti De Poi
ed Enrico Jannetta. Il capitano Sala dà loro il soprannome di "Mascabroni": uomini rudi ma
generosi, strafottenti ma determinati.
Nella notte del 16 aprile gli uomini di Lunelli muovono dal Sasso Fuoco e s'inerpicano, silenziosi
e mimetizzati, sul ripido nevaio che sale verso il Pianoro del Dito; sorprendono i difensori e
s'impossessano di quella strategica posizione. Poco dopo sono raggiunti dalla squadra del
sottotenente Leida.
Gli austriaci sul Passo della Sentinella sono ora isolati e chiusi in una morsa; l'artiglieria
dal Creston Popera tira sulla Croda Rossa e sul Passo; apre il fuoco anche la mitragliatrice
manovrata dal sottotenente Passerini che spara dalla Forcella della Tenda. Sollecitati dallo stesso
capitano Sala, il lanciabombe e la mitragliatrice di Forcella Da Col inchiodano i rinforzi che stanno risalendo dal fondo di Val Fiscalina; contro di loro fa fuoco anche il plotone di Lunelli dal Pianoro del Dito.
I "Mascabroni" di De Poi sono pronti a scattare da Forcella Da Col, quelli di
Jannetta da Forcella
Dal Canton; un altro plotone, comandato dal sottotenente Martini è pronto a muovere frontalmente
verso il Passo.
Gli alpini di De Poi si lanciano all'attacco scivolando sulla neve; partono anche quelli di
Jannetta; dal Vallon Popera scatta frontalmente il plotone di
Martini che arriva per primo sul
Passo. I sedici austriaci che difendono la postazione sono sopraffatti; sette al riparo nella
caverna sono inchiodati lì dalle raffiche incrociate delle mitragliatrici e dagli uomini di
Lunelli inerpicati sul Pianoro del Dito; un graduato rimane ucciso, gli altri riescono a fuggire.
Alle 13,45 del 16 aprile del 1916 il Passo della Sentinella è in mano agli alpini; il termometro
segna 30° sotto zero.
Tra le medaglie meritate in quei giorni, quella d'Argento attribuita al capitano Giovanni Sala
riassume quegli avvenimenti destinati a passare alla storia.
Giovani Sala narrerà le epiche vicende di quei giorni nel suo libro "Crode contro Crode" e quindi,
assieme ad Antonio Berti, in "Guerra per Crode". In seguito si
accenderà un'accesa polemica
letteraria tra Sala e Lunelli sull'attribuzione dei meriti nella conquista del Passo, ma tali
incomprensioni tra i protagonisti nulla tolgono all'eroico comportamento di tutti quelli che vi
parteciparono.
Sala resta aggregato al Comando del Settore Padola-Visdende fino al mese di novembre del 1917
quando giunge l'ordine di ritirata verso la linea del Piave. Un mese più tardi è uno tra i
fondatori del giornale "Periodico del soldato - La Trincea", uscito la prima volta il 16 gennaio
del 1918, e col quale collabora anche con alcuni suoi scritti.
Il dopoguerra
Finita la guerra diventa ispettore presso il Commissariato Generale per la Venezia Tridentina a
capo del Distretto Forestale di Merano. Nel luglio 1920 è sottoispettore forestale e per meriti
acquisiti durante il servizio militare, viene nominato Cavaliere della Corona d'Italia.
Nell'estate dello stesso anno si reca a Wiesbaden, in Germania, dove rimane fino al 1923 come
membro della Delegazione Italiana per la Pace con l'incarico di sovrintendere al ritiro del
legname che la Germania deve consegnare all'Italia come riparazione di guerra.
Nel 1924 entra a far parte dell'Alta Commissione Interalleata per i territori renani occupati.
In quell'occasione, per l'accorta opera compiuta, riceve la Croce di cavaliere dell'Ordine della
Corona del Belgio.
Rientrato in Italia, nell'agosto 1926 - in seguito alla militarizzazione del Reale Corpo delle
foreste - è nominato seniore e viene destinato a Torino. Nello stesso periodo gli giunge la nomina
a Commendatore della Corona d'Italia.
Nel 1929 è a capo dei servizi forestali della Lombardia con sede a Brescia. Qui inizia un'intensa
attività di studio che si traduce in vari articoli sull'ambiente alpino pubblicati da riviste
specializzate: "Lo spopolamento montano nella Val Camonica" (1935); "Il larice sulle Alpi" (1931);
"Per una coscienza forestale italiana" (1937); "Il Cadore e i suoi boschi" (1937); "L'autarchia nel
settore dei prodotti legnosi" (1939); "La nostra produzione legnosa" (1941); "Vivai forestali"
(1943); "Il problema resinifero in Italia" (1949); "Il problema montano" (1956).
Nel 1931 è Console Comandante della III Legione della Milizia Forestale e dal 1936 al 1938 insegna
selvicoltura generale e tecnologia forestale presso la facoltà di agraria dell'Università di Milano
e quindi, fino al 1941 comanda l'Accademia militare forestale di Firenze. Nel 1941 è trasferito a
Roma presso il Comando centrale della milizia come Capo di Stato Maggiore e nel 1942 è nominato
Console generale per "meriti eccezionali". Nel 1943 lascia il servizio e viene collocato in
posizione ausiliaria. Nel 1945 accetta, su incarico del Governo Militare britannico, di riordinare
il Servizio Forestale dello Stato in Alto Adige.
Nel 1951 un Decreto ministeriale gli conferisce la medaglia d'oro al merito silvano e diventa socio
onorario della nuova Accademia Italiana di Scienze Forestali.
Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Merano dove, il 17 luglio del 1965, muore
improvvisamente nella sua casa, all'ombra di larici e abeti.
Note
[1] Giovanni ha un fratello di nome Oreste della stessa classe 1883. Un altro fratello,
Olivo Sala (nato a Borca di Cadore l'1 aprile del 1870 e morto a Trieste il 30 maggio del 1930) nel 1915, col grado di maggiore, comanda il battaglione "Val Cordevole" e poi il "Fenestrelle"; come tenente colonnello è alla testa del 24° Fanteria quindi, promosso colonnello, è assegnato al 14° Gruppo Alpino. Dal 17 gennaio al 20 luglio del 1920 è al 7° Alpini. Nel 1929 gli viene conferito il grado di generale di Brigata.
[2] Le Foreste del Goceano erano comprese nei territori di Bultei, Anela, Bono, Bottida, Esporlatu e Illorai, nel Sassarese. Nel 1914 Giovanni Sala dirigeva i lavori d'impianto di una faggeta ancor oggi esistente. Nel vivaio forestale "Fiorentini" sono ancora presenti alcuni esemplari di pino americano da lui introdotti in coltivazione sperimentale nel 1915.
[3] Il reparto di Lunelli è formato da 17 sciatori del Batt. Fenestrelle ai quali si aggiunge, volontario, Alberto Tonello di S. Stefano di Cadore.
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Nato il 12 novembre 1883 a Borca di Cadore (BL)
Morto il 17 luglio 1965 a Merano (BZ)
Decorazioni
Medaglia d'Argento
Organizzò e condusse a termine con costanza e sprezzo del pericolo, nel cuor dell'inverno, l'occupazione di una impervia posizione, vincendo difficoltà ritenute insormontabili. Eludendo poi, meravigliosamente, l'attiva vigilanza del nemico, riuscì, alla testa di un manipolo di arditi, a piombare di sorpresa, scendendo lungo una parete quasi a picco, su una posizione del nemico della quale si impossessò: mirabile esempio di calma e coraggio.Cima Undici Passo della Sentinella, 16 aprile 1916
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
Prima della guerra
Giovanni Sala nasce a Borca di Cadore il 12 novembre del 1883. Entrambi i suoi genitori, Giovanbattista e Bortola, portano lo stesso cognome[1].All'età di vent'anni è chiamato alle armi essendosi scambiato col fratello Oreste per il quale, volontariamente, Giovanni ha assunto gli obblighi di leva. Viene quindi ammesso al ritardo del servizio militare in quanto studente presso la Scuola forestale di Vallombrosa. Diplomatosi nel 1905, il 31 gennaio dell'anno successivo giunge al 5° reggimento alpini in qualità di allievo ufficiale di complemento. Il 1° maggio diventa caporale e, continuando nella ferma - inquadrato nel Battaglione "Vestone" - il 1° agosto gli viene conferito il grado di sergente. Decide quindi di iscriversi alla Facoltà di Agraria a Pisa dove si laurea nel 1910. Nel frattempo, un anno prima, era stato nominato sotto-ispettore forestale a Sassari. Nel 1911 si reca alla scuola forestale di Tharandt in Sassonia per approfondire i propri studi e tornato in Sardegna, coopera alla realizzazione di importanti lavori di rimboschimento nelle foreste demaniali del Goceano[2].
Nell'imminenza della guerra Giovanni Sala ha già ottenuto il grado di sottotenente di complemento e viene quindi richiamato alle armi col grado di tenente e assegnato al Battaglione "Val Piave" con l'incarico di comandare la sezione mitragliatrici.
La Grande Guerra
All'inizio delle ostilità è a Misurina agli ordini della 10ª Divisione, quindi in Val dell'Acqua, a Monte Cengia e più tardi a Forcella Longeres al seguito della sua compagnia. Il 4 giugno il Battaglione è quindi impiegato a Forcella Lavaredo e a Monte Piana dove gli alpini, al costo di gravi perdite, respingono e contrattaccano il nemico. Ai primi di novembre del 1915 la 10ª Divisione viene trasferita sull'Isonzo e sostituita dal Settore Padola-Visdende alle dipendenze del generale Augusto Fabbri, già comandante della Brigata Marche nel Settore Lavaredo. Alle Tre Cime Giovanni Sala ha già avuto modo di farsi apprezzare dal generale Fabbri e fresco di nomina a capitano, gli viene chiesto di unirsi al neo costituito reparto Comando insediato a Santo Stefano in Comelico.Il Passo della Sentinella
In quel distretto, per lo schieramento italiano, il Passo della Sentinella costituisce una pericolosa "spina nel fianco". Gli austriaci lo chiamano "la finestra sulla valle" perché da esso si domina tutta la Val Padola fin giù a Dosoledo e a Candide e da lassù nulla sfugge loro dei movimenti avversari. Al primo momento dell'avanzata gli italiani lo avevano occupato e poi, per qualche ignoto motivo, lo avevano abbandonato e gli austriaci vi si erano insediati. Tre attacchi sanguinosissimi erano stati sferrati per riconquistarlo, ma da quella posizione dominante, fiancheggiata dai torrioni delle due cime adiacenti, tutti e tre gli assalti erano stati facilmente respinti. Fin dal suo arrivo il generale Fabbri è più che mai convinto dell'importanza di occupare quel passo al più presto e per avere maggiori delucidazioni e consigli sul come affrontare al meglio l'impresa, si consulta anche col tenente Antonio Berti, noto alpinista e ottimo conoscitore di tutta quell'area. Il generale si persuade che l'attacco, per essere efficace, debba avvenire non frontalmente ma dall'alto e non d'estate ma d'inverno, quando l'impresa è ritenuta pressoché impossibile.Ai primi di dicembre Fabbri è nominato Capo di Stato Maggiore della 4ª Armata ed a sostituirlo viene inviato il generale Giuseppe Venturi. Ben presto comunque, anch'egli si convince dell'urgenza di conquistare il Passo della Sentinella e sposa appieno l'impostazione tattica del Fabbri. Nonostante la neve abbondantissima - caduta già dai primi di ottobre - e le bassissime temperature, le posizioni raggiunte fino allora dagli alpini e dai fanti vengono rinforzate e stabilmente presidiate, mentre alcune pattuglie sono mandate in perlustrazione e ad occupare, ove e quando possibile, le principali forcelle che si affacciano sul Passo. Ai primi di gennaio il capitano Sala è stato incaricato dal generale Venturi di condurre le operazioni e affiancato dal sottotenente Giovanni Lorenzoni, il giorno 10 compie un sopralluogo al Creston Popera. I due ufficiali si rendono subito conto che la riuscita dell'impresa dipenderà soprattutto dalla preventiva occupazione di Cima Undici e inoltre che gli accostamenti che precederanno l'attacco dovranno compiersi con circospezione e nel massimo silenzio; il balzo finale dovrà avvenire simultaneamente da diverse direzioni e risultare inatteso. Esponendo l'esito delle sue osservazioni al generale Venturi, Sala lo avverte che per una tale impresa sarà necessario l'intervento di personale esperto e molto pratico di montagna. Durante il sopralluogo al Creston Popera, Lorenzoni gli aveva già parlato di un abile alpinista, un volontario trentino che si trovava in quel periodo a Belluno presso il deposito del 7° Alpini. Quando Venturi gli propone di mettere proprio lui al suo servizio, Sala accetta molto volentieri l'offerta. L'alpinista è Italo Lunelli ma come irredento trentino ha assunto il nome di Raffaele Da Basso. Dopo aver ispezionato assieme il teatro delle operazioni, il capitano Sala e l'aspirante Da Basso si recano ad Auronzo ed ottengono dal maggiore Setti, sottocapo di Stato Maggiore, la fornitura di tutto il materiale necessario. Per tutto l'inverno, tonnellate e tonnellate di attrezzature di ogni specie (legname, corde, viveri, vestiario, combustibili, armamenti e munizioni) vengono trasportate a soma di mulo fino a Forcella Giralba e da lì a spalla confluiscono alle posizioni approntate sulle forcelle e sulle cime, in caverne, baracche e tane nella neve. E' un lavoro lungo e faticoso, compiuto senza tregua nelle rigide notti invernali, non di rado sotto fitte nevicate o nella nebbia, in modo da non farsi scoprire dagli austriaci. Il terreno in cui si muovono gli alpini è tra i più difficili: dove non c'é la neve ci sono lastroni di ghiaccio che ricoprono la roccia e le slavine, o vere e proprie valanghe, si distaccano facilmente dall'alto col pericolo di travolgere uomini e materiali. Vengono stese le linee telefoniche ed installata una stazione eliografica, e nei primi giorni di aprile gli artiglieri del gruppo "Belluno", comandati dal tenente Paolo Stiz, trasportano un pezzo da 65/17 della 23ª Batteria nei pressi di Cima Undici alla quota di 3045 metri. Dopo aver intensamente collaborato a tutte le fasi di preparazione, l'aspirante Da Basso (Italo Lunelli) organizza un reparto[3] di scalatori addestrandolo per l'attacco finale; il capitano Sala forma due plotoni di alpini, tutti volontari, mettendoli rispettivamente agli ordini dei sottotenenti De Poi ed Enrico Jannetta. Il capitano Sala dà loro il soprannome di "Mascabroni": uomini rudi ma generosi, strafottenti ma determinati.
Nella notte del 16 aprile gli uomini di Lunelli muovono dal Sasso Fuoco e s'inerpicano, silenziosi e mimetizzati, sul ripido nevaio che sale verso il Pianoro del Dito; sorprendono i difensori e s'impossessano di quella strategica posizione. Poco dopo sono raggiunti dalla squadra del sottotenente Leida. Gli austriaci sul Passo della Sentinella sono ora isolati e chiusi in una morsa; l'artiglieria dal Creston Popera tira sulla Croda Rossa e sul Passo; apre il fuoco anche la mitragliatrice manovrata dal sottotenente Passerini che spara dalla Forcella della Tenda. Sollecitati dallo stesso capitano Sala, il lanciabombe e la mitragliatrice di Forcella Da Col inchiodano i rinforzi che stanno risalendo dal fondo di Val Fiscalina; contro di loro fa fuoco anche il plotone di Lunelli dal Pianoro del Dito. I "Mascabroni" di De Poi sono pronti a scattare da Forcella Da Col, quelli di Jannetta da Forcella Dal Canton; un altro plotone, comandato dal sottotenente Martini è pronto a muovere frontalmente verso il Passo. Gli alpini di De Poi si lanciano all'attacco scivolando sulla neve; partono anche quelli di Jannetta; dal Vallon Popera scatta frontalmente il plotone di Martini che arriva per primo sul Passo. I sedici austriaci che difendono la postazione sono sopraffatti; sette al riparo nella caverna sono inchiodati lì dalle raffiche incrociate delle mitragliatrici e dagli uomini di Lunelli inerpicati sul Pianoro del Dito; un graduato rimane ucciso, gli altri riescono a fuggire. Alle 13,45 del 16 aprile del 1916 il Passo della Sentinella è in mano agli alpini; il termometro segna 30° sotto zero.
Tra le medaglie meritate in quei giorni, quella d'Argento attribuita al capitano Giovanni Sala riassume quegli avvenimenti destinati a passare alla storia.
Giovani Sala narrerà le epiche vicende di quei giorni nel suo libro "Crode contro Crode" e quindi, assieme ad Antonio Berti, in "Guerra per Crode". In seguito si accenderà un'accesa polemica letteraria tra Sala e Lunelli sull'attribuzione dei meriti nella conquista del Passo, ma tali incomprensioni tra i protagonisti nulla tolgono all'eroico comportamento di tutti quelli che vi parteciparono. Sala resta aggregato al Comando del Settore Padola-Visdende fino al mese di novembre del 1917 quando giunge l'ordine di ritirata verso la linea del Piave. Un mese più tardi è uno tra i fondatori del giornale "Periodico del soldato - La Trincea", uscito la prima volta il 16 gennaio del 1918, e col quale collabora anche con alcuni suoi scritti.
Il dopoguerra
Finita la guerra diventa ispettore presso il Commissariato Generale per la Venezia Tridentina a capo del Distretto Forestale di Merano. Nel luglio 1920 è sottoispettore forestale e per meriti acquisiti durante il servizio militare, viene nominato Cavaliere della Corona d'Italia. Nell'estate dello stesso anno si reca a Wiesbaden, in Germania, dove rimane fino al 1923 come membro della Delegazione Italiana per la Pace con l'incarico di sovrintendere al ritiro del legname che la Germania deve consegnare all'Italia come riparazione di guerra. Nel 1924 entra a far parte dell'Alta Commissione Interalleata per i territori renani occupati. In quell'occasione, per l'accorta opera compiuta, riceve la Croce di cavaliere dell'Ordine della Corona del Belgio. Rientrato in Italia, nell'agosto 1926 - in seguito alla militarizzazione del Reale Corpo delle foreste - è nominato seniore e viene destinato a Torino. Nello stesso periodo gli giunge la nomina a Commendatore della Corona d'Italia. Nel 1929 è a capo dei servizi forestali della Lombardia con sede a Brescia. Qui inizia un'intensa attività di studio che si traduce in vari articoli sull'ambiente alpino pubblicati da riviste specializzate: "Lo spopolamento montano nella Val Camonica" (1935); "Il larice sulle Alpi" (1931); "Per una coscienza forestale italiana" (1937); "Il Cadore e i suoi boschi" (1937); "L'autarchia nel settore dei prodotti legnosi" (1939); "La nostra produzione legnosa" (1941); "Vivai forestali" (1943); "Il problema resinifero in Italia" (1949); "Il problema montano" (1956).Nel 1931 è Console Comandante della III Legione della Milizia Forestale e dal 1936 al 1938 insegna selvicoltura generale e tecnologia forestale presso la facoltà di agraria dell'Università di Milano e quindi, fino al 1941 comanda l'Accademia militare forestale di Firenze. Nel 1941 è trasferito a Roma presso il Comando centrale della milizia come Capo di Stato Maggiore e nel 1942 è nominato Console generale per "meriti eccezionali". Nel 1943 lascia il servizio e viene collocato in posizione ausiliaria. Nel 1945 accetta, su incarico del Governo Militare britannico, di riordinare il Servizio Forestale dello Stato in Alto Adige. Nel 1951 un Decreto ministeriale gli conferisce la medaglia d'oro al merito silvano e diventa socio onorario della nuova Accademia Italiana di Scienze Forestali. Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Merano dove, il 17 luglio del 1965, muore improvvisamente nella sua casa, all'ombra di larici e abeti.
Note
[1] Giovanni ha un fratello di nome Oreste della stessa classe 1883. Un altro fratello, Olivo Sala (nato a Borca di Cadore l'1 aprile del 1870 e morto a Trieste il 30 maggio del 1930) nel 1915, col grado di maggiore, comanda il battaglione "Val Cordevole" e poi il "Fenestrelle"; come tenente colonnello è alla testa del 24° Fanteria quindi, promosso colonnello, è assegnato al 14° Gruppo Alpino. Dal 17 gennaio al 20 luglio del 1920 è al 7° Alpini. Nel 1929 gli viene conferito il grado di generale di Brigata.[2] Le Foreste del Goceano erano comprese nei territori di Bultei, Anela, Bono, Bottida, Esporlatu e Illorai, nel Sassarese. Nel 1914 Giovanni Sala dirigeva i lavori d'impianto di una faggeta ancor oggi esistente. Nel vivaio forestale "Fiorentini" sono ancora presenti alcuni esemplari di pino americano da lui introdotti in coltivazione sperimentale nel 1915.
[3] Il reparto di Lunelli è formato da 17 sciatori del Batt. Fenestrelle ai quali si aggiunge, volontario, Alberto Tonello di S. Stefano di Cadore.
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